Con la Sentenza in commento, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che la rivalutazione delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati, può interessare anche solo una parte delle azioni o quote detenute. Ne deriva che, nel caso in cui il contribuente abbia originariamente provveduto ad effettuare una rivalutazione integrale della propria partecipazione versando l’imposta sostitutiva dovuta e successivamente, sulla base delle numerose leggi di rivalutazione succedutesi nel tempo, abbia provveduto, anche sulla base di una disposizione più favorevole, ad una nuova rivalutazione della stessa ancorchè in misura parziale, sulla maggiore imposta sostitutiva versata e relativa alla prima rivalutazione può richiedere il rimborso.
Quanto sopra, sintetizza le conclusioni a cui sono giunti i giudici di legittimità con la pronuncia in oggetto che vedeva il contribuente opposto all’Agenzia delle Entrate che aveva ritenuto illegittima l’istanza di rimborso in cui il primo aveva chiesto il rimborso dell’imposta sostitutiva versata sulla rivalutazione, prevista dall’art. 5 della Legge 28 Dicembre 2001 n. 448, della partecipazione azionaria detenuta in una società per azioni sfruttando.
In particolare, lo stesso contribuente, successivamente alla suddetta rivalutazione, sfruttando la facoltà di disporre di una nuova valutazione in base all’art. 1 comma 91 della Legge 24 dicembre 2007 n. 244 aveva provveduto in tal senso, ma non sull’intero valore della partecipazione detenuta bensì, come previsto, su un valore inferiore, corrispondendo l’imposta sostitutiva dovuta per legge su tale ultimo valore.
A tale riguardo, l’Agenzia delle Entrate contestava la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale e favorevole al Contribuente, affermando che l’imposta sostitutiva doveva essere versata sull’intero valore della partecipazione risultante da perizia, rendendo dunque non fondata l’istanza di rimborso presentata con riferimento alla prima rivalutazione e al maggior versamento della sostitutiva.
Sul punto, i giudici non fanno altro che rilevare la contraddittorietà delle argomentazioni prodotte dall’Amministrazione finanziaria, evidenziando come, con le Circolari n. 12/E e 81/E del 2002 emanate, la stessa Agenzia abbia interpretato le disposizioni in tema di rivalutazione, nel senso di permettere al contribuente di procedere alla rideterminazione anche solo parziale del valore della partecipazione.
In questo senso, non può rilevare, come chiarito dalla Sentenza, la circostanza che la perizia giurata, necessaria ai fini della rideterminazione dei valori debba necessariamente avere riguardo alla “valorizzazione dell’intero patrimonio sociale“ considerato che quest’ultimo costituisce unicamente un parametro per tale valorizzazione, non precludendo al contribuente di sfruttare una nuova valutazione solo per una parte delle azioni o quote possedute.
Ne deriva la legittimità della richiesta di rimborso operata dal contribuente, in base a quanto già chiarito in Giurisprudenza dalla Cassazione 24057 del 12 novembre 2014 nella quale è stato evidenziato che il contribuente, dopo aver effettuato una prima rivalutazione del bene (nella specie, partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati), con conseguente versamento dell’imposta, può chiedere, a seguito del sopraggiungere di una disciplina fiscale più favorevole, una nuova determinazione del valore qualora il bene sia ancora in suo possesso.