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Attualità

Le SGR e le policy ESG

17 Febbraio 2021

Emanuele Guadalupi e Kateryna Fedorova, CBA

Di cosa si parla in questo articolo

Nell’ambito della transizione alla c.d. “green economy”, il presente articolo si occupa della compliance delle Società di Gestione del Risparmio (in riferimento ai prodotti dalle stesse gestiti) con specifico focus sugli obblighi di trasparenza relativi ai fattori di sostenibilità “ESG”, recentemente introdotti nel nostro ordinamento e che, evidentemente, in tema di “sostenibilità” coinvolgono anche i servizi finanziari.

Come noto, l’acronimo “ESG – Environmental, Social, Governance” indirizza i fondamenti di base dell’”investimento sostenibile”, ossia di quell’investimento – di medio/lungo periodo – che prenda in considerazione, oltre agli aspetti di natura finanziaria, anche quelli di natura ambientale, sociale e di governance, con l’obiettivo di creare valore per l’investitore e per il sistema sociale in generale.

Il Regolamento (UE) 2019/2088 (Sustainable Finance Disclosure Regulation – SFDR – “Regolamento”), mirando ad aumentare la leggibilità delle informazioni riguardo alla sostenibilità, ha imposto agli operatori finanziari – tra cui, appunto, le SGR – una serie di obblighi di trasparenza sui fattori della sostenibilità integrati in ciascun prodotto di investimento e la considerazione degli effetti negativi per la sostenibilità nei processi societari.

In tal senso, la Commissione Europea ha definito una sfidante tempistica per l’avvio delle previsioni del Regolamento: gli obblighi di trasparenza devono, infatti, essere adempiuti entro il 10 marzo p.v., con complessità operative dovute, in primis, all’assenza degli standard tecnici di regolamentazione alla base del Regolamento (che saranno forniti non prima del 1° gennaio 2022).

Al riguardo, il 4 febbraio u.s., la Commissione Europea ha ricevuto, da parte delle tre Autorità Europee di Vigilanza (EBA, EIOPA ed ESMA – ESA), il report finale (del 2 febbraio) con la bozza di Regulatory Technical Standards (RTS), che contiene – con riferimento all’informativa in materia di sostenibilità nel settore dei servizi finanziari – proposte concrete su contenuto, metodologie e presentazione delle informazioni ai sensi del Regolamento.

In assenza di norme UE armonizzate, sull’informativa “ESG” da fornire agli investitori, è possibile che si assista ad approcci eterogenei nei differenti settori dei servizi finanziari, con l’effetto di potenziali distorsioni della concorrenza derivanti, appunto, da differenze significative negli standard di informativa.

Inoltre, uno sviluppo parallelo di pratiche “market-based” (ossia basate su interessi commerciali) potrà provocare un’ulteriore frammentazione del mercato, rendendo molto difficile il confronto, in riferimento alle informazioni ESG, tra i diversi prodotti finanziari e generando confusione per gli investitori (potenzialmente anche “falsando” le loro decisioni in termini di investimento). Con buona certezza, gli operatori istituzionali stabiliranno l’obbligo di rivolgersi (anche) ai prodotti ESG e, in tal senso, l’uniformità e la trasparenza delle informazioni rappresenta un elemento sostanziale anche in termini commerciali.

L’obiettivo degli standard tecnici è, quindi, quello di incrementare, in modo armonico, la trasparenza della disclosure sulla sostenibilità e la comparabilità delle informazioni per gli investitori finali, cercando di migliorare l’informativa “ESG” relativamente ai principali impatti negativi (“principal adverse impacts”) delle strategie di investimento e con riguardo alle caratteristiche di sostenibilità di una varietà di prodotti finanziari. Ciò, di fatto, aiuterà a rispondere alle richieste degli investitori per prodotti sostenibili e a ridurre il rischio del c.d. greenwashing, ossia la tendenza ad attribuirsi presunti comportamenti sostenibili.

Nello specifico, la bozza degli standard tecnici fornita dalle ESA contiene due tipi di disclosure che i partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari devono fornire: informazioni a livello di impresa (“entity level”) e a livello di prodotto (“product level”).

Con riferimento alle “entity level”, occorre illustrare sul proprio sito web i principali impatti negativi che le decisioni di investimento hanno sui fattori di sostenibilità. L’informativa deve assumere la forma di una dichiarazione che descriva la politica di due diligence in relazione alle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità (con particolare riguardo agli indicatori climatici e ambientali, alle questioni sociali e dei dipendenti, al rispetto dei diritti umani e ai profili di anticorruzione). La segnalazione di tali aspetti, ai sensi del Regolamento, si basa sul principio di proporzionalità: per le aziende con meno di 500 dipendenti, la rendicontazione dei principali effetti negativi a livello di entità si applica su base “comply or explain”.

Per quanto riguarda l’informativa ESG a livello di prodotto, invece, occorre illustrare le caratteristiche o gli obiettivi di sostenibilità dei prodotti finanziari nella documentazione precontrattuale e periodica, nonché sul sito web dell’impresa e, in particolare, si tratta di pubblicare quanto segue:

  • informazioni precontrattuali che includano dettagli su come un prodotto con caratteristiche ambientali o sociali soddisfi tali caratteristiche e, se sia stato designato un benchmark di riferimento e se e come l’indice sia coerente con tali caratteristiche;
  • informazioni precontrattuali che mostrino, quando un prodotto abbia obiettivi di investimento sostenibile e a) se sia collegato a un benchmark di riferimento, come tale benchmark sia allineato con l’obiettivo di investimento sostenibile e una spiegazione del perché e del come tale indice differisca da un indice generale di mercato; o b) se non sia stato indicato un benchmark di riferimento, una spiegazione su come tali obiettivi debbano essere raggiunti;
  • informazioni da pubblicare sul sito web dell’impresa per descrivere le caratteristiche ambientali o sociali dei prodotti finanziari o l’investimento sostenibile e le metodologie utilizzate;
  • informazioni nelle relazioni periodiche che specifichino: a) la misura in cui i prodotti con caratteristiche ambientali e/o sociali soddisfino tali caratteristiche, e b) per i prodotti con obiettivi di investimento sostenibili, compresi i prodotti il cui obiettivo è una riduzione delle emissioni di carbonio, occorre specificare: (i) l’impatto complessivo del prodotto in termini di sostenibilità mediante indicatori pertinenti; (ii) nel caso in cui sia stato indicato un benchmark di riferimento, un confronto tra l’impatto complessivo del prodotto finanziario con l’indice e l’indice generale di mercato, mediante indicatori di sostenibilità;
  • dettagli di come gli investimenti sostenibili non danneggino in modo significativo gli obiettivi di investimento sostenibile.

Per concludere, alla data di riferimento del presente articolo, anche in forza di una verifica empirica circa l’aggiornamento da parte delle SGR delle informazioni da fornire sui propri siti web, si segnala che circa la metà delle SGR iscritte all’albo di Banca d’Italia siano attualmente compliant con gli obblighi di disclosure. Di tale metà, sicuramente c’è chi ha esaustivamente provveduto a dare disclosure di tali informazioni, mentre c’è chi vi ha provveduto in maniera apparentemente approssimativa. Ad ogni modo, è indubbio di come il Regolamento abbia finalmente introdotto nel nostro ordinamento i primi obblighi con impatto diretto sul mondo della gestione collettiva del risparmio al fine di uniformare il mercato dei prodotti sostenibili a livello europeo. Poiché il 10 marzo si avvicina, si può immaginare che i dipartimenti della compliance delle SGR si attivino in quest’ultimo mese al fine di adempiere a tali primi obblighi in relazione alla sostenibilità.

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