La norma dell’art. 2-bis, co. 2, legge n. 2/2009 di conversione (con modificazioni) del d.l. 185/2008, secondo cui “gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione a favore della banca, dipende dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c., dell’art. 644 c.p. e degli artt. 2 e 3 legge n. 108/1996” non può essere considerata norma di interpretazione autentica dell’art. 644, co. 4 c.p., avente carattere retroattivo. L’interpretazione prescelta muove dalla constatazione che – al comma 2 – la normativa prevede espressamente una disciplina transitoria da emanarsi in sede amministrativa, in attesa della quale il modo di determinazione del tasso soglia “resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni”; aspetto, questo, subito ripreso al comma 3 – poi abrogato dal d.l. n. 1/2012 – per cui “i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro centocinquanta giorni dalla medesima data”. E procede lungo l’ulteriore constatazione – già espressa dall’orientamento più recente della Prima Sezione Civile (Cass. n. 12965/2016; Cass. n. 22270/2016) – che l’art. 2-bis “integra un vero e proprio mutamento innovativo della disciplina” della materia, che va riferito al co. 3 dell’art. 644 c.p., per cui “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”.
L’esclusione del carattere interpretativo, e quindi retroattivo, dell’art. 2-bis d.l. n. 185/2008 non è decisiva però per la soluzione della questione della computabilità della CMS agli effetti del superamento del tasso soglia dell’usura per il periodo anteriore all’entrata in vigore della citata disposizione. Per sé, la CMS, quale “corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto di conto … calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento” – secondo la definizione richiamata nelle Istruzioni della Vigilanza –, non può che rientrare tra le “commissioni” o “remunerazioni” del credito già menzionate dall’art. 644, co. 4 c.p. (ai fini della determinazione del tasso praticato in concreto) e dell’art. 2, co. 1 l. n. 108/1996 (ai fini della determinazione del tasso effettivo globale medio, c.d. TEGM), attesa la sua dichiarata natura corrispettiva rispetto alla prestazione creditizia della banca.
Posta così la CMS tra gli elementi rilevanti ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura secondo la disciplina vigente nel periodo anteriore la data di entrata in vigore della l. n. 185/2008, il discorso si sposta sulla questione dell’omogeneità tra gli elementi presi in considerazione nelle rilevazioni trimestrali, con appositi decreti ministeriali, del TEGM e, conseguentemente, del tasso soglia, e quelli da considerare per la determinazione del tasso in concreto applicato. L’esigenza di simmetria è avvertita dalla legge – che indica chiaramente come gli elementi rilevanti sia agli uni che agli altri effetti debbano essere i medesimi –, ma non è decisiva per escludere la CMS dalle voci di costo di determinazione del tasso praticato in concreto a motivo della mancata inclusione nel calcolo del TEGM, di cui alle rilevazioni trimestrali del ministero dell’economia, fino all’intervento normativo in interesse. Detta asimmetria rileva piuttosto ai fini della verifica di conformità dei decreti ministeriali, quali atti amministrativi, alla legge n. 108/1996 di cui costituiscono applicazione, in quanto la rilevazione sarebbe stata effettuata senza tener conto di tutti gli elementi che la legge impone(va) di considerare. Rispetto a questo panorama, il giudice ordinario, presto atto della illegittimità dei decreti, non potrebbe che disapplicarli ai sensi dell’art. 4, co. 2 dell’allegato E alla l. n. 2248/1865.
L’ipotesi di illegittimità dei decreti sotto tale profilo, tuttavia, non avrebbe fondamento, perché non è esatto affermare che la CMS non sia inclusa nei decreti ministeriali emanati prima dell’entrata in vigore dell’art. 2-bis d.l. n. 185/2008. A proposito di detti decreti è opportuno rilevare che la percentuale media del peso della CMS è stata indicata nelle rilevazioni trimestrali in calce alla tabella dei TEGM, seguendo le Istruzioni ratione temporis fornite dalla Banca d’Italia: “la commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG. Essa viene rilevata separatamente, espressa in termini percentuali … il calcolo della percentuale della commissione di massimo scoperto va effettuato, per ogni singola posizione, rapportando l’importo della commissione effettivamente percepita all’ammontare massimo scoperto sul quale è stata applicata”. La presenza di tale dato, sebbene indicato in via separata, nei decreti ministeriali è sufficiente per escludere, nella sostanza, la difformità degli stessi rispetto al dato positivo. Tant’è che consente la piena comparazione – tenendo conto di tutti gli elementi che la legge prevede, ivi compresa la CMS – tra i corrispettivi della prestazione creditizia praticati in concreto e il tasso soglia dell’usura. Che il dato sia indicato a parte è circostanza in sé ininfluente, di consistenza cedevole a fronte dei consolidati principi di conservazione degli atti giuridici.
Appurato, dunque, che nel sistema antiusura precedente all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 2-bis d.l. n. 185/2008, la CMS è rilevata separatamente secondo grandezze non omogenee rispetto al tasso degli interessi – in quanto calcolata sull’ammontare della sola somma corrispondente al massimo scoperto raggiunto nel periodo di riferimento e senza proporzione con la durata del suo utilizzo – la sua comparazione ai fini del vaglio di usurarietà va condotta a parte rispetto agli altri elementi. Ragionando in questa specifica prospettiva, va allora dato seguito alla modalità di comparazione indicata da Banca d’Italia, nel Bollettino n. 12 del dicembre 2005, che tiene conto dell’esigenza di non trascurare, nel confronto, l’incidenza della CMS. Secondo tali indicazioni, la verifica del rispetto della soglia dell’usura richiede “il confronto tra l’ammontare percentuale della CMS praticata e l’entità massima della CMS applicabile (c.d. <CMS soglia>), desunta aumentando del 50% l’entità della CMS media pubblicata nelle tabelle … Peraltro, l’applicazione di commissioni che superano l’entità della <CMS soglia> non determina, di per sé, l’usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate. A tal fine, per ciascun trimestre, l’importo della CMS percepita in eccesso va confrontato con l’ammontare degli interessi (ulteriori rispetto a quelli in concreto praticati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti (<margine>). Qualora l’eccedenza della commissione rispetto alla <CMS soglia> sia inferiore rispetto a tale <margine> è da ritenere che non si determini un supero delle soglie di legge”. In definitiva, la modalità indicata dalla Vigilanza appare rispettosa del dettato di legge, perché rispondente all’esigenza di realizzare una piena comparazione delle condizioni praticate in concreto con quelle previste quale soglia dell’usura, e di rilevare il superamento di tale soglia tutte le volte in cui la banca abbia effettivamente preteso dal cliente corrispettivi (“interessi”, ma anche commissioni) eccedenti la stessa.