Con la recentissima decisione n. 21676 del 15 ottobre 2021, il Collegio di Coordinamento dell’ABF è tornato a pronunciarsi sull’applicazione dell’art. 125 sexies TUB, rivedendo la posizione assunta a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’11 settembre 2019, resa nella causa C-383/18 (c.d. “Lexitor”).
Si ricorda che con tale pronuncia, il giudice comunitario, nell’intento di garantire “l’effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito”, era intervenuto sull’interpretazione dell’art. 16.1 della Direttiva 2008/48/CE, affermando come in caso di estinzione anticipata di un contratto di credito ai consumatori, il cliente abbia diritto alla riduzione del costo totale del credito, comprensivo di tutti i costi posti a carico del consumatore.
Tale impostazione, ignorando la storica distinzione tra costi upfront e costi recurring, si poneva in netto contrasto con la prassi abbracciata dagli intermediari finanziari, che, fedeli alle Disposizioni di trasparenza di Banca d’Italia pro tempore vigenti, riconoscevano la ripetibilità dei soli costi recurring, per la quota non goduta dal consumatore, e non degli oneri up front, quali le spese di istruttoria e di intermediazione, in quanto pertinenti ad attività già esaurite.
Nel periodo immediatamente successivo alla Lexitor, Corti di merito e ABF hanno assistito ad un inevitabile ed esponenziale aumento del contenzioso, avente ad oggetto, da un lato, l’efficacia nel nostro ordinamento della norma comunitaria così interpretata, dall’altro la sua applicabilità ai contratti estinti in precedenza alla pubblicazione della pronuncia.
L’Arbitro Bancario Finanziario si era adeguato senza esitazioni al nuovo orientamento proposto in sede comunitaria. In particolare, il Collegio di Coordinamento, con la decisione n. 26525 del 17 dicembre 2019, aveva sostenuto la diretta applicabilità della sentenza Lexitor nell’ordinamento nazionale e, conseguentemente, il diritto del consumatore “alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front”.
Ugualmente Banca d’Italia, fino a quel momento convinta sostenitrice della distinzione tra costi upfront e costi recurring in sede di estinzione anticipata, con una Comunicazione pubblicata il 4 dicembre 2019 aveva richiamato gli intermediari sulla necessità di procedere al rimborso di tutte le voci di costo, manifestando così la propria adesione ai principi stabiliti dalla Lexitor.
Il quadro normativo è radicalmente mutato con l’introduzione nel D.L. 25 maggio 2021, n. 73 (“Decreto Sostegni-bis”), convertito con L. 23 luglio 2021, n. 106, dell’art. 11 octies che è intervenuto sulla formulazione dell’art. 125-sexies del Testo Unico Bancario in materia di rimborso anticipato dei finanziamenti ai consumatori, che ha sancito il diritto dei consumatori “alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito escluse le imposte”.
La novella legislativa, dunque, adegua il nostro ordinamento all’art. 16.1 della CCD così come interpretato dalla sentenza Lexitor, imponendo ai soggetti finanziatori di restituire al consumatore la quota non maturata di tutti i costi connessi al finanziamento.
Il comma 2 si occupa di specificarne, sotto il profilo temporale, l’ambito di applicazione, prevedendo che “Alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data di sottoscrizione dei contratti”.
Con tale ultimo inciso, il legislatore nazionale ha inteso confermare valore normativo alle disposizioni di Banca d’Italia, che come detto, prima della comunicazione del 4 dicembre 2019 aveva da sempre sostenuto l’irripetibilità dei costi up front.
All’alba della novella normativa, non si è fatto attendere il revirement del Collegio di Coordinamento, investito della questione dal Collegio di Roma.
Il Collegio rimettente, nell’ambito di un ricorso promosso da un consumatore per il rimborso degli oneri a seguito dell’estinzione anticipata di un contratto, ivi compresi quelli up front, si è interrogato in ordine alla ripetibilità di tali costi, richiedendo, in particolare, un intervento chiarificatore del Collegio di Coordinamento sul rapporto tra l’art. 11 octies, comma 2, del decreto sostegni bis e i principi sanciti dal giudice comunitario.
Il ragionamento del Collegio di Coordinamento, nell’esaminare la questione sottoposta dal Collegio territoriale, muove anzitutto dall’esegesi letterale della norma di cui all’art. 11 octies comma 2, ponendo una particolare attenzione sulla locuzione “continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 “.
Una prima lettura, infatti, potrebbe superficialmente portare ad individuare quale disciplina applicabile ai contratti sottoscritti antecedentemente al 25 luglio 2021 la norma interna, conforme a quella comunitaria, come interpretata dalla Lexitor. Tuttavia, tale interpretazione viene immediatamente scartata dallo stesso Collegio in quanto ritenuta non coerente con la struttura testuale della norma, che marcherebbe una netta cesura tra i contratti antecedenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione e quelli sottoscritti successivamente a tale data.
Il Collegio rileva, in particolare, che la disciplina applicabile ai contratti sottoscritti in precedenza debba rinvenirsi non solo nel previgente art. 125 sexies TUB, ma anche nelle “norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data di sottoscrizione dei contratti”, ossia in particolare nelle disposizioni di trasparenza del 29 luglio 2009 e ss. le quali, lo si ricorda, limitavano la ripetibilità ai soli costi recurring. Peraltro, viene sottolineata l’apparente scelta del legislatore di escludere rilevanza alla citata Comunicazione di Banca d’Italia del 4 dicembre 2019, con la conseguenza che l’unico spartiacque resterebbe l’entrata in vigore del decreto sostegni bis.
Il Collegio non nasconde dubbi sulla “compatibilità del diritto interno con il diritto eurounitario, e segnatamente con la previsione di cui all’art. 16 della Direttiva, come interpretato dalla sentenza Lexitor”, alla luce del principio di supremazia del diritto europeo sul diritto nazionale.
Tuttavia, osserva correttamente come “l’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del suo diritto nazionale trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, in particolare in quelli di certezza del diritto e di non retroattività, e non può servire da fondamento ad un’interpretazione contra legem del diritto nazionale”.
In altre parole, la scelta del legislatore interno potrebbe essere giustificata dall’esigenza di tutelare la certezza del diritto e l’affidamento delle parti che, in buona fede, hanno concordato assetti contrattuali sulla base di quella che era considerata la prassi consolidata e legittimata dalla giurisprudenza del tempo e dall’Autorità di vigilanza.
Peraltro, il Collegio evidenzia che analoghe scelte legislative sono state compiute “da altri Paesi di prestigiosa tradizione giuridica”, riferendosi in particolare all’ordinamento tedesco e a quello austriaco, che hanno inteso, come nel caso di specie, limitare la portata applicativa della Lexitor ai contratti futuri.
In ogni caso, si legge nella decisione, l’eventuale antinomia tra diritto interno ed europeo non potrebbe essere sanata disapplicando la norma nazionale; ciò in quanto la norma europea non ha, nella fattispecie, efficacia diretta nei rapporti tra privati: una conclusione, in verità, tutt’altro che scontata, visto l’aspro dibattito sviluppatosi in giurisprudenza sugli effetti della Lexitor.
Né mai, sottolinea ovviamente il Collegio, l’Arbitro Bancario e Finanziario potrebbe interessare della vicenda la Consulta: una simile opzione è infatti riservata al solo giudice ordinario che ravvisi un eventuale contrasto della norma nazionale con gli art. 11 e 117 della Costituzione.
Sulla scorta di tutte queste considerazioni, il Collegio enuncia il seguente principio: “in applicazione della Novella legislativa di cui all’art. 11-octies, comma 2°, ultimo periodo, d.l. 25 maggio 2021, n. 73, convertito in legge n. 106 del 23 luglio 2021, in caso di estinzione anticipata di un finanziamento stipulato prima della entrata in vigore del citato provvedimento normativo, deve distinguersi tra costi relativi ad attività soggette a maturazione nel corso dell’intero svolgimento del rapporto negoziale (c.d. costi recurring) e costi relativi ad adempimenti preliminari alla concessione del prestito (c.d. costi up front).
Da ciò consegue la retrocedibilità dei primi e non anche dei secondi, limitatamente alla quota non maturata degli stessi in ragione dell’anticipata estinzione, così come meglio illustrato da questo Collegio nella propria decisione n. 6167/2014”.
Di fronte ad una posizione così netta, ci si attende innanzitutto l’adeguamento ai principi di cui sopra da parte dei collegi territoriali chiamati a pronunciarsi sulla ripetibilità degli oneri up front per i contratti sottoscritti in epoca antecedente l’entrata in vigore del decreto sostegni bis.
Ma è probabile che la decisione del Collegio di Coordinamento abbia un’influenza significativa anche sul contenzioso pendente avanti alla magistratura ordinaria e possa spingere gli intermediari a proporre impugnazione avverso le pronunzie emesse in primo grado a loro sfavorevoli.