Ai fini dell’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo, il giudice è tenuto ad una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano, ove il concetto di fattibilità è suscettibile di essere interpretato sotto due diversi profili. In particolare, infatti, se (i) con riferimento al sindacato sulla fattibilità giuridica, quale verifica della non incompatibilità del piano con norme inderogabili, questa non incontra particolari limiti, (ii) avendo riguardo della fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del piano concordatario, questa può svolgersi nei limiti della verifica della sussistenza (o meno) di un’assoluta, manifesta inettitudine del medesimo a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi.
Alla luce di quanto appena detto, la Suprema Corte sottolinea che il controllo di fattibilità economica non è in sé vietato, al contrario, ove, nella prospettiva funzionale la proposta concordataria appia del tutto implausibile, la stessa risulta sempre sindacabile.
In altre parole, dunque, è riservata ai creditori solo la valutazione di convenienza di una proposta plausibile rispetto all’alternativa fallimentare, oltre che ovviamente la specifica realizzabilità della singola percentuale di soddisfazione per ciascuno di essi.