Con la Sentenza in oggetto, il Tribunale di Nocera Inferiore si è espresso sulla rimborsabilità dei costi recurring e upfront in caso di estinzione anticipata del finanziamento alla luce della giurisprudenza Lexitor e della recente pronuncia della Corte Costituzionale.
Nel caso di specie, il ricorrente chiedeva la condanna della banca resistente alla restituzione della somma di euro 2.052,15 oltre interessi e rivalutazione, quale quota parte dei costi indebitamente versati dal cliente in ragione della ridotta durata del contratto, senza operare alcuna distinzione tra costi c.d. “upfront” e costi c.d. “recurring” espressamente riconosciuti dalla sentenza Lexitor e dalla giurisprudenza successiva.
Sul punto, il Tribunale evidenziava come la domanda formulata da parte ricorrente andasse ricondotta alla fattispecie astratta della ripetizione di quanto attribuito a titolo di indebito oggettivo, istituto che trova disciplina generale nell’art. 2033 c.c.: il cliente, infatti, chiedeva la restituzione delle somme di denaro versate a titolo di prestazioni negoziali non effettuate perché riferibili al periodo successivo rispetto all’estinzione anticipata del contratto e, di conseguenza, prive di giustificazione causale.
Tale ricostruzione, evidenzia il Tribunale, comporta che qualsiasi richiesta di pagamento di quanto indebitamente corrisposto possa, da parte del solvens, essere unicamente richiesta nei confronti dell’accipiens, di colui cioè nella cui sfera giuridica si è verificata l’indebita
Nel caso di specie, si evince che i costi di intermediazione dovuti all’intermediario del credito e il premio per la garanzia assicurativa sono stati versati dal cedente alla cessionaria, società finanziaria in unica soluzione mediante trattenuta sul capitale netto mutuato.
La resistente ha, tuttavia, dimostrato di aver corrisposto la provvigione al mediatore creditizio, di conseguenza, l’accipiens effettivo delle somme versate dal ricorrente a titolo di “costi di intermediazione” è il mediatore e, pertanto, la domanda di ripetizione dell’indebito non può essere rivolta alla banca, priva di legittimazione passiva.
Allo stesso modo, con riferimento alla polizza assicurativa, la resistente ha dimostrato di aver versato il premio ad una compagnia di assicurazione la quale, infatti, ha direttamente corrisposto all’odierno ricorrente una quota di quanto indebitamente versato in ragione della anticipata estinzione del contratto.
Pertanto, continua il Tribunale, anche la ripetizione dell’ulteriore importo per tale voce, quindi, non può essere richiesta alla banca resistente, la quale non ha incamerato le somme da ripetere, ma solo alla compagnia assicurativa, effettivo accipiens delle stesse.
Superata la questione della legittimazione passiva, sulla scorta della giurisprudenza Lexitor, il cliente chiedeva la restituzione di quota delle commissioni di attivazione, di gestione pratica e delle spese di istruttoria, proporzionale alla minor durata del contratto, incassate dalla banca, senza doversi operare la differenza sostenuta dalla resistente tra costi non rimborsabili, vale a dire quelli relativi alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima dell’eventuale estinzione anticipata (c.d. up front), e quelli, invece, ritenuti possibile oggetto di ripetizione dell’indebito, in quanto somme soggette a maturazione nel tempo del contratto (c.d. recurring).
Sul punto è intervenuta la Sentenza C-383/2018 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (c.d. “Lexitor”), che così statuisce: “l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore“, senza poter, pertanto, operare alcuna distinzione tra costi up front e recurring”.
La Corte di Giustizia, pertanto, offre la corretta interpretazione dell’art. 16 della direttiva, trasposto dal legislatore italiano nel nostro ordinamento nell’art. 125 sexies T.U.B., che possiede efficacia vincolante per il giudice nazionale, come più volte statuito dalla giurisprudenza di legittimità. atteso che il “dictum della Corte di Giustizia costituisce una regula iuris applicabile dal giudice nazionale in ogni stato e grado di giudizio” perché esso è fonte di diritto oggettivo, essendo peraltro quella Corte l’unica deputata alla interpretazione delle norme comunitarie.
Né tale interpretazione può essere scalfita dalla circostanza che il 24 luglio 2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 23 luglio 2021, n. 106, di conversione, con modifiche, del decreto legge 25 maggio 2021, n.73 (c.d. “sostegni bis”), la quale, modificando l’art. 125 sexies T.U.B., ha reso lo stesso espressamente aderente alla suddetta interpretazione, statuendo che “il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore e, in tal caso, ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte”, e ha, altresì, disposto che il ‘nuovo’ dettato dell’art. 125 sexies si applica ai soli contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, mentre “alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza”.
Ebbene, con sentenza n. 263 del 22.12.2022 la Corte Costituzionale ha, in primo luogo, confermato la bontà dell’interpretazione dell’art. 125 sexies TUB come introdotto dal d.lgs. 141/2010, affermando che “la sentenza Lexitor impone un adeguamento interpretativo anche per i contratti conclusi prima del 2019”, e confutato espressamente “la tesi che vorrebbe affermare la netta divergenza del dato testuale del vecchio art. 125-sexies da quello dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, deducendone l’impossibilità di recepire il contenuto prospettato dalla sentenza Lexitor”.