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Leva fiscale a sostegno degli investimenti italiani SRI. Spunti di riflessione.

22 Ottobre 2019

Luca Rossi e Sara Maimone, Facchini Rossi Michelutti Studio Legale Tributario

1. Premessa

Per “Sustainable Responible Investment (SRI)” si intende “una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo, al fine di creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso”[1]. Tale metodo si sostanzia nel superamento della visione tradizionale del sistema economico, in favore di un modello economico-produttivo caratterizzato dal perseguimento dei fattori ESG (Environmental, Social e Governace), al fine di realizzare la trasformazione globale delineata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nell’Agenza 2030[2].

Come noto, l’attuazione dell’Agenda 2030 presuppone un coordinato coinvolgimento di tutti gli attori del sistema economico, dalle imprese al settore pubblico, passando per la società civile ed i centri di ricerca. Data la rilevanza degli Obiettivi internazionali prefissati, nel 2018 la Commissione Europea ha emanato un Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, il quale, tra l’altro, riconosce e attribuisce una grande importanza all’attività di orientamento dei flussi di capitali verso un’economia più sostenibile[3]. A tale riguardo, sulla base della futura tassonomia europea[4], si ritiene che l’elaborazione di una puntuale disciplina fiscale agevolativa – ad oggi, mancante – renderebbe certamente più appetibile la veicolazione del capitale verso progetti ed investimenti ESG. Più in particolare, l’emissione di taluni strumenti finanziari potrebbe assumere un ruolo sempre più determinante nel delineare un sistema economico ESG compliant, poiché l’integrazione dei criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance nelle politiche d’investimento consente di prevenire una serie di rischi difficilmente individuabili con la sola analisi economico-finanziaria.

2. Spunti di natura fiscale per un’economia ESG compliant

Nel corso degli anni, le istituzioni italiane hanno intrapreso talune iniziative volte a favorire il coordinamento delle politiche economiche, sociali e ambientali[5]. Tuttavia, sebbene siano sempre più gli operatori italiani che hanno deciso di attribuire un peso maggiore ai fattori ESG tra i criteri di gestione dei propri investimenti, è necessario evidenziare che l’assenza di un compiuto piano di azione delle politiche di investimento a livello nazionale non ha favorito – nei fatti – l’elaborazione da parte del Legislatore fiscale di un’organica disciplina agevolativa volta a facilitare la raccolta di liquidità in favore degli investimenti SRI.

Tralasciando in questa sede l’analisi di alcune previsioni riservate al finanziamento di specifici settori[6], meritano di essere di seguito approfondite talune disposizioni di portata generale, che possono costituire il primo passo dell’Italia verso una politica orientata in favore dei modelli produttivi maggiormente sostenibili, tra cui: i green bond e i social bond, i fondi di investimenti europei a lungo termine e le Start-up/PMI innovative. A tal riguardo, nell’intento di premiare le scelte di investimento nell’economia reale da parte di imprese e Stati che adottano strategie virtuose, si avanzano – in un’ottica de iure condendo e nel solco degli strumenti di raccolta del risparmio già delineati dal Legislatore italiano nei loro profili essenziali – taluni suggerimenti di natura fiscale forse utili al raggiungimento del condiviso obiettivo internazionale.

Tuttavia, prima di procedere nell’esposizione è fondamentale precisare che, in linea generale, le proposte di seguito descritte devono necessariamente essere analizzate e valutate nell’osservanza del principio di compatibilità con la disciplina prevista per gli Aiuti di Stato e, in particolare, dovranno essere condivise con la Commissione Europea secondo la procedura di cui all’art. 108, par. 3, TFUE.

Green Bond e Social Bond

Come noto, nel corso degli ultimi anni si è assistito ad una significativa diffusione nel mercato del credito e della finanza di taluni strumenti finanziari di natura obbligazionaria, la cui emissione è volta al finanziamento di progetti caratterizzati da un forte impatto ambientale (cd. Green Bond), ovvero sociale (cd. Social Bond). Attualmente, in assenza di un regime normativo ad hoc, le Linee guida (procedurali e non vincolanti) elaborate dall’International Capital Market Association (ICMA) contengono la descrizione dei quattro componenti caratterizzanti tali strumenti finanziari[7].

Nonostante la lodevole finalità da cui origina l’emissione di tali strumenti obbligazionari, dal punto di vista fiscale non è previsto alcun regime di favore, né in capo al sottoscrittore, né in capo all’emittente. Conseguentemente, sulla base della natura del soggetto emittente trovano applicazione le ordinarie disposizioni previste per i titoli obbligazioni italiani, ossia la disciplina di cui al D.Lgs. n. 239/1996[8] ovvero della ritenuta alla fonte di cui all’art. 26, comma 1, D.P.R. n. 600/1973[9], nonché le ordinarie regole codificate dall’art 96, T.U.I.R.

Pertanto, al fine di incrementare ulteriormente la diffusione di strumenti finanziari allineati ai criteri ESG sarebbe opportuno introdurre incentivi di natura fiscale sia in capo al sottoscrittore sia in capo alla società emittente. Più in particolare, per facilitare la raccolta (in tal caso, in via diretta) di capitali, si potrebbe ipotizzare di:

  • applicare in capo al sottoscrittore dei titoli il regime riservato ai titoli di Stato italiani ed assimilati[10]; ossia:
    – per l’investitore retail l’aliquota pari al 12,50%, sia sugli interessi incassati che sui capital gains realizzati;
    – l’esclusione dalla formazione dell’attivo ereditario di detti titoli ai fini dell’imposta di successione dell’investitore persona fisica;
    – l’estensione del regime di esenzione previsto dalla disciplina di cui al D.Lgs. n. 239/1996, in caso di investitori residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni; e ciò al fine di raccogliere finanza dai mercati internazionali;
  • valutare, compatibilmente con le previsioni previste dalle disposizioni ATAD, la possibilità di escludere dai limiti di deducibilità degli interessi passivi ex art. 96, comma 8 T.U.I.R. (eventualmente estendendo la normativa riservata ai progetti infrastrutturali pubblici a lungo termine) anche gli interessi passivi e gli oneri finanziari relativi a risorse utilizzate per finanziare progetti allineati ai criteri e alle finalità ESG[11].

Fondi di investimenti europei a lungo termine

In linea con l’obiettivo di crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva come delineato dall’Unione europea, il Legislatore italiano ha introdotto nell’ordinamento nazionale una nuova tipologia di OICR chiuso che mira a convogliare capitali verso investimenti europei a lungo termine nell’economia reale, noti come ELTIF[12]. Nonostante tale strumento di raccolta non sia stato elaborato per favorire specificatamente gli investimenti ESG, la disciplina fiscale di vantaggio riservata agli investitori ELTIF (similmente a quanto previsto per i PIR[13]) suscita particolare interesse, in quanto offre un modello validamente replicabile per incentivare la diffusione degli investimenti ESG.

Per quanto di interesse in questa sede, si evidenzia che gli investimenti effettuati (in via sperimentale) nel 2020 da un investitore persona fisica residente beneficeranno – al ricorrere di determinati requisiti – di uno speciale regime fiscale; in quanto:

  • per i redditi di capitale e i redditi diversi derivanti dagli investimenti effettuati – direttamente o indirettamente – in ELTIF è previsto un regime di non imponibilità;
  • le azioni o quote detenute – direttamente o indirettamente – in ELTIF non sono soggette all’imposta sulle successioni in caso di trasferimento mortis causa[14].

Visto il regime di estremo favore ad oggi riservato agli investimenti in ELFIT, il Legislatore dovrebbe valutare la possibilità di ampliare l’ambito applicativo della predetta disciplina agevolata a tutti gli investimenti in OICR che veicolano la propria “asset allocation”in favore degli investimenti ESG.

In aggiunta, sarebbe opportuno favorire ulteriormente la raccolta (indiretta) di capitali prevedendo, da un lato, la reintroduzione delle disposizioni ACE nell’ipotesi di raccolta di equity[15], dall’altro lato, la possibilità (già prospettata) di escludere dai limiti di deducibilità degli interessi passivi anche gli interessi passivi e gli oneri finanziari relativi a risorse utilizzate per finanziare progetti allineati ai criteri e alle finalità ESG nell’ipotesi di raccolta di capitali tramite forme di debito (ferma restando la necessità di valutare la compatibilità di tale proposta normativa con le già menzionate disposizioni ATAD).

Start-up e PMI innovative

Nell’alveo delle variegate misure di sostegno dettate dal Legislatore con l’obiettivo di stimolare la nascita e lo sviluppo di nuove imprese innovative ad alto contenuto tecnologico (c.d. Start-up innovative), nonché operanti in taluni specifici settori di utilità sociale (c.d. Start-up innovative a vocazione sociale) assume pregevole rilievo la possibilità di detrarre (per i soggetti IRPEF) ovvero dedurre (i soggetti IRES) il 30% delle somme investite nell’anno 2018 – direttamente o indirettamente – nel capitale sociale di tali imprese, entro i limiti di investimento massimo previsti. Successivamente, in coerenza con quanto stabilito a livello europeo, gran parte delle agevolazioni originariamente riservate alle predette imprese sono state estese anche in favore delle c.d. PMI innovative[16].

Con specifico riferimento al quadro normativo citato, il Legislatore ha ritenuto che lo svolgimento di tali attività dovesse essere supportato (anche) attraverso l’introduzione di una serie di misure agevolative di natura fiscale. Pertanto, sempre nell’ottica di facilitare la raccolta di capitali in favore di modelli economici ben identificati nei propri caratteri essenziali dalle Autorità nazionali competenti, pare che la medesima necessità emerga nell’ambito degli investimenti SRI. In altri termini, l’ipotesi di concedere l’accesso al medesimo regime di vantaggio anche ai soggetti che decidano di effettuare investimenti in favore di qualunque società che si conformi ai criteri e alle finalità ESG rappresenterebbe una via validamente percorribile per incentivare la diffusione e il finanziamento di progetti qualificati come ESG compliant.

Tutto ciò detto, dopo aver formulato semplici spunti di riflessione in ottica de iure condendo  in materia fiscale – senza pretesa di esaustività – che potrebbero incrementare la diffusione di taluni strumenti finanziari sostenibili, si auspica che il Legislatore metta in atto le linee programmatiche elaborate nei documenti di finanza pubblica contenenti le politiche economiche e finanziarie del Paese; infatti, è bene rilevare che il Ministero dell’Economia e delle Finanze pare abbia preso formalmente atto della necessità di prevedere un impianto fiscale agevolato volto ad incoraggiare lo sviluppo di investimenti SRI e desideri perseguire nella piena attuazione di un piano d’azione orientato alla diffusione di strumenti di finanza sostenibili[17].

 


[1] Definizione elaborata dal Gruppo di lavoro Forum per la Finanza Sostenibile.

[2] Il 25 settembre 2015 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile ed ha approvato i 17 Obiettivi (di natura globale e universalmente applicabili) da incorporare nei processi, nelle politiche e nelle strategie di pianificazioni nazionale.

[3] Cfr. la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regione dell’8 marzo 2018 relativo al Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile.

[4] La Commissione Europea ha nominato il Technical Expert Group on Sustainable Finance (TEG), un gruppo di esperti riuniti per supportare la stessa nell’elaborazione delle linee guida sulla finanza sostenibile in Europa.

[5] Per un puntuale aggiornamento sull’andamento dell’Italia nel raggiungimento dei 17 Obiettivi, cfr. Rapporto ASvis 2019 (https://asvis.it/home/46-4637/rapporto-asvis-2019-uniamo-i-puntini-in-un-grande-disegno-di-sostenibilita#).

[6] In tal senso, cfr. l’articolo 185, D.lgs. n. 50/2016 (c.d. Project Bond, obbligazioni e titoli di debito volte a finanziare specifici servizi di pubblica utilità) e l’articolo 77, D.lgs. 117/2017 (c.d. Titoli di solidarietà, strumenti finanziari emessi da istituti di credito per favorire attività di interesse generale svolte da enti del Terzo settore).

[7] Sul punto, cfr. https://www.icmagroup.org/green-social-and-sustainability-bonds/green-bond-principles-gbp/ e https://www.icmagroup.org/green-social-and-sustainability-bonds/social-bond-principles-sbp/.

[8] Come è noto, rientrano, in linea generale, nell’ambito di applicazione della disciplina di cui al D.Lgs. n. 239/1996:

  • le emissioni effettuate da banche, da società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri UE e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo inclusi nella White list e da enti pubblici economici trasformati in società per azioni;
  • le obbligazioni e titoli similari negoziati nei mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione di Stati membri dell’Unione europea e Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo (SEE) inclusi nella White list, emessi da società diverse dalle banche e dalle società con azioni quotate nei predetti mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione;
  • titoli di cui al punto precedente non negoziati ma detenuti esclusivamente da uno o più investitori qualificati ai sensi dell’art. 100 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.

L’imposta sostitutiva, di regola, pari al 26% si applica unicamente ai soggetti residenti c.d. «nettisti»; non trova, invece, applicazione nei confronti dei soggetti c.d. «lordisti» e nei confronti dei soggetti residenti in Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni, da investitori istituzionali esteri costituiti nei medesimi Paesi, da enti ed organismi internazionali e da banche centrali. Tuttavia, per le obbligazioni e altri titoli del debito pubblico di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 601/1973 ed equiparati e per le obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella White list e da enti territoriali dei suddetti Stati si applica l’aliquota ridotta pari al 12,50%.

[9] Tale disciplina ha ad oggetto i titoli, diversi da quelli assoggettati all’imposta sostitutiva di cui al D.Lgs. n. 239/1996, emessi in Italia e all’estero da enti residenti. Tale ritenuta pari al 26% è applicata:

  • a titolo d’acconto nei confronti degli enti/soggetti commerciali;
  • a titolo d’imposta in tutti gli altri casi.

[10] Con riferimento ai titoli assimilati: cfr. art. 12, comma 13-bis, D.Lgs. n. 461/1997, Circolare n. 11/E del 28 marzo 2012, par. 2.1 e Circolare n. 19/E del 27 giugno 2014, par. 2.

[11] Il Decreto ATAD attua la Legge 25 ottobre 2017, n. 163 (Legge di delegazione europea), in recepimento della Direttiva UE 2016/1164 del Consiglio del 12 luglio 2016 recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (c.d. Direttiva ATAD 1), come modificata dalla Direttiva UE 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 relativamente ai disallineamenti da ibridi con i Paesi terzi (c.d. Direttiva ATAD 2).

[12] In adeguamento alle disposizioni contenute nel Regolamento (UE) n. 2015/760, il D. Lgs. 15 dicembre 2017, n. 233 ha previsto l’inserimento della lettera m-octies.1) nell’art. 1, comma 1, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Più in particolare, tali fondi chiusi possono anche essere utilizzati per effettuare investimenti in «attività reali», ossia «attività che hanno un valore, date la loro natura e le loro caratteristiche, e che possono offrire rendimenti, comprese le infrastrutture e altre attività che danno luogo a un beneficio economico o sociale, come l’istruzione, la consulenza, la ricerca e lo sviluppo, e compresi gli immobili commerciali o residenziali, solo se sono elementi integranti o accessori di un progetto d’investimento a lungo termine che contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo perseguito dall’Unione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva».

[13] Come noto, il regime fiscale agevolato in favore dei piani di risparmio a lungo termine è stato introdotto dall’art. 1, commi 100 -114 della Legge di bilancio 2017, come successivamente modificato.

[14] Tale regime fiscale è stato introdotto dall’art. 36-bis, D.L. 30 aprile 2019, n. 34. Tuttavia, si ricorda che, l’efficacia di tale disposizione è subordinata all’ottenimento dell’autorizzazione da parte della Commissione europea in materia di aiuti di Stato e all’emanazione di apposito decreto attuativo da parte del Ministero dell’economia e delle finanze.

[15] L’agevolazione per l’aiuto alla crescita economica è stata introdotta nel 2011 per favorire il rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano, poi abrogata dall’art. 1, comma 1080, Legge n. 145/2018 con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018.

[16] Sul punto, cfr. in particolare l’art. 29, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 e l’art. 4, D.L. 24 gennaio 2015, n. 3, come successivamente integrati e modificati. Si rimane in attesa di ottenere l’autorizzazione da parte della Commissione europea per l’incremento dal 30% al 40% dell’aliquota di detrazione/deduzione per l’anno 2019.

[17] Cfr. Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2019 del 30 settembre 2019.

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