Il presente contributo affronta il tema del fit&proper degli esponenti aziendali, soffermandosi sulle nuove tendenze legate ad esigenze di sostenibilità del business e tentativi di limitare la discrezionalità nelle valutazioni.
[*] 1. La “complicata” evoluzione della normativa
La sussistenza di solidi requisiti degli esponenti aziendali è uno dei capisaldi della corporate governance bancaria e ha un ruolo primario anche in considerazione della rilevanza sistemica del settore, oggetto di regole più stringenti rispetto alla “laicità” del diritto societario comune su tale punto.
L’importanza dell’evoluzione di tali previsioni e l’interesse (i.e. gli interessi!) che vi roteano attorno è dimostrata dalla “complicata gestazione” della regolamentazione ad oggi in vigore.
L’emanazione di regole più stringenti e che tengono conto anche delle indicazioni provenienti dal framework europeo, è stata infatti piuttosto travagliata.
Dal precedente Decreto Ministeriale del 1988[1], ci sono voluti anni per la redazione di nuove e più dettagliate regole, le quali, poste in pubblica consultazione nel 2017[2], hanno dovuto attendere ben tre anni prima della loro concreta emanazione.
Dalla prescrizione di meri requisiti (abbastanza scarni) di onorabilità e professionalità, le previsioni normative si sono ampliate per far spazio, in ossequio alla normativa (sia hard che soft law) europea[3], anche a criteri per determinare una soglia “qualitativa” individuale e collettiva, che deve permeare gli organi sociali degli intermediari.
«La prima qualità di un consiglio di amministrazione risiede nella sua composizione»[4]: tutte le misure devono essere pertanto volte ad assicurare un innalzamento qualitativo.
La qualità è un concetto duttile e perfezionabile nel tempo: ecco perché l’attenzione si è spostata verso alcune delle tematiche più dibattute nel diritto degli intermediari finanziari, come la sostenibilità e la diversità in tutte le sue sfaccettature.
Ma tutta l’attenzione è stata trasposta correttamente nelle norme o ci sono margini di miglioramento ulteriore?
2. Rischi relativi al ruolo e ai poteri degli esponenti aziendali
La figura di esponente aziendale[5] porta in sé numerosi rischi da presidiare, nonché l’esigenza di assicurare una buona governance agli intermediari, esigenza non nuova in ambito transnazionale[6].
La spinta definitiva verso il superamento della mera soft law in argomento, deriva dalla Direttiva CRD IV (Direttiva 2013/36/UE), che sancisce il fallimento delle regole di governance societaria, le quali «hanno contribuito ad un’assunzione di rischio eccessiva e imprudente nel settore bancario che ha portato al fallimento di singoli enti e a problemi sistemici negli Stati membri e a livello mondiale». La non vincolatività delle disposizioni sulla governance degli enti e la carenza di controlli sugli esponenti aziendali, ha favorito strategie di breve termine, che non hanno considerato e valutato correttamente rischi sistemici, determinando situazioni di crisi, non correttamente gestite e vigilate[7].
Considerata la specialità del settore e la rilevanza sistemica del business bancario, necessitava pertanto un intervento che avesse carattere di cogenza e che fosse più incisivo rispetto a quanto previsto negli scorsi lustri[8].
La mitigazione dei rischi non si basa soltanto sul rispetto del principio di sana e prudente gestione, ma si allarga ai profili reputazionali, ai conflitti di interesse, alla adeguata composizione del Board, alla necessità di valorizzare skill, diversità e ruoli, alla sostenibilità del business e alla stabilità del mercato bancario e finanziario[9].
Tutti questi rischi sono presidiati da un framework normativo stratificato (completato dal DM 169/20 e dalle istruzioni della Banca d’Italia[10]), che deve completarsi a livello aziendale con specifiche policy che possano implementare ogni profilo, sia sotto il profilo delle responsabilità, sia sotto quello delle singole attività da effettuare per assicurare una piena ed effettiva compliance ed evitare indesiderati provvedimenti sanzionatori e conseguenti effetti reputazionali.
3. L’idoneità degli esponenti nel framework normativo
Gli esponenti aziendali sono tenuti al rispetto di un ricco set di previsioni normativo-regolamentari. I requisiti di idoneità hanno assunto una rilevanza crescente, sostenuta dall’attenzione del legislatore europeo ed a valle da quello italiano, nonché dall’autoregolamentazione di settore.
Fermo restando i profili relativi ai conflitti di interesse[11], l’art 91 della CRD IV[12] ha rafforzato le esigenze di idoneità dei membri del CdA degli intermediari, richiedendo la soddisfazione dei requisiti di onorabilità, del possesso delle conoscenze, competenze e l’esperienza necessarie per l’esercizio delle loro funzioni.
Si richiede a tali soggetti di dedicare tempo sufficiente all’esercizio delle loro funzioni per l’intermediario, limitandone il numero complessivo degli incarichi cui possano farsi carico, tenendo conto delle circostanze personali e della natura, dell’ampiezza e della complessità delle attività dell’ente. Quanto sopra sottolinea la necessità di dedizione al compito assunto e costituisce un richiamo implicito alle responsabilità che il ruolo determina. Tutto ciò non solo a livello individuale, ma anche collettivo: l’organo di gestione deve infatti possedere collettivamente conoscenze, competenze ed esperienze adeguate per essere in grado di comprendere le attività dell’ente, inclusi i principali rischi che quest’ultimo deve fronteggiare.
A livello di normativa primaria, l’art. 26 del Testo Unico Bancario rappresenta la cornice che stabilisce come «gli esponenti devono possedere requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, soddisfare criteri di competenza e correttezza, dedicare il tempo necessario all’efficace espletamento dell’incarico, in modo da garantire la sana e prudente gestione della banca»: quanto sopra è definito compiutamente dal Decreto del Ministero dell’Economia 23 novembre 2020 n. 169[13], che tiene ovviamente conto delle indicazioni delle Autorità di Vigilanza europee sul tema[14].
Anche a livello di autoregolamentazione vi è stata un’evoluzione significativa nell’affrontare queste tematiche: col passaggio dal Codice di autodisciplina al Codice di Corporate Governance (2020), le raccomandazioni per le società quotate si sono fatte più complete ed esaustive, dando rilievo primario a temi come la sostenibilità[15], la parità di genere, la diversità per la composizione degli organi di amministrazione e di controllo, l’autovalutazione dell’organo, fino a determinare le circostanze che compromettono, o appaiono compromettere, l’indipendenza di un amministratore.
Tutte indicazioni che le società quotate tengono in considerazione, sia per la necessità di rispettare il principio del comply or explain[16] sia per la necessità di farsi carico delle esigenze che il mercato richiede per essere competitivi, solidi, efficaci ed attirare investimenti[17].
4. La linea di demarcazione dei “requisiti” e “criteri” previsti nel DM 169/20: l’ “apertura” verso un nuovo Board
Partendo dall’analisi del DM 169/20, quest’ultimo si riferisce in primis agli istituti bancari (per i quali si applica in toto); per intermediari finanziari, istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento l’applicabilità è limitata, non applicandosi né le previsioni sulla composizione collettiva degli organi né quelle relative al time commitment ed ai requisiti dei responsabili delle principali funzioni aziendali.
Rispetto alla normativa precedente[18], infatti, i requisiti in questione sono riferibili – per le banche di maggiori dimensioni o complessità operativa[19] – anche[20] ai soggetti che hanno la responsabilità delle principali funzioni della banca[21], con specifico riferimento ai requisiti di onorabilità, ai criteri di correttezza e competenza[22]. Ciò, in applicazione del principio di proporzionalità, aumenta la sensibilità sulla necessità che tutti i soggetti che incidono concretamente sui rischi che una banca deve fronteggiare, debbano rispondere a determinati requisiti che garantiscano l’idoneità al ruolo.
Una delle novità principali incluse nel citato decreto è quella di prevedere non solo requisiti, ma anche alcuni criteri per arrivare alla valutazione di idoneità degli esponenti aziendali.
In particolare, in linea con la normativa pregressa, sono innanzitutto previsti dei requisiti (onorabilità e professionalità), i quali hanno carattere tassativo e non richiedono valutazioni di natura discrezionale: la mancanza degli stessi comporta l’impossibilità di poter validamente assumere l’incarico nell’intermediario.
I criteri, invece, non assoluti, sono stati introdotti – come aggiunta rispetto ai requisiti – per introdurre un margine di discrezionalità nelle scelte dell’organo competente, che per date circostanze (i.e. correttezza e competenza) potrà considerare le peculiarità e le caratteristiche di ruolo da assumere e del profilo e delle condizioni che riguardano l’esponente[23].
L’ampliamento degli elementi alla base dell’idoneità, come verrà di seguito chiarito, allontana dall’approccio minimalista del passato[24] e inserisce nel sistema elementi per considerare un nuovo Board, che sia aperto al futuro, pronto al dialogo in ogni campo e che miri alla sostenibilità del business, confrontandosi in maniera dinamica e volto all’evoluzione ed al miglioramento costante, sia dal punto di vista individuale che collettivo.
Ma su tali temi cosa andrebbe ulteriormente elaborato in ottica migliorativa?
Non certo i requisiti di onorabilità, presenti storicamente e “rigidi” di impostazione: d’altronde è più che logico che un soggetto condannato per reati relativi al business bancario-finanziario non possa ricoprire incarichi di amministrazione, direzione e controllo in intermediari finanziari.
L’adattabilità dei presupposti è piuttosto evidenziata invece dai criteri introdotti: in particolare, la rilevanza anche di “indagini e procedimenti penali in corso”; si introducono, pertanto, quali elementi valutativi anche provvedimenti di natura non definitiva nei confronti degli esponenti.
È in questi profili di discrezionalità che forse non si è colto nel segno sotto il profilo dell’efficacia; la discrezionalità introdotta necessiterebbe pertanto di parametri, criteri standardizzati che possano “guidare” oggettivamente nelle valutazioni[25], mitigando anche rischi di natura legale e reputazionale per le banche.
La linea di demarcazione tra requisiti e criteri potrebbe, pertanto, essere meno marcata[26], cercando di raggiungere una elasticità che possa sì considerare le posizioni caso per caso, ma attraverso delle guide coerenti e calibrate, per agevolare soprattutto le valutazioni ed evitare spiacevoli contestazioni alle stesse, danneggiando la gestione della banca.
5. La competenza “dinamica” degli esponenti
Anche le richieste di competenza per gli esponenti sono “variabili” e modulabili a seconda del ruolo che si vada a ricoprire: ad esempio, per Presidente, Amministratore Delegato e Direttore Generale si richiedono esperienze più ampie[27].
Il Codice di Corporate Governance assegna un ruolo centrale alla composizione “qualitativa” del board, attraverso la progressiva valorizzazione della professionalità e competenza dei consiglieri. Già dal “vecchio” Codice di Autodisciplina si evidenziava che «gli amministratori non esecutivi arricchiscono la discussione consiliare con competenze formate all’esterno dell’impresa, di carattere strategico generale o tecnico particolare», raccomandando a tal fine che le proposte di nomina dovessero essere accompagnate da “un’esauriente informativa riguardante le caratteristiche personali e professionali dei candidati[28]”.
Oggi, dal punto di vista della professionalità, sono richieste competenze tecniche di base in ambito bancario, sulle materie definite dall’Autorità di Vigilanza[29], ma anche skill differenti, quali l’indirizzo e coordinamento di risorse umane[30], nell’ottica di una maggiore attenzione verso l’aspetto dialettico ed organizzativo che possa assicurare, soprattutto all’interno dell’organo di competenza, un accurato scambio di conoscenze ed un confronto che, sfruttando le variegate competenze dei singoli membri, possa rendere l’organo collettivo più efficace e più performante.
Si richiede, infatti, anche una adeguata composizione collettiva degli organi, che assicuri un mix di esperienze atte a conoscere pienamente tutte le attività della società e di conseguenza poterne comprendere e gestire i rischi. A livello “collettivo” si richiede una adeguata diversificazione per «alimentare il confronto e la dialettica interna agli organi; favorire l’emersione di una pluralità di approcci e prospettive nell’analisi dei temi e nell’assunzione di decisioni; supportare efficacemente i processi aziendali di elaborazione delle strategie, gestione delle attività e dei rischi, controllo sull’operato dell’alta dirigenza; tener conto dei molteplici interessi che concorrono alla sana e prudente gestione della banca[31]».
Si vuole dare una spinta verso il confronto e la dialettica interna sull’assunto che una solida formazione “collettiva” dell’organo assicuri di default una buona governance[32].
In altre parole, un set di competenze ben accertato e diversificato consentirebbe ai membri dell’organo di gestione di avere agevolmente una comprensione chiara del modello di business, della propensione al rischio, dei dispositivi di governance dell’ente, del proprio ruolo e delle responsabilità (e degli eventuali conflitti di interesse che possono scaturire).
Detto questo, non va sottaciuto che attualmente una potenziale adeguatezza collettiva dell’organo non può sanare ex se eventuali carenze individuali dei singoli esponenti, che, laddove non portino alla decadenza, dovranno comunque essere colmati con le modalità previste dall’ordinamento[33].
Un tale approccio è molto rilevante nella parte in cui sembra tener conto della necessità di una costante evoluzione della realtà economica sociale sottostante, ma anche dell’ordinamento giuridico stesso, sempre orientato a seguire le evoluzioni della società[34]. E questa necessità non potrebbe mai essere assicurata da un solo soggetto, bensì soltanto da una formazione ben congegnata[35], sebbene – come anticipato – le carenze nella composizione collettiva non implicano ex se la decadenza dell’intero Board, e possono essere colmate da apposite misure, che includono la modifica di compiti e deleghe, ma soprattutto con appositi piani di formazionead personam[36].
Essenziale diventa dunque l’educazione, la formazione, non necessariamente ingessata su profili meramente giuridici ed economici, ma plasmata anche dalle nuove competenze IT[37] e manageriali, oltre che da un mix di utili soft skills per la gestione di un incarico così rilevante e per poter efficacemente «valutare e mettere in discussione efficacemente […] le decisioni dell’alta dirigenza nonché sorvegliare e controllare in modo efficace le decisioni in materiadi gestione[38]».
6. Indipendenza e time commitment
L’indipendenza e il tempo da dedicare all’incarico rappresentano due sfaccettature dei requisiti previsti per gli esponenti, che ne chiariscono effort e qualità.
In particolare, l’indipendenza degli amministratori è un’ulteriore circostanza che tutela la società, nel senso di garantire (in astratto) un approccio decisorio più equilibrato[39]: in altre parole, l’assenza di “connessioni” che possano influire sul loro giudizio, dovrebbe avere come conseguenza un approccio comportamentale e decisorio che tenda a perseguire l’interesse della società, anche per “preservare” indirettamente la reputazione degli esponenti stessi[40].
Le valutazioni sull’indipendenza sono molto delicate: in Italia, oltre a rilevare sia le previsioni del Testo Unico della Finanza[41] che quelle del Codice di Corporate Governance, devono considerarsi una pluralità di variabili (rapporti partecipativi, assunzione di altri incarichi quale amministratore, rapporti lavorativi/professionali, rapporti di natura familiare) da orientare secondo la prevalenza della sostanza sulla forma.
Anche in questo caso si è cercato col tempo di “forzare la mano” e di creare dei criteri predefiniti per meglio determinare le proprie valutazioni di fronte alla vigilanza. In primis, si è ritenuto opportuno che l’organo di amministrazione determini preventivamente, almeno all’inizio del proprio mandato, «i criteri quantitativi e qualitativi per valutare la significatività» in caso di relazioni commerciali, finanziarie o professionali o di remunerazione[42], per scongiurare qualsiasi relazione che possa avere effetti materiali in termini di potenziali conflitti di interesse[43].
L’indipendenza è inoltre necessaria per arginare e controllare le decisioni del management, per resistere al c.d. “group-think” (mentalità di gruppo[44]) ed essere esenti da condizionamenti[45].
Da un punto di vista sostanziale, alla indipendenza “classica” si affianca anche l’independencein mind, che attiene ad una indipendenza di giudizio, che enfatizza spirito critico e libertà mentale[46]. L’indipendenza di giudizio non è un requisito che comporta la decadenza automatica dell’esponente, ma richiede un’analisi complessiva, non agevole, del soggetto interessato: l’organo competente valuta l’indipendenza di giudizio, verificando se i presidi previsti dalla normativa esterna e dalle policy interne della banca siano efficaci[47].
La valutazione dell’indipendenza è un elemento delicato[48]: dal punto di vista della trasparenza al mercato, i risultati delle valutazioni sugli esponenti devono essere oggetto di puntuale informativa da parte dell’emittente mediante comunicato stampa e, successivamente, essere indicati nella Relazione sul governo societario[49].
Anche su quest’argomento la necessità di limitare la discrezionalità nelle valutazioni ha condotto l’Autorità di vigilanza a formalizzare alcuni criteri per indirizzare le banche (nel caso specifico le banche lesssignificant), a completamento del quadro normativo[50].Considerando le difficoltà ad individuare con precisione il perimetro dei rapporti da sottoporre a scrutinio, la Banca d’Italia richiede agli intermediari di adottare delle policy interne che identifichino tutte le fattispecie rilevanti – ai sensi del citato DM 169/20 – per la valutazione dell’indipendenza formale e/o di giudizio e per determinare il perimetro dei rapporti indiretti a questo fine rilevanti[51].
L’Autorità di vigilanza, probabilmente dopo aver verificato un approccio non omogeneo nel settore, è venuta incontro agli intermediari, enfatizzando la necessità di valutazioni caso per caso che tengano conto delle peculiarità di ogni situazione; a tal fine ha specificato alcuni criteri quantitativi/soglie di materialità (“adattabili” da parte delle banche) che riguardano: 1) Esposizioni direttamente in capo all’esponente o ai suoi soggetti connessi, con soglie di tolleranza riferite a mutui ipotecari ovvero ad altro tipo di esposizioni; 2) Esposizioni indirette, con soglie di tolleranza delle esposizioni considerate di norma non problematiche se inferiori ad una certa percentuale dell’accordato/utilizzato a sistema dell’impresa/gruppo (Banca d’Italia indica il 30%); 3) Rapporti commerciali, professionali o di lavoro: considerati di norma non problematici laddove generino meno di una determinata percentuale (Banca d’Italia indica il 20%)del reddito annuo dell’esponente o dell’impresa/del gruppo a lui/lei riferibile; 4) Rapporti patrimoniali, considerati di norma non problematici gli investimenti di valore inferiore o pari ad una data percentuale(Banca d’Italia indica il 20%) del patrimonio dell’esponente o dell’impresa/del gruppo a lui/lei riferibile.
Le stesse esigenze sono state affrontate per quanto concerne la disponibilità di tempo da dedicare all’incarico da parte degli esponenti[52].Gli istituti bancari nelle loro policy interne devono infatti considerare: il tempo assorbito dalla partecipazione alle sedute dell’organo nel quale si ha un incarico (e degli eventuali comitati endo-consiliari o manageriali); il ruolo rivestito da ciascun esponente (natura esecutiva o non esecutiva dell’incarico e l’eventuale ruolo di presidenza dell’organo o di comitati endo-consiliari o manageriali); le dimensioni, la complessità e la situazione tecnica dell’ente vigilato[53].
Il profilo quantitativo ancora una volta emerge con concretezza per quanto concerne la stima del tempo minimo da dedicare all’incarico – e il numero massimo degli altri incarichi ricopribili – tenendo in adeguata considerazione le specificità del proprio contesto aziendale. Sul numero di incarichi sopperisce direttamente il DM 169/20 (che individua un massimo di n. 4 incarichi non esecutivi[54]), mentre per quanto concerne il tempo minimo da dedicare all’incarico, la Banca d’Italia lo quantifica con riferimento ad ogni tipologia di incarico negli organi sociali[55].
In questo caso le valutazioni sono agevolate dalla oggettività delle situazioni e dalla formalizzazione delle deroghe nella normativa (cfr. art. 18 DM 169/20): la minore rigidità è evidenziata anche dal fatto che in caso di superamento dei limiti previsti per gli incarichi, non vi è una decadenza automatica ed immediata, ma l’esponente avrà la possibilità rinunciare all’incarico o agli incarichi che determinano il superamento del limite in tempo utile rispetto alle valutazioni richieste all’organo competente (i.e. entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza dell’evento sopravvenuto). In determinati casi è consentito, infine, assumere anche un incarico non esecutivo aggiuntivo, a condizione che non pregiudichi la possibilità per l’esponente di dedicare all’incarico presso la banca tempo adeguato per svolgere in modo efficace le proprie funzioni[56].
7. Le “spinte” verso la sostenibilità del business e il rilievo dei nuovi rischi IT
La sostenibilità del business si è fatta prepotentemente spazio come una delle preminenti necessità da tener conto nella gestione societaria, anche nel ramo bancario/finanziario. Uno dei principali motivi – emerso soprattutto oltremanica in ambito di common law[57] – è quello dell’“enlightened shareholder value”[58], il quale sostiene che nella gestione societaria gli interessi degli stakeholders vadano considerati solo se strumentali alla creazione di valore sul lungo periodo per gli azionisti.
Sono lontani i tempi in cui si sosteneva che la responsabilità sociale consisteva unicamente nel realizzare profitti[59]: il coinvolgimento degli azionisti, i profili sociali (sharedvalue), l’attenzione per i dipendenti e la sostenibilità della gestione, hanno sovvertito i pilastri del managerialismo più spinto[60], spingendo l’autoregolamentazione (quanto meno a livello europeo) ad integrare i principi della corporate social responsibility nelle raccomandazioni che guidano le best practice internazionali[61].
Il coinvolgimento degli stakeholders in materia di sviluppo sostenibile richiede competenze specifiche da parte del Board[62] e necessità di un “aiuto” di natura informatica[63]: l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sembra essere scontato, ma ci si spinge anche più in avanti, richiedendo l’introduzione di un uno specifico Comitato techendoconsiliare o l’introduzione della figura di un algorithmofficer per la valutazione degli algoritmi utilizzati nei processi decisionali[64].
In altre parole, si richiedono competenze che poco hanno a che fare col business bancario e molto con la tecnologia, ed i rischi ICT: la Raccomandazione 5 dell’art. 2 del Codice di Corporate Governance stabilisce infatti che «il numero e le competenze degli amministratori indipendenti sono adeguati alle esigenze dell’impresa e al funzionamento dell’organo di amministrazione, nonché alla costituzione dei relativi Comitati». Ciò andrebbe anche alimentato con investimenti specifici in ottica formativa[65].
Ecco perché si prevede una differente prevalenza nelle competenze dei futuri CdA delle società quotate (non solo bancarie): meno giuristi e più esperti informatici. Personalmente, da giurista, la preoccupazione minima è che non si “abbassi la guardia” verso i rischi di conformità ed i rischi legali che sono quelli che più incidono sul sistema, anche a livello reputazionale, e che possono provocare effetti sistemici negativi potenzialmente devastanti: è anche vero però che la tecnologia deve essere efficacemente sfruttata e presidiata (per gestire ed ampliare il business) ed il giurista non può «opporre una resistenza preconcetta sulla base di asserite incompatibilità[66]» con le categorie tradizionali, mettendosi al passo coi tempi.
8. La qualità degli organi sociali: il ruolo di induction e attività formative
Tutte queste pressioni verso un innalzamento qualitativo, nonché il set di responsabilità cui sono soggetti gli esponenti aziendali, richiedono una particolare attenzione sulla formazione e sul continuo aggiornamento delle competenze, che assicuri una “solidità” duratura agli organi sociali. Non è raro che anche l’Autorità di Vigilanza, nelle proprie valutazioni sul fit&proper, indichi agli intermediari la necessità di un adeguato training e/o aggiornamento dei propri esponenti sulle materie per le quali gli stessi hanno dimostrato delle carenze. È infatti una buona prassi che i requisiti – ed in particolare le competenze, strumento particolarmente considerato al servizio del business[67] – degli esponenti siano oggetto di verifica sia prima dell’assunzione dell’incarico e successivamente periodicamente (annualmente), nonché in occasione di ogni evento sopravvenuto rilevante. Le valutazioni sono sempre più allargate anche ad un set di soft skills che aiutano alla gestione del gruppo, per ottenere risultati migliori nell’ottica di un paniere di interessi più ampio[68].
Le attività formative, anche quelle svolte prima della nomina, diventano dunque un elemento di valutazione “pesante” per gli esponenti aziendali e sono diventate una necessità in corso di mandato (diventando altresì anche un’occasione per confrontarsi col management e dunque meglio orientare le delibere).
La formazione, possibilmente personalizzata ed orientata a colmare specifici gap dei singoli esponenti e di riflesso dell’organo collettivo (gap molte volte evidenziati dall’Autorità di Vigilanza nelle valutazioni effettuate), dovrebbe aumentare la consapevolezza degli esponenti; è per questo che agli intermediari si chiede di assegnare risorse sufficienti per la preparazione e la formazione dei membri dell’organo di gestione su base individuale e collettiva[69].
In futuro l’attenzione verrà quindi traslata sulla frequenza e sul contenuto di tali attività di induction e di formazione: una buona performance probabilmente non può “accontentarsi” di un aggiornamento annuale e non può fare a meno di uno specifico piano di formazione (esterna ed interna all’azienda) che dovrebbe essere condiviso dallo stesso organo sociale e che può (e deve) essere modulabile ed aggiornabile anche in corso di anno, alla luce delle esperienze operative o di eventuali necessità che interessano il business dell’azienda.
In altre parole, è funzionale al rafforzamento del profilo qualitativo del consiglio di amministrazione la previsione di sessioni di induction, in quanto finalizzate a fornire ai componenti degli organi di amministrazione «un’adeguata conoscenza dei settori di attività in cui opera la società, delle dinamiche aziendali e della loro evoluzione anche nell’ottica del successo sostenibile della società stessa nonché dei principi di corretta gestione dei rischi e del quadro normativo e autoregolamentare di riferimento[70]», con professionalità e competenze che possono pertanto essere implementate anche in itinere[71].
Non dimentichiamo che una formazione continua è vitale per la proficua gestione dell’azienda, consentendo agli amministratori di agire in modo informato nello svolgimento del loro ruolo: le iniziative formative sono infatti «finalizzate a fornire un’adeguata conoscenza dei settori di attività in cui opera la società, delle dinamiche aziendali e della loro evoluzione anche nell’ottica del successo sostenibile della società stessa nonché dei princìpi di corretta gestione dei rischi e del quadro normativo e autoregolamentare di riferimento[72]» e dovranno avere un peso specifico rilevante nel processo di autovalutazione del Board stesso.
9. La diversity come valore aggiunto polifunzionale
Dall’evoluzione della normativa emerge una consistente attenzione verso nuove esigenze: in primis la diversity[73].
Esigenza che si manifesta con riferimento alle caratteristiche personali degli esponenti, alle competenze, a tutti i tipi di skill e qualità[74] e che è entrata nel set legislativo- regolamentare e nella autoregolamentazione di settore in tutta Europa[75].
Questo è solo uno dei meccanismi volti a migliorare la qualità e l’efficacia degli organi sociali[76]: alla diversificazione degli esponenti e dei relativi background professionali sarebbe opportuno anche aggiungere l’aumento delle finestre temporali per eleggere/inserire amministratori nel Board, il che aumenterebbe il ricambio tra gli esponenti e le occasioni di dialogo anche con gli azionisti[77].
Come detto, la varietà di opinioni dovrebbe garantire una visione olistica a tutto vantaggio degli obiettivi del business, sebbene non ci siano elementi oggettivi per correlare la citata diversità nel Board e il miglioramento delle performance di una banca[78], che è legata ad un mix di circostanze (es. maturità del business, dimensione del Board, solidità del business, sistema delle deleghe e chiara ripartizione delle responsabilità ecc.)[79] e che mira più che altro a mitigare i bias cognitivi, soprattutto su alcuni temi, limitando altresì quella mentalità di gruppo (group think) che può influenzare concretamente il processo decisionale.
La diversificazione non deve però “forzare” la mano: il bilanciamento dovrebbe fondarsi su alcuni punti essenziali (gender[80], competenze concrete) piuttosto che formalmente su tutta una serie di altri aspetti, che possono considerarsi secondari (es. provenienza geografica).
Sono le solide competenze ed esperienze e la capacità di un pensiero libero e dinamico che dovrebbero guidare le scelte degli organi, essendo capaci di stimolare un confronto serrato e “resistere” alla tendenza ad essere “allineati” alle posizioni del gruppo, in questo modo evitando che la presenza di alcuni soggetti (quale che sia il loro gender) sia meramente decorativa[81].
Un unico obiettivo va perseguito: la regolamentazione deve coordinarsi con le buone prassi aziendali e deve puntare ad un miglioramento del funzionamento e della funzione degli organi sociali che sia concreta e non meramente formale: si deve puntare ad un miglioramento qualitativo misurabile attraverso key performance indicators[82], magari condizionando la numerosità delle finestre per rinnovare il Board ai risultati di detti indicatori.
Ci si aspetta pertanto che un grosso ruolo al riguardo sia assunto dalle policy interne degli istituti bancari[83].
10. Verso il futuro: rafforzamento delle best practice o normative più rigide?
La mutata sensibilità del settore bancario per i requisiti degli esponenti bancari e per il corretto funzionamento degli organi sociali è un dato di fatto. A partire dalla Direttiva CRD IV tutti i Paesi europei hanno impostato le loro legislazioni tenendo presente le nuove esigenze ed anche sul versante statunitense si è presa consapevolezza dei nuovi obiettivi assegnati al business bancario: il Dodd Frank Act non prevede prescrizioni per gli amministratori su competenza e responsabilità rispetto ai rischi derivanti dall’attività bancaria[84], tuttavia alcune raccomandazioni delle Autorità di vigilanza statunitensi segnalano l’esigenza che alcune competenze siano possedute dagli amministratori di banche, proponendosi altresì vincoli più stringenti per figure essenziali come il lead independent director e il presidente del comitato rischi[85].
Gli obiettivi funzionali per un intermediario bancario finanziario sono chiari:
- i membri dell’organo di gestione dovrebbero avere una comprensione aggiornata delle attività dell’ente e dei relativi rischi, a un livello commisurato alle proprie responsabilità;
- i membri dell’organo di gestione dovrebbero avere una comprensione chiara dei dispositivi di governance dell’ente, del proprio ruolo e delle responsabilità e, ove applicabile, della struttura del gruppo e degli eventuali conflitti di interesse che da esso possono scaturire;
- i membri dell’organo di gestione dovrebbero essere in grado di adottare decisioni appropriate su base collettiva tenendo conto del modello di business, della propensione al rischio, della strategia e dei mercati in cui l’ente opera;
- gli enti dovrebbero provvedere alla preparazione ai membri dell’organo di gestione per agevolare loro una chiara comprensione delle pertinenti disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, della struttura dell’ente, del modello di business, del profilo di rischio e delle modalità di gestione nonché del ruolo del/i membro/i presso l’ente e fornire programmi di formazione generali e, a seconda dei casi, personalizzati e mirati. La formazione dovrebbe promuovere altresì la loro consapevolezza in merito ai vantaggi derivanti dalla diversità presso l’organo di gestione e nell’ente. Gli enti dovrebbero pertanto assegnare risorse sufficienti per la preparazione e la formazione dei membri dell’organo di gestione su base individuale e collettiva;
- gli enti dovrebbero attuare una politica che promuova la diversità in seno all’organo di gestione, al fine di promuovere un gruppo di membri diversificato (la politica dovrebbe mirare a impegnare un ampio spettro di qualità e di competenze nell’assunzione dei membri dell’organo di gestione per acquisire svariate opinioni ed esperienze e per agevolare opinioni indipendenti e procedure decisionali solide in seno all’organo di gestione);
- gli enti dovrebbero mirare a un’adeguata rappresentanza di tutti i generi in seno all’organo di gestione e garantire che il principio delle pari opportunità sia rispettato nella selezione dei membri dell’organo di gestione[86].
Quali dovrebbero essere pertanto le opzioni percorribili per il futuro al fine di raggiungere tali obiettivi?
Si è ben rilevato come sia assolutamente più evidente rispetto al passato l’attenzione per una corretta gestione del business bancario (e per considerare le peculiarità dello stesso) e la necessità di competenze differenziate nella gestione dello stesso, nonché del dialogo costruttivo negli organi sociali; è necessaria una non trascurabile duttilità che tenga conto anche di principi fondamentali dell’ordinamento e dei nuovi trend etici e di sostenibilità, per aumentare la “qualità” degli organi sociali.
Innegabilmente è questo il futuro.
Ma come perseguirlo efficacemente?
Basarsi quasi esclusivamente sulla autoregolamentazione rifacendosi alle best practice di settore, necessariamente in continua evoluzione, oppure cercare di “irrigidire” la regolamentazione di settore, cercando di “limitare” gli aspetti discrezionali?
La prima opzione è sicuramente quella più duttile, ma anche quella con meno efficacia cogente e che non può dare rassicurazioni certe su una applicabilità generale.
La seconda soluzione è probabilmente la meno “veloce” da realizzare e che verosimilmente richiederà adattamenti dettati anche dal principio di proporzionalità, a seconda delle caratteristiche degli intermediari interessati; tuttavia, con l’introduzione di criteri oggettivi, griglie predeterminate, condizioni fisse ecc. si potrà assicurare una piena e più agevole compliance su tutti i requisiti previsti. La rigidità non deve però essere eccessiva e portare a consegnare gli organi sociali ad una ristretta elite di soggetti, che alla lunga ricadrebbero nei ben noti problemi di group thinking.
In sostanza, si deve puntare all’oggettività dei criteri per i controlli/le verifiche (interne ed esterne all’intemediario) e all’innalzamento qualitativo (verificabile proprio con tali criteri) e non ad un mero ingessamento dei requisiti, che impedisca all’intermediario di rendersi duttile all’evoluzione della società e alle esigenze del soggetto vigilato e del sistema stesso.
I vantaggi sarebbero percepibili su entrambi i lati del “campo di gioco”: i players non dovranno più “arrampicarsi” su oneri motivazionali complessi per giustificare le posizioni di alcuni dei propri esponenti e potranno velocizzare la formalizzazione di procedure e l’esecuzione delle verifiche su tali soggetti, possibilmente prima delle relative nomine[87].
Dal punto di vista dell’Autorità di Vigilanza, invece, i relativi controlli saranno agevolati e in un certo senso “automatizzabili”, auspicabilmente minimizzando i casi di non conformità e quindi di decadenza degli esponenti, aumentando di conseguenza la fiducia e l’affidabilità a livello sistemico.
L’auspicio è che una maggiore specificazione di tali criteri porti pertanto ad una soluzione win-win.
* Le opinioni sono strettamente personali e non impegnano in alcun modo l’Istituto di appartenenza.
[1] Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica Decreto 18 marzo 1998, n. 161 “Regolamento recante norme per l’individuazione dei requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali delle banche e delle cause di sospensione”.
[2] Dipartimento del Tesoro, Consultazione pubblica concernente lo schema di decreto ministeriale recante il regolamento in materia di requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento e dei sistemi di garanzia dei depositi, ai sensi degli articoli, 26, 110, comma 1-bis, 112, comma 2, 114-quinquies.3, comma 1-bis, 114-undecies, comma 1-bis, 96-bis.3, comma 3, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TUB). Il termine per l’invio delle osservazioni fu fissato al 22 settembre 2017; il Decreto Ministeriale di conseguente emanazione è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre 2020.
[3] “Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 , sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE”; EBA “Orientamenti sulla governance interna”, 2021; EBA-ESMA “Orientamenti sulla valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione e del personale che riveste ruoli chiave”, 2021; Banca d’Italia “Orientamenti in materia di valutazione dei requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche LSI, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento, delle società fiduciarie e dei sistemi di garanzia dei depositanti”, 2023; Banca d’Italia “Disposizioni di vigilanza in materia di procedura di valutazione dell’idoneità degli esponenti di banche, intermediari finanziari, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento e sistemi di garanzia dei depositanti”, 2022.
[4] Commissione Europea, Libro Verde “Il governo societario negli istituti finanziari e le politiche di remunerazione” del 2 giugno 2010.
[5] Un “esponente” può identificarsi nel soggetto che ricopre un incarico i) presso il consiglio di amministrazione, il consiglio di sorveglianza, il consiglio di gestione; ii) presso il collegio sindacale, iii) di direttore generale, comunque denominato (cfr. art. 1 DM 169/20).
[6] Si richiamano i Principles di Corporate Governance dell’OCSE (1999) e i Corporate Governance Principles for Banks del Comitato di Basilea (2015).
[7] Cfr. Considerando 53 della Direttiva 2013/36/UE: «Le carenze del governo societario in una serie di enti hanno contribuito ad un’assunzione di rischio eccessiva e imprudente nel settore bancario che ha portato al fallimento di singoli enti e a problemi sistemici negli Stati membri e a livello mondiale. Le disposizioni estremamente generali sulla governance degli enti e la natura non vincolante di una parte consistente del quadro sul governo societario, basato essenzialmente su codici di condotta volontari, non hanno facilitato in maniera sufficiente l’attuazione efficace di prassi solide in materia di governo societario da parte degli enti. In alcuni casi l’assenza di efficaci controlli sistematici nell’ambito degli enti ha portato alla mancanza di una sorveglianza efficace sulle decisioni della dirigenza, che ha esacerbato strategie di gestione centrate sul breve termine ed eccessivamente rischiose. Il ruolo non chiaro delle autorità competenti nella sorveglianza sui sistemi di governo societario degli enti non ha permesso una vigilanza sufficiente sull’efficacia dei processi interni di governance».
[8] Sul tema in generale D. Arsalidou, Corporate governance in the aftermath of the global financial crisis: issues and actions, in Business Law Review, 2017, II, 42.
[9] Le Guidelines emanate da EBA ed ESMA, ad esempio, precisano ulteriormente i requisiti relativi all’idoneità dei membri dell’organo di gestione, in particolare le nozioni di tempo sufficiente dedicato; onestà, integrità e indipendenza di spirito di un membro dell’organo di gestione; conoscenze, competenze ed esperienze collettive adeguate dell’organo di gestione; e risorse umane e finanziarie adeguate destinate alla preparazione e alla formazione di tali membri (cfr. EBA-ESMA “Orientamenti sulla valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione e del personale che riveste ruoli chiave”, 2021).
[10] Cfr. Nota n. 3.
[11] Si fa riferimento, ad esempio, all’applicabilità delle previsioni dell’art. 2391 c.c., dell’art. 136 TUB, nonché della regolamentazione in materia di operazioni con parti correlate e soggetti collegati (Circ. Banca d’Italia n. 285/13 e Regolamento Consob n. 17221/10).
[12] Direttiva 2013/36/UE.
[13] Regolamento in materia di requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento e dei sistemi di garanzia dei depositanti, in Gazzetta Ufficiale, serie Generale n. 310 del 15 dicembre 2020.
[14] Cfr. EBA “Orientamenti sulla governance interna”, 2021; EBA-ESMA “Orientamenti sulla valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione e del personale che riveste ruoli chiave”, 2021. Per completezza si fa riferimento anche alla Guida della BCE sulla verifica dei requisiti di professionalità e onorabilità, 2018.
[15] Per gli amministratori in particolare, per assolvere ai propri doveri, vi è la necessità di agire nel miglior interesse dell’azienda, i director dovranno prendere in considerazione i diritti umani, il cambiamento climatico e le conseguenze ambientali delle loro decisioni, anche in una prospettiva di lungo termine, assicurando che la loro strategia di business sia compatibile, tra l’altro, con quanto stabilito dagli accordi di Parigi per combattere il cambiamento climatico (cfr. Relazione 2023 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate, presentata dal Comitato per la Corporate Governance).
[16] Sul tema si segnala M. Ortino, Il soft law nella disciplina dei mercati finanziari, in Banca imp.soc., 2020, I, 93.
[17] Il quasi assoluto perseguimento delle raccomandazioni del Codice di Corporate è descritto efficacemente nella Relazione 2023 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate, presentata dal Comitato per la Corporate Governance.
[18] Decreto18 marzo 1998, n. 161 del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica “Regolamento recante norme per l’individuazione dei requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali delle banche e delle cause di sospensione”.
[19] Cfr. Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi.
[20] Per quanto concerne gli esponenti aziendali, rientrano nel campo di applicazione del DM 169/20 i componenti del consiglio di amministrazione, del consiglio di sorveglianza, del consiglio di gestione, del collegio sindacale e il direttore generale dell’ente.
[21] Si tratta dei responsabili della funzione antiriciclaggio, della funzione di conformità alle norme, della funzione di controllo dei rischi e della funzione di revisione interna, del dirigente preposto alla gestione finanziaria della società (Chief Financial Officer), nonché, ove presente e se diverso da quest’ultimo, il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari previsto dall’articolo 154-bisTUF (cfr. art. 1 DM 169/20).
[22] Cfr. art. 20 DM 169/20.
[23] Sul tema S. Locantore, V. Daloiso, I nuovi requisiti e criteri di idoneità degli esponenti aziendali, disponibile su www.dirittobancario.it.
[24] Cfr. G. Alfano, Fit&proper nel governo delle banche. Idoneità individuale e adeguatezza collettiva nella prospettiva della diversity degli esponenti, Bari, 2023, 73.
[25] Inclusi, ad esempio, nel provvedimento della Banca d’Italia “Orientamenti in materia di valutazione dei requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche LSI, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento, delle società fiduciarie e dei sistemi di garanzia dei depositanti” (2023).
[26] Cfr. C. Brescia Morra, Il diritto delle banche, Bologna, 2019, 187.
[27] Cfr. Art. 7 DM 169/20.
[28]S. Turelli, Professionalità, competenza degli amministratori e boarddiversity, in Riv. soc., 2022, II-III, 433.
[29] La Guida BCE elenca,infatti, le seguentimaterie: banking and financial markets; regulatory framework and legal requirements; strategic planning, and the understanding of a credit institution’s business strategy or business plan and implementation thereof; risk management (identifying, assessing, monitoring, controlling and mitigating the main types of risk of a credit institution) including experience directly related to the responsibilities of the member; accounting and auditing; assessing the effectiveness of a credit institution’s arrangements, ensuring effective governance, oversight and controls; and interpreting a credit institution’s financial information, identifying key issues based on this information and appropriate controls and measures (BCE, Guide to fit and proper assessments, 2018).
[30] Cfr. Guida BCE cit.
[31] Cfr. art. 11 DM 169/20.
[32]«Per favorire l’indipendenza delle opinioni e il senso critico, occorre che la composizione degli organi di gestione degli enti sia sufficientemente diversificata per quanto riguarda età, sesso, provenienza geografica e percorso formativo e professionale, in modo da rappresentare una varietà di punti di vista e di esperienze. […] Organi di gestione più diversificati dovrebbero controllare più efficacemente la dirigenza e contribuire pertanto a migliorare la supervisione del rischio e la resilienza degli enti. Pertanto, la diversità dovrebbe far parte dei criteri per la composizione degli organi di gestione. Tale criterio dovrebbe essere applicato più in generale anche nell’ambito della politica degli enti in materia di assunzioni. Detta politica dovrebbe, ad esempio, incoraggiare gli enti a selezionare i candidati a partire daelenchi ristretti comprendenti entrambi i generi» (Considerando 60 della Direttiva 2013/36/UE).
[33]«La decisione relativa all’idoneità degli esponenti dovrebbe tenere conto del fatto che un organo di gestione maggiormente diversificato favorisce un dialogo e una contestazione costruttiva sulla base di punti di vista diversi. Gli enti non dovrebbero tuttavia assumere membri dell’organo di gestione con il fine unico di incrementare la diversità a scapito del funzionamento e dell’idoneità dell’organo di gestione su base collettiva o a scapito dell’idoneità dei singoli membri dell’organo di gestione» (cfr. EBA-ESMA “Orientamenti sulla valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione e del personale che riveste ruoli chiave”, 2021).
[34]Cfr. L. Tomic, D. Tomasek, M. Zunic, Fit and proper assessment of board members, disponibile su https://doi.org/10.22598/iele.2020.7.2.11.
[35] In tal senso C. Brescia Morra, Gli amministratori di banche nella disciplina di vigilanza, in AGE, 1/2004, 103; G. Mucciarone, L’adeguatezza degli amministratori della banca. Dal capitale al capitale umano, in Studi di diritto dell’economia, Milano, 2019, 63.
[36] Se le misure non sono idonee a ripristinare un’adeguata composizione collettiva dell’organo, quest’ultimo formula all’assemblea (o ad altro organo cui competono le nomine degli esponenti) raccomandazioni per superare le carenze identificate (art. 12, comma 3, DM 169/20).
[37] C’è chi richiede l’introduzione di un apposito Comitato Tech (cfr. M. Houben, La distribuzione della responsabilità nei consigli di amministrazione con comitati interni investiti di funzioni istruttorie, propositive e consultive, in Banca borsa tit. cred., 2022, III, 465).
[38] Art. 91, comma 8, Direttiva 2013/36/UE.
[39]Amplius in P. Manzoni, Gli amministratori indipendenti nel nuovo codice di autodisciplina, in Giur. Comm., 2022, II, 227.
[40] L’assenza di conflitti di interesse conduce a privilegiare un approccio che privilegi per gli amministratori degli incentivi di natura reputazionale: cd. “la c.d. “trusteeship strategy” (cfr. J. Armour, H. Hansmann, R. Kraakman, Agency Problems and Legal Strategies, in Aa.Vv., The anatomy of corporate law: a comparative and functional approach, Oxford, 2017, 35).
[41] Cfr. art. 147-ter.
[42] Cfr. Raccomandazione 7 del Codice di Corporate Governance.
[43] La realtà più netta in questo senso è quella statunitense, per la quale nessuna “materialrelationship” è consentita con la società quotata (cfr. NYSE Listed Company Manual).
[44] «La mancanza di controllo da parte degli organi di gestione sulle decisioni dei dirigenti è in parte dovuta al fenomeno della mentalità di gruppo. Questo fenomeno è dovuto, tra l’altro, alla mancanza di diversità nella composizione degli organi di gestione. Per favorire l’indipendenza delle opinioni e il senso critico, occorre che la composizione degli organi di gestione degli enti sia sufficientemente diversificata per quanto riguarda età, sesso, provenienza geografica e percorso formativo e professionale, in modo da rappresentare una varietà di punti di vista e di esperienze. L’equilibrio tra uomini e donne è particolarmente importante al fine di garantire una rappresentazione adeguata della popolazione. In particolare, gli enti che non raggiungono una soglia di rappresentanza del genere sottorappresentato dovrebbero adottare misure adeguate in via prioritaria. La rappresentanza dei lavoratori negli organi di gestione potrebbe inoltre essere considerata uno strumento positivo per rafforzare la diversità, dal momento che apporta una prospettiva essenziale e una reale conoscenza del funzionamento interno degli enti. Organi di gestione più diversificati dovrebbero controllare più efficacemente la dirigenza e contribuire pertanto a migliorare la supervisione del rischio e la resilienza degli enti. Pertanto, la diversità dovrebbe far parte dei criteri per la composizione degli organi di gestione. Tale criterio dovrebbe essere applicato più in generale anche nell’ambito della politica degli enti in materia di assunzioni. Detta politica dovrebbe, ad esempio, incoraggiare gli enti a selezionare i candidati a partire da elenchi ristretti comprendenti entrambi i generi» (Considerando 60 Direttiva 2013/36/UE).
[45] E. Pucci, Regole di composizione e presentazione della lista del consiglio di amministrazione uscente nelle società quotate, in Riv. dir. comm., 2018, I, 64.
[46] Sul tema R. Rodorf, Gli amministratori indipendenti, in Giur. Comm., 2007, 143.
[47] Rilevano in particolare i presidi previsti dai seguenti articoli: 2391 e 2391-bis del codice civile e relative disposizioni attuative; Capo IX del Titolo V del Libro V del codice civile; 53, commi 4 e 4 –quater, e 136 del TUB e relative disposizioni attuative; 6, comma 2 –novies del TUF; 36 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Se i presidi esistenti non sono ritenuti sufficienti, l’organo competente può: a) individuarne di ulteriori e più efficaci; b) modificare gli specifici compiti e ruoli attribuiti all’esponente, ivi comprese le eventuali deleghe […]. Se le misure indicate dal presente comma non vengono adottate o sono insufficienti a eliminare le carenze riscontrate, l’organo competente dichiara la decadenza dell’esponente (cfr. art. 15 DM 169/20).
[48] La Comunicazione Consob n. DEM/10046789 in merito ai requisiti di indipendenza dei consiglieri di amministrazione ex art. 147-ter, comma 4, TUF, ha affermato che non può «essere qualificato come amministratore indipendente della quotata colui che copra la carica di amministratore esecutivo in una delle società del gruppo della quotata (controllante, controllate o società soggette a comune controllo). Al contrario, non comprometterebbe l’indipendenza la circostanza che l’amministratore indipendente della quotata svolga il ruolo di amministratore indipendente in altre società del gruppo».
[49] Cfr. Raccomandazione 10 del Codice di Corporate Governance.
[50] Banca d’Italia “Orientamenti in materia di valutazione dei requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche LSI, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento, delle società fiduciarie e dei sistemi di garanzia dei depositanti”, 2023.
[51] «È buona prassi che gli enti vigilati, anche nell’ambito di una policy adottata a governo delle procedure di valutazione, definiscano criteri quali/quantitativi per individuare le relazioni da considerare ostative alla sussistenza dell’indipendenza formale o dell’indipendenza di giudizio. I predetti criteri:
– discriminano tra le diverse tipologie di rapporto richiamate dall’art. 13, co. 1, lett. h) del DM, così da cogliere in misura adeguata la rilevanza dei conflitti di interesse, anche potenziali, che ne discendono;
– tengono in adeguata considerazione la posizione ricoperta dall’esponente all’interno dell’ente e la sua eventuale compartecipazione a processi decisionali (ad es. l’erogazione del credito o la stipula di partnership commerciali) potenzialmente incisi dai predetti conflitti di interesse;
– includono soglie di materialità, al di sotto delle quali si possa ragionevolmente escludere che i rapporti siano tali da condizionare le valutazioni degli esponenti, e di tolleranza, oltre le quali i rapporti siano da considerare problematici;
– in relazione alle esposizioni indirette, promuovono, superata una determinata soglia di affidamenti concessi dall’ente alle imprese riferibili all’esponente, la differenziazione delle fonti di indebitamento dell’impresa/gruppo interessato, così da ridurre la rilevanza percentuale massima dei finanziamenti affidati o accordati dal soggetto vigilato in cui siede l’esponente/imprenditore rispetto a quelli complessivi concessi dal sistema e la loro potenziale incidenza sulla sua indipendenza (formale o di giudizio)» (cfr. Banca d’Italia “Orientamenti in materia di valutazione dei requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche LSI, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento, delle società fiduciarie e dei sistemi di garanzia dei depositanti”, 2023).
[52] «Gli enti dovrebbero valutare se un membro dell’organo di gestione è in grado o meno di dedicare tempo sufficiente per adempiere alle proprie funzioni e responsabilità, tra cui comprendere le attività dell’ente, i rischi principali a esso relativi e le implicazioni dell’attività e della strategia di rischio» (cfr. EBA-ESMA “Orientamenti sulla valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione e del personale che riveste ruoli chiave”, 2021).
[53] «È buona prassi che gli Organi, unitamente alla stima relativa al tempo da dedicare all’incarico, individuino un numero massimo di ulteriori incarichi ricopribili da ciascun esponente in costanza di mandato, al fine di assicurarne la complessiva sostenibilità (tenuto anche conto del numero medio di giorni lavorativi presenti in un anno, pari a 260). Nella definizione delle soglie, gli Organi tengono in adeguata considerazione le differenti tipologie di incarichi (i.e., Presidente dell’Organo, amministratore esecutivo o non esecutivo, sindaco) ricoperti dagli esponenti presso il soggetto vigilato e presso gli enti esterni, nonché la dimensione e complessità delle imprese presso i quali sono svolti, al fine di addivenire a una stima robusta del corrispondente assorbimento temporale» (cfr. Banca d’Italia “Orientamenti in materia di valutazione dei requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche LSI, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento, delle società fiduciarie e dei sistemi di garanzia dei depositanti”, 2023).
[54] Conformemente a quanto indicato anche dall’art. 91 della Direttiva 2013/36/UE.
[55] a) Presidente del CdA: 48 giorni/anno; b) Amministratore Delegato/D.G.: tempo pieno; c) Amministratore esecutivo: 48 giorni/anno; d) Amministratore non esecutivo: 36 giorni/anno; e) Amministratore indipendente: 38 giorni/anno; f) Presidente di un comitato endo-consiliare: 12 giorni/anno aggiuntivi per ogni Comitato; g) Componente di comitati endo-consiliari: 8 giorni/anno aggiuntivi per ogni Comitato; h) Presidente del Collegio Sindacale: 48 giorni/anno; i) Sindaci effettivi: 42 giorni/anno (cfr. Banca d’Italia “Orientamenti in materia di valutazione dei requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche LSI, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento, delle società fiduciarie e dei sistemi di garanzia dei depositanti”, 2023).
[56] Art. 19 DM 169/20.
[57]Cfr. Companies Act UK, descrittoefficacemente in L. Bebchuk, K. Kastiel, R. Tallarita, Does enlightened shareholder value add value?, disponibile su www.ssrn.com.
[58]L. Bebchuk. R. Tallarita, The illusory promise of stakeholder governance, disponibile su www.ssrn.com.
[59]M. Friedman, The Social Responsibility of Business is to Increase Profits, in The New York Times Sunday Magazine, 13 settembre 1970, 32.
[60] I Codici di Corporate Governance italiano e britannico sono allineati nell’assegnare come obiettivo prioritario quello di creare valore per gli azionisti nel medio-lungo termine.
[61] M. Siri, S. Zhu, Integrating sustainability in the EU Corporate Governance Codes, in D. Bush, G.Ferrarini, S. Grunewald, Sustainable Finance in Europe. Corporate Governance, Financial Stability and Financial Markets, Londra, 2021, 175.
[62] Si fa notare che negli ultimi 5 anni il numero di emittenti che ha istituito il Comitato sostenibilità è notevolmente aumentato, passando da 45 società nel 2017 a 123 a fine 2022 (dal 61,3% al 94,5% della capitalizzazione), data l’accresciuta sensibilità verso le tematiche ESG (environmental, social and governance), richiamate espressamente anche nel Codice di Corporate Governance (cfr. Consob, Rapporto 2023 sulla corporate governance delle società quotate italiane).
[63] M. Bianchini, G. Gasparri, G. Resta, G. Trovatore, A. Zoppini, Gli sviluppi tecnologici del diritto societario, in Quaderno giuridico Consob n. 23/2022.
[64] Amplius in M.L. Montagnani, Il ruolo dell’intelligenza artificiale nel funzionamento del consiglio di amministrazione delle società per azioni, Milano, 2021, 101; L. Calvosa, La governance delle società quotate italiane nella transizione verso la sostenibilità e la digitalizzazione, in Riv. soc., 2022, II-III, 309.
[65] Cfr. art. 91, comma 9, della Direttiva 2013/36/UE.
[66] P. Marchetti, Il bicchiere mezzo pieno, in Riv. soc., 2021, II-III, 340.
[67] R. Casiraghi, P. Schwizer, V. Stefanelli, Enhancing Board Effectiveness: what about induction and training programs for Directors?, in International Journal of Regulation and Governance, XI, 1.
[68] In tal senso A. Carretta, P. Schwizer, Le competenze board-specific. Induction a formazione delCdA, in Aa.Vv., Directors. La buona governance vista dai Ned, Milano, 22, 243.
[69] Sono state ipotizzate anche modifiche legislative: ad esempio quella di integrare l’art. 147-ter del TUF prevedendo che il consiglio sia formato da amministratori tutti in possesso di professionalità e competenze adeguate allo svolgimento delle loro funzioni (cfr. S. Turelli, Professionalità, competenza degli amministratori e boarddiversity, op. cit., 433).
[70] Cfr. Raccomandazione 12 del Codice di Corporate Governance.
[71] Cfr. G. Meo, L’amministrazione delle società quotate, in M. Cera, G. Presti (a cura di), Il Testo Unico Finanziario, Bologna, 2020, 1821.
[72] Cfr. Raccomandazione 12 del Codice di Corporate Governance.
[73] Per “diversità” si intende «la situazione in cui le caratteristiche dei membri dell’organo di gestione, ivi compresa l’età, il genere, la provenienza geografica e il percorso formativo e professionale differiscono in modo tale da consentire l’espressione di una varietà di opinioni all’interno dell’organo di gestione» (EBA-ESMA “Orientamentisulla valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione e del personale che riveste ruoli chiave”, 2021).
[74] «Gli Stati membri o le autorità competenti impongono agli enti e ai rispettivi comitati per le nomine di attenersi a un’ampia gamma di qualità e competenze nella selezione dei membri dell’organo di gestione e di predisporre a tal fine una politica che promuova la diversità in seno all’organo di gestione» (art. 91, comma 10, Direttiva 2013/36/UE).
[75] La diversità di genere nei consigli di amministrazione è stata introdotta per legge nel 2003 in Norvegia, nel 2007 in Spagna, nel 2011 in Francia, Italia, Olanda e Belgio, nel 2015 in Germania, nel 2017 in Austria e Portogallo e nel 2020 in Grecia (cfr. G.S.F. Bruno, A. Ciavarella, N. Linciano, Boardroom gender diversity and performance of listed companies inItaly, in Quaderno di finanza Consob, n. 87/2018, 7; P.Profeta, Gender equality and public policy, Cambridge, 2020, 97).Per quanto riguarda l’autoregolamentazione, si citano il Corporate Governance Code del Regno Unito, il Codigo de buengobierno de lassociedadescotizadas spagnolo e il Deutscher Corporate Governance Kodex tedesco (cfr. P. Manzoni, Gli amministratori indipendenti nel nuovo codice di autodisciplina, op. cit., 227).
[76] Sebbene nella letteratura economica non siano state trovate evidenze empiriche della correlazione tra boarddiversity e miglioramento della performance della società, non vi è dubbio che la composizione differenziata del consiglio sia diffusamente considerata una best practice di corporate governance (A. Ciavarella, Board diversity and performance delle imprese quotate in Europa, in Quaderno di finanza Consob, n. 85/2017).
[77] Cfr.A. Sacco Ginevri, Verso lo staggered board nelle banche e nelle società quotate italiane, in Riv. dir. soc., 2016, III, 585.
[78] S. Turelli, Professionalità, competenza degli amministratori e boarddiversity, op. cit., 434.
[79] L. Enriques. D. Zetsche, Quack Corporate Governance, Round III? Bank Board Regulation Under the New European Capital Requirement Directive, in Theoretical Inquiries in Law, 2015, 220.
[80] M. Pellegrini, Equilibrio di generenegliintermediari “finanziari”, in Riv. trim. dir. econ., 2015, I, 29; G. Birindelli, G. Iannuzzi, P. Savioli, The impact of women leaders on enviromental performance: evidence on gender diversity in banks, in Corporate Social Responsibility and Environmental Management, 2019, 1485. Per la teoria che le donne sono meno avvezze al rischio ed alle perdite rispetto ai colleghi di sesso opposto, si rimanda a I. Van Staveren, The Lehman Sisters hypothesis, in Cambridge Journal of Economics, 2014, 1010.
[81] Cfr. M.S. Stella Richter jr., Gli amministratori non esecutivi nell’esperienza italiana, in Banca Imp. Soc., 2005, II, 171.
[82] Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza, n. 671/2022, 8.
[83] La Direttiva (UE) 2024/1619 (CRD VI), modificando l’art. 91, comma 10, della Direttiva 2013/36/UE sul punto stabilisce che «Gli Stati membri o le autorità competenti impongono alle entità e ai rispettivi comitati per le nomine, ove istituiti, di attenersi a un’ampia gamma di qualità e competenze nella selezione dei membri e di promuovere proporzionalmente la diversità e l’equilibrio di genere in seno all’organo di gestione».
[84] Cfr. V. Bevivino, Il prossimo cambio di paradigma del governo delle banche: annotazioni dal diritto francese e idee statunitensi sul fit and proper degli amministratori, in Giur. Comm., 2023, II, 273.
[85] J.R. Macey, M. O’Hara, Vertical and Horizontal Problems in Financial Regulation and Corporate Governance, in J.N. Gordon, W. Ringe, The Oxford Handbook of Corporate Law and Governance, Oxford, 2018, 1084; J.C. Kress, Board to Death: How Busy Directors Could Cause the Next Financial Crisis, in Boston College Law Review, 59/2018, 926.
[86] EBA-ESMA “Orientamenti sulla valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione e del personale che riveste ruoli chiave” (2021).
[87] La Direttiva (UE) 2024/1619 prevede che la valutazione d’idoneità dei membri dell’organo di gestione sia effettuata prima che questi assumano le loro funzioni e periodicamente(secondo la nuova formulazione dell’art. 91, comma 1-bis, della Direttiva 2013/36/UE).