“E’ ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 D. Lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”.
Questo è il principio di diritto affermato dalla sentenza della Corte di Cassazione a SS.UU. 19704 depositata il 2 ottobre 2015 (cfr. contenuti correlati). Il contribuente può, dunque impugnare la cartella di pagamento non validamente notificata, anche se ne viene a conoscenza per la prima volta mediante l’estratto di ruolo rilasciatogli dal concessionario della riscossione, senza dover attendere uno specifico atto di intimazione per potersi difendere.
Nel caso concreto, una società impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale competente una cartella di pagamento risultante notificata il 27.05.2006, assumendo di esserne venuta a conoscenza solo dall’estratto di ruolo rilasciato, su sua richiesta, dalla competente concessionaria della riscossione.
I giudici di primo grado, ritenuto che solo formalmente l’atto opposto era la cartella, quando invece l’opposizione riguardava l’estratto di ruolo, dichiaravano l’inammissibilità del ricorso, essendo l’estratto di ruolo “atto interno dell’Agente della riscossione, non rientrante tra quelli tassativamente indicati dal primo comma dell’art. 19 del D. Lgs. n. 546 del 1992”.
La decisione veniva confermata anche dai giudici di appello, secondo i quali la richiesta al concessionario della riscossione del rilascio di copia dell’estratto di ruolo non poteva comportare la riapertura dei termini per impugnare una cartella non tempestivamente opposta, ancorchè per asserito difetto di notifica. I giudici di seconde cure, inoltre,ribadivano la inammissibilità dell’impugnazione avverso l’estratto di ruolo, rilevando non solo la mancata indicazione dello stesso nel novero degli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs. n. 546 del 1992, ma anche la carenza del requisito della “coattività della prestazione tributaria ivi espressa” e, dunque della idoneità a costituire “provocatio ad opponendum”, senza che per ciò stesso potesse lamentarsi una compressione del diritto di difesa del contribuente,al quale era riservata comunque la possibilità di dolersi della inesistenza della notifica della cartella in sede di impugnazione di atti successivi (pignoramenti, fermi o ipoteche).
Proponeva ricorso per cassazione la società, assumendo che l’estratto di ruolo può essere oggetto di ricorso, essendo una parziale riproduzione del ruolo, il quale a sua volta è atto impugnabile, non rilevando la natura interna dello stesso, atteso che tramite lo stesso il ricorrente viene a conoscenza di una determinata pretesa tributaria avanzata nei suoi confronti, scaturendone la nascita dell’interesse all’azione.
Con ordinanza interlocutoria n. 16055 del 2014, il collegio della sesta sezione civile della Corte di Cassazione rimetteva la questione alle Sezioni Unite, con l’intento di comporre un variegato e contrastante panorama giurisprudenziale sulla impugnabilità o meno dell’estratto di ruolo[1].
La questione si poneva in quanto nell’art. 19 del D. Lgs. n. 546/1992 l’estratto di ruolo non rientra tra gli atti tipici avverso cui è possibile proporre ricorso: al comma 3 dell’art. 19 D. Lgs. n. 546/1992 si legge infatti che gli atti diversi da quelli indicati nella stessa norma non sono impugnabili autonomamente e che la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo. Da una lettura restrittiva della norma si evinceva che il contribuente poteva impugnare il precedente atto non notificato solo dopo aver ricevuto la notifica dell’atto successivo (es. avviso di mora o intimazione di pagamento o iscrizione di ipoteca). Pertanto, il contribuente si trovava nella situazione paradossale di dover attendere un’iscrizione ipotecaria o addirittura il pignoramento del proprio conto corrente, in quanto gli era preclusa la possibilità di ricorrere avverso l’estratto di ruolo, benchè avesse appreso per la prima volta dell’esistenza di un debito a suo carico solo a seguito della richiesta di tale documento al concessionario della riscossione, non essendogli mai stata notificata la originaria cartella di pagamento.
La pronuncia delle Sezioni Unite in commento è destinata a cambiare gli scenari.
La Corte opera innanzitutto una distinzione tra ruolo ed estratto di ruolo.
Il primo, atto impositivo espressamente previsto e regolato dalla legge (artt. 10 lett. b, 11 e 12 DPR n. 602 del 1973), anche con riferimento alla sua impugnabilità (art. 19 D. Lgs. n. 546/1992), è un provvedimento proprio dell’ente impositore, contenente una pretesa economica che viene posta a conoscenza del contribuente con la notifica della cartella di pagamento nella quale è incorporato. Il secondo,elaborato informatico, atto interno, formato dal concessionario della riscossione, privo di qualsivoglia pretesa impositiva, diretta e/o indiretta e, dunque, non impugnabile per mancanza di interesse del debitore.
Secondo i giudici di piazza Cavour, sebbene non sussista l’interesse ad impugnare l’estratto di ruolo, risulta certamente l’interesse ad impugnare il contenuto del documento stesso, cioè gli atti riportati nell’estratto di ruolo contenenti la pretesa a carico del contribuente. Pertanto, una lettura costituzionalmente orientata dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 del D. Lgs. n. 546/1992 impone,ad avviso degli Ermellini, di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato prevista da tale articolo non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza.Non può infatti escludersi che il contribuente abbia interesse a contrastare l’avanzamento del procedimento di imposizione e di riscossione il più presto possibile, ragion per cui non può essergli negata la facoltà di far valere, appena avutane conoscenza, la invalidità della originaria notifica della cartella di pagamentotramite l’estratto di ruolo.
Adesso, dunque, il contribuente non dovrà più necessariamente attendere la notifica di un atto successivo (che paradossalmente potrebbe anche non arrivargli mai) per impugnare unitamente a quest’ultimo anche l’atto presupposto non notificato, ma potrà ricorrere avverso l’estratto di ruolo e impugnare tramite esso anche l’originario atto mai ricevuto[2]. Lo stesso discorso vale con riferimento agli avvisi di accertamento esecutivi, dovendosi riconoscere al contribuente, per effetto della pronuncia della Corte, la possibilità di ricorrere contro la comunicazione di Equitalia di presa in carico del credito (di regola non impugnabile).
Resta comunque una facoltà per il contribuente quella di approfittare dell’accesso alla “tutela anticipata”. In tal caso, il contribuente dovrà procedere a presentare ricorso entro sessanta giorni dalla stampa del documento. Tale conclusione si deduce dalla circostanza che, ad avviso delle Sezioni Unite, benchè per l’estratto di ruolo non possa parlarsi di notifica, tuttavia, la circostanza che si tratti di un “documento” del quale il contribuente “sia comunque legittimamente venuto a conoscenza” induce a sostenere che il termine per l’impugnazione decorra dalla data di stampa del medesimo. Resta inteso che la mancata presentazione del ricorso non esclude la possibilità per il contribuente di ricorrere successivamente una volta ricevuta la iscrizione ipotecaria.
[1] Mentre con alcune sentenze la Corte ha stabilito l’ammissibilità della impugnazione avverso l’estratto di ruolo (cfr. ex multis,sent. 19.03.2014, n. 6395; sent. 19.01.2010, n. 724; ord. 6.07.2010, n. 15946; ord. 3.02.2014, n. 2248), con altre (cfr. ex multis, sent. 15.03.2013, n. 6610; 20.03.2013, n. 6906; sent. 19.03.2014, n. 6395) ha, al contrario, ritenuto che l’estratto di ruolo non può essere oggetto di autonoma impugnazione davanti al giudice tributario.
[2] Ciò anche in virtù del fatto che, come evidenziato in sentenza, nell’ultimo decennio in numerose pronunce della Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, si è ripetutamente affermata l’impugnabilità dinanzi al giudice tributario di tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità che gli stessi siano espressi in forma autoritativa (cfr. ex multis, Cass., SS.UU., n. 16293 del 2007 e Cass., SS.UU., n. 3773 del 2014, secondo la quale è impugnabile la comunicazione con la quale l’Agenzia neghi la sussistenza del diritto patrimoniale che il creditore del creditore di imposta intende pignorare, rilevando che nella specie l’atto – ancorchè non diretto in forma autoritativa nei confronti del contribuente – ha natura indubbiamente tributaria comportando l’accertamento della sussistenza di crediti di imposta).