La Legge di Bilancio 2019 (L. n. 145/2018) ha stabilito che le modifiche apportate dalla precedente Legge di Bilancio 2018 (L. n. 205/2017) all’art. 20 del Testo Unico sull’Imposta di Registro (“TUR”) hanno efficacia retroattiva, limitando ex tunc l’attività riqualificatoria dell’Agenzia delle Entrate in merito alle operazioni di conferimento d’azienda e successiva cessione delle partecipazioni, nell’unicum negoziale della cessione d’azienda.
In particolare, l’art. 20 del TUR (nella versione vigente fino al 1° gennaio 2018) prevedeva che l’imposta di registro fosse applicata “secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
La suddetta norma è stata spesso utilizzata dall’Agenzia delle Entrate per assoggettare a tassazione con la più svantaggiosa aliquota proporzionale di registro (in luogo dell’imposta fissa di Euro 200) atti di conferimento d’azienda e successiva cessione di partecipazioni.
Secondo la tesi sostenuta dall’Amministrazione Finanziaria, tali operazioni societarie potevano essere congiuntamente e complessivamente riqualificate come cessioni di azienda, ai fini fiscali (e solo per l’imposta di registro[1]) sulla base di un presunto collegamento negoziale esistente tra più atti sottoposti a registrazione. A tal fine gli Uffici invocavano, all’occorrenza: l’elusione, l’abuso del diritto, la reale volontà delle parti e/o la regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dalle parti contraenti.
Tale attività riqualificatoria ha dato vita negli ultimi 15 anni ad una considerevole mole di contenzioso fiscale, con alterne vicende innanzi alle Corti di merito, ma spesso con esiti imprevisti e sfavorevoli ai Contribuenti in Cassazione.
Inizialmente, l’Amministrazione finanziaria, avallata dalla giurisprudenza di legittimità (ex multisCass. Civ., Ordinanza n. 5877/2014; conformi Cass. Civ. Sentenza n. 17965/2013; Cass. Civ. Sentenza n. 16345/2013), interpretava l’inciso normativo (ovvero il contenuto dell’art. 20 del TUR), valorizzandone la funzione antielusiva, con conseguente applicazione dell’imposta di registro sulla base della presunta causa reale del contratto, della volontà delle parti, del collegamento negoziale presuntivamente sussistente tra più atti sottoposti a registrazione, il tutto desunto da elementi extra-testuali ovvero dai presunti effetti finali ed economici raggiunti e perseguiti dalle parti contrattuali.
Negli anni più recenti si è consolidato in Cassazione un orientamento ancor più favorevole al potere riqualificatorio degli Uffici in materia, svincolato dal concetto di elusività. Secondo tale tesi, la norma avrebbe consentito all’Amministrazione Finanziaria di riqualificare uno o più atti collegati, avendo riguardo solo alla loro intrinseca portata oggettiva ed alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, senza alcuna valutazione circa l’esistenza o meno di valide ragioni giustificatrici dell’operazione medesima, che, ancorché sussistenti, non avrebbero limitato in alcun modo la legittimità della riqualificazione fiscale.
Dinanzi a tale ultima interpretazione giurisprudenziale, di fatto, i Contribuenti si sarebbero trovati senza nessuna (o quasi) possibilità di difesa.
Il legislatore è recentemente intervenuto sul testo della norma in esame, al fine di limitare tale attività riqualificatoria dell’Agenzia delle Entrate, la cui interpretazione aveva finito per snaturarne totalmente l’ambito di applicazione.
Nello specifico l’art. 1, comma 87, lett. a), della Legge di Bilancio 2018, in vigore dal 1° gennaio 2018, ha modificato il dettato dell’art. 20, del TUR:
- sostituendo l’inciso «atti presentati» con «atto presentato»;
- aggiungendo dopo la parola «apparente» il seguente inciso «, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extra-testuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi».
In ragione di tali modifiche, l’individuazione della natura intrinseca e degli effetti giuridici dell’atto, dovrebbe basarsi esclusivamente su elementi desumibili dal singolo atto presentato per la registrazione, prescindendo sia da elementi extra-testuali, sia da ulteriori e differenti atti, ancorché ad esso collegati.
Il medesimo legislatore è altresì intervenuto sull’art. 53 bis del TUR facendo salva l’applicabilità della disciplina dell’abuso di diritto all’imposta di registro, mediante rinvio all’art. 10 bis dello Statuto del Contribuente /legge 212/2000), nel rispetto anche delle garanzie procedimentali previste da tale articolo.
Tuttavia, nel corso del 2018, la Corte di Cassazione si è espressa sulla efficacia temporale delle modifiche apportate dal legislatore all’art. 20 del TUR, pronunciandosi in favore della irretroattività delle stesse (cfr. Cass. Civ. Sentenza n. 2007/2018; conforme Cass. Civ., Sentenza n. 4589/2018), con la conseguenza che i limiti all’attività riqualificatoria dell’Agenzia delle Entrate avrebbero potuto applicarsi soltanto dalla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio 2018 (i.e. 1 gennaio 2018).
Tale interpretazione avrebbe avuto un impatto evidentemente negativo per tutti i contenziosi già pendenti, alla data di entrata in vigore della novella legislativa, ai quali non si sarebbero potute applicare le disposizioni favorevoli del testo modificato.
La Legge di Bilancio 2019 (art. 1, comma 1084) è, quindi, intervenuta stabilendo che le modifiche in esame costituiscono interpretazione autentica dell’art. 20 del TUR e, pertanto, hanno efficacia retroattiva, con impatto potenzialmente favorevole ai contribuenti, su tutti i giudizi attualmente pendenti, in qualsiasi stato e grado.
Al momento si attendono, comunque, chiarimenti da parte della Direzione Centrale dell’Amministrazione Finanziaria, soprattutto sulla gestione pratica dei numerosi contenziosi pendenti.
[1] Ai fini delle imposte dirette le operazioni di conferimento d’azienda e successiva cessione, anche totalitaria, delle partecipazioni, per espressa previsione normativa non sono considerate elusive.