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Attualità

L’esclusione da ritenuta degli “altri redditi di capitale” per i fondi pensione

8 Giugno 2022

Christian Cisternino, Partner, Cisternino Desiderio & Partners

Di cosa si parla in questo articolo

Il contributo analizza il tema della fiscalità dei fondi pensione con riguardo all’applicabilità o meno, nella determinazione dell’imposta sui redditi cui è soggetto il fondo pensione ex art. 17 Dlgs n. 252/2005, della ritenuta sugli “altri” redditi di capitale corrisposti al fondo ex art. 26 DPR 600/1973.


Premessa

Il regime fiscale dei fondi pensione presenta ancora tematiche non del tutto chiare, nonostante il considerevole lasso di tempo trascorso dalla sua riforma, introdotta con il Dlgs 5 febbraio 2005, n. 252 (di seguito, per brevità: “Dlgs n. 252/2005”).

Nella specie, la tematica di cui si intende sintetizzare alcune riflessioni attiene al regime delle ritenute applicabili in relazione a flussi reddituali corrisposti a fondi pensione e qualificabili come “altri” redditi di capitale ai sensi dell’art. 26, comma 5, DPR 29 settembre 1973, n. 600 (di seguito, per brevità: “DPR n. 600/73”).

Si tratta del caso in cui un fondo pensione sia remunerato per aver messo a disposizione un capitale in operazioni diverse da quelle disciplinate da specifiche disposizioni, come avviene, ad esempio, per una operazione di finanziamento (magari nell’ambito di un investimento in un organismo di investimento collettivo del risparmio).

La questione può assumere rilievo in termini di onere fiscale di un certo investimento, considerato che la ritenuta di cui all’art. 26, comma 5, è superiore all’imposta sostitutiva generalmente prevista per i fondi pensione.

Al riguardo, nell’economia delle presenti riflessioni, dopo alcune brevi considerazioni con riferimento ai proventi da considerare coperti dall’art. 26, comma 5, citato, si cercherà di capire come sia corretto coordinare, in via interpretativa, questa disposizione con la disciplina specifica sul regime fiscale dei fondi pensione.

Gli altri redditi di capitale

Con riferimento alla portata dell’art. 26, comma 5, DPR n. 600/73 – disposizione residuale rispetto alle ipotesi specificamente previste dai commi precedenti della stessa norma – in dottrina è stato evidenziato che il legislatore delegato ha “utilizzato l’espressione <<altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale>>, per significare che il reddito di capitale si caratterizza come tipica fattispecie di reddito prodotto […] da un atto di impiego in senso lato del capitale (cfr. Corasaniti, Diritto tributario delle attività finanziarie, 2012, p. 44; enfasi aggiunta).

Ciò detto, si tratta di verificare cosa si deve intendere per “rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale”.

Al riguardo, utili elementi interpretativi possono rinvenirsi in alcuni chiarimenti forniti dall’Amministrazione Finanziaria, in base ai quali:

  1. “[c]ostituiscono […] redditi di capitale soltanto quei redditi derivanti da rapporti che trovano fonte in atti che abbiano come funzione obiettiva quella di impiego del capitale”;
  2. “per la configurabilità di un reddito di capitale è sufficiente l’esistenza di un qualunque rapporto attraverso il quale venga posto in essere un impiego di capitale e quindi anche rapporti che non siano a prestazioni corrispettive ovvero nei quali il nesso di corrispettività non intercorra tra la concessione in godimento del capitale ed il reddito conseguito. Conseguentemente, possono essere attratti ad imposizione sulla base di tale disposizione non soltanto quei proventi che sono giuridicamente qualificabili come frutti civili ai sensi dell’art. 820 del codice civile e cioè quei proventi che si conseguono come corrispettivo del godimento che altri abbia di un capitale, ma anche tutti quei proventi che trovano fonte in un rapporto che, pur se non riconducibile tra quelli precedentemente menzionati, presenti come funzione obiettiva quella di consentire un impiego del capitale ( Circolare n. 165 del 24 giugno 1998, par. 1.1.13; enfasi aggiunta).

Nello stesso senso, in dottrina è stato evidenziato che “sulla base della nuova formulazione, sono qualificabili come redditi di capitale non soltanto i frutti civili e cioè quei proventi che si conseguono come corrispettivo del godimento che altri abbia del capitale ma, più in generale, tutti i proventi che vengono corrisposti a fronte della concessione della disponibilità temporanea di un capitale: è sufficiente, infatti, l’esistenza di un qualunque contratto attraverso cui si mettano a frutto i capitali di cui si disponga e quindi anche contratti che non siano a prestazioni corrispettive ovvero nei quali la corrispettività non sussista fra concessione in godimento del capitale e reddito conseguito” (cfr. Ferranti, Redditi di natura finanziaria, I ed., p. 134; enfasi aggiunta).

Inoltre, è stato chiarito che l’atto di impiego, “in senso lato”, del capitale genera redditi di capitale “senza che sia necessario accertare l’ulteriore circostanza che la concessione del capitale avvenga o meno ai fini del godimento del capitale stesso” (cfr. Corasaniti, Diritto tributario delle attività finanziarie, 2012, p. 44).

Ciò detto con riferimento all’ambito applicativo dell’art. 26, comma 5, si tratta di verificare se il riconoscimento ad un fondo pensione di un flusso reddituale con le summenzionate caratteristiche sia o meno soggetto alla ritenuta alla fonte qui in questione.

Il regime delle ritenute per i fondi pensione

Ai sensi dell’art. 17, comma 1, del Dlgs n. 252/2005 “I fondi pensione sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 20 per cento, che si applica sul risultato netto maturato in ciascun periodo d’imposta”.

Posto che i criteri di determinazione del risultato netto maturato variano a seconda della tipologia della forma pensionistica, ai fini che qui maggiormente interessano, il comma 3 dell’art. 17, citato, prevede che “le ritenute operate sui redditi di capitale percepiti dai fondi di cui al comma 2 sono a titolo d’imposta. Non si applicano le ritenute previste dal comma 2 dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sugli interessi e altri proventi dei conti correnti bancari e postali, le ritenute del […] previste dagli articoli 26, comma 3-bis, e 26-quinquies del predetto decreto n. 600 del 1973 e dai commi 1, 2 e 5 dell’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77”.

In altri termini, per i fondi pensione l’art. 17 esclude l’applicazione delle ritenute previste:

  1. dall’ 26, comma 2, del dPR. 600 del 1973, sugli interessi e gli altri proventi dei conti correnti bancari;
  2. dal comma 3-bis dell’ 26, citato, sui proventi delle operazioni di riporto, pronti contro termine e di mutuo di titoli garantito di cui all’art. 44, comma 1, lettere g-bis) e g-ter), del TUIR;
  3. dall’ 26-quinquies del DPR n. 600/73 sui redditi derivanti dalla partecipazione a OICR (italiani e lussemburghesi storici);
  4. dai commi 1, 2 e 5 dell’ 10-ter della legge n. 77 del 1983 su proventi derivanti dalla partecipazione agli organismi di investimento collettivo del risparmio di diritto estero.

In sostanza, tra le ritenute espressamente disapplicate non viene citata quella sugli altri redditi di capitale di cui all’art. 26, comma 5, DPR n. 600/73 e si deve pertanto verificare se questo comporti o meno l’applicabilità della ritenuta in questione ai fondi pensione.

Sul punto – in assenza di dirimenti chiarimenti ufficiali – in via interpretativa si ritiene utile considerare che:

  1. i fondi pensione qui in questione scontano un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi sul risultato netto maturato in ciascun periodo d’imposta;
  2. i proventi dei fondi pensioni non rientrano nelle categorie reddituali di cui all’art. 6 TUIR (tra cui i “redditi di capitale”);
  3. l’ 26, comma 5, DPR n. 600/73 si applica a proventi (i) qualificabili come “redditi di capitale” e (ii) che siano diversi da quelli per i quali sia prevista l’applicazione di “imposte sostitutive delle imposte sui redditi”.

In questo contesto, a stretto rigore i proventi in questione non sembrano affatto soddisfare le predette condizioni citate nella precedente lett. C) per l’applicazione dell’art. 26, comma 5; infatti, un provento di natura finanziaria riconosciuto ad un fondo pensione (i) non dovrebbe rappresentare propriamente un “reddito di capitale” (concorrendo in modo indistinto al risultato netto di gestione del fondo pensione) e, soprattutto, (ii) rientrando nel risultato netto del fondo, è soggetto all’imposta sostitutiva di cui all’art. 17 del DLgs n. 252/2005.

In altri termini, l’ambito applicativo dell’art. 26, comma 5, citato appare già circoscritto in modo che tale ritenuta non trovi applicazione in relazione a proventi che scontano un’altra imposta sostitutiva; e questo, pur in assenza di una chiara disposizione normativa, giustificherebbe l’assenza dell’art. 26, comma 5, tra i regimi di ritenuta disapplicati espressamente per i fondi pensione dall’art. 17, comma 3, del DLgs n. 252/2005.

Al riguardo, alcune conferme interpretative possono essere rinvenute in una risposta ad una istanza di interpello presentata da un fondo pensione con riferimento all’applicabilità o meno della ritenuta alla fonte di cui all’art. 26-ter del DPR n. 600/73 su proventi derivanti da contratti di capitalizzazione (cfr. Ris. 24 settembre 2003, n. 185/E).

Il quesito posto all’Agenzia si riferiva al regime fiscale previgente dei fondi pensione (di cui all’art. 14 del dLgs 124/93) ma i relativi chiarimenti si ritengono ancora validi in considerazione della circostanza che, come osservato in dottrina, il nuovo regime “non ha apportato modifiche sostanziali, almeno con riferimento ai profili tributari” (cfr. Corasaniti, Diritto tributario delle attività finanziarie, p. 644, che nella nota 25 cita espressamente la Ris. 185/2003).

In questa occasione, l’Agenzia ha chiarito che:

  1. il regime dell’imposta sostitutiva sul risultato netto di gestione “ha richiesto un coordinamento con le disposizioni che riguardano la tassazione dei singoli proventi che affluiscono al fondo”;
  2. [u]n’imposizione sostitutiva […] sul rendimento complessivo del patrimonio appare, infatti, logicamente incompatibile con la tassazione dei singoli componenti che concorrono alla formazione di tale rendimento”;
  3. “i]l coordinamento è avvenuto seguendo la stessa tecnica legislativa adottata dal decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 a proposito dei fondi comuni d’investimento mobiliare di diritto italiano e cioè rendendo non più applicabili le ritenute e le imposte sostitutive dovute sui redditi di capitale [….] in tutti i casi in cui il sostituto d’imposta o l’intermediario si trovano nella condizione di identificare il fondo pensione-percipiente e, quindi, prevedendo la disapplicazione del prelievo alla fonte”;
  4. [l]e ritenute sui redditi di capitale trovano invece applicazione […] nel caso in cui il sostituto d’imposta, in ragione della tipologia dei proventi corrisposti, non è in grado di identificare il fondo pensione quale percettore del reddito e disapplicare la ritenuta. Ciò avviene, ad esempio, per gli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e dei titoli similari (es. le cambiali finanziarie) emesse da società con azioni non negoziate in mercati regolamentati italiani, assoggettati a ritenuta alla fonte da parte dell’emittente ai sensi dell’articolo 26, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, senza tener conto né delle caratteristiche soggettive del percipiente”;
  5. per la stessa ragione in relazione ai fondi pensione non trovano applicazione le imposte sostitutive sui redditi diversi di natura finanziaria essendo “assoggettati ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi […] sul risultato della gestione composto anche da redditi diversi”;
  6. “[c]on la risoluzione n. 15/E del 15 febbraio 2000 è stato […] affermato un importante principio generale in base al quale se una norma non prevede espressamente l’imponibilità di un singolo provento percepito da un fondo pensione (attraverso una ritenuta o un’imposta sostitutiva), tutti gli incrementi di ricchezza del fondo sono tassati esclusivamente attraverso la specifica imposta sostitutiva del fondo e non sono attratti ad altra autonoma forma di imposizione diretta” (enfasi aggiunta).

In sostanza, l’Agenzia in quell’occasione ha fondato il proprio ragionamento, tra l’altro, sul (convincente) parallelismo tra il regime dei fondi pensione e quello riservato ai fondi comuni di investimento mobiliare quando questi ultimi non erano considerati soggetti IRES (prima della modifica all’art. 73, comma 1, lett. c) TUIR operata dall’art. 96, comma 1, lett. a) del DL 24 gennaio 2012, n. 1) ed erano soggetti ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.

Su queste basi, l’Agenzia ha escluso l’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 26-ter nel caso in cui il soggetto contraente sia un fondo pensione essendo tenuto a versare un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi sul rendimento della gestione maturato in ciascun anno.

Ciò in ragione dell’“assenza di una norma che disponga espressamente in merito all’applicazione del prelievo in capo ai fondi in esame”, nonostante l’art. 26-ter (i) non escluda dal suo ambito applicativo i proventi per i quali è prevista altra imposta sostitutiva (come, invece, fa l’art. 26, comma 5) e (ii) non sia tra quelli espressamente esclusi dalla normativa sul regime fiscale dei fondi pensione.

In questo senso, si ritiene debbano essere intesi anche i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate in base ai quali “i fondi pensione non subiscono la tassazione sui redditi di capitale percepiti, ad eccezione delle ipotesi in cui specifiche norme dispongano diversamente prevedendo l’applicazione del prelievo alla fonte” (cfr. Circ. 13 febbraio 2015, n. 2/E).

Ciò detto, ancorché sia auspicabile un chiarimento da parte dell’Agenzia, si ritiene che la posizione assunta in relazione all’inapplicabilità della ritenuta ex art. art. 26-ter per i fondi pensione debba essere considerata estensibile anche alla ritenuta disciplinata dall’art. 26, comma 5, per gli altri redditi di capitale.

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