Con la sentenza in commento, il Tribunale di Torino -sezione specializzata in materia di impresa- ha respinto la domanda dei soci di minoranza con la quale questi ultimi hanno chiesto che fosse dichiarata invalida, illegittima, nulla o annullabile la delibera di aumento di capitale sociale, approvata con il voto determinante del socio di maggioranza ed amministratore unico, con espressa previsione della sottoscrivibilità mediante compensazione con il credito da restituzione finanziamenti soci.
In particolare, gli attori hanno esposto che:
- l’aumento di capitale era preordinato alla tutela di interessi divergenti da quelli della società poiché i ricorrenti erano stati chiamati a finanziare la società per coprire le conseguenze di comportamenti illeciti del socio di maggioranza-amministratore;
- la delibera mirava alla loro espulsione dalla società o a ridurli ad una soglia di partecipazione ininfluente, inferiore al 10%, tenuto conto del carattere meramente nominale di un aumento di capitale compensato con i crediti da restituzione finanziamento soci.
Il collegio non ha ritenuto ravvisabile nella fattispecie una situazione di conflitto di interessi in quanto l’aumento di capitale è stato deliberato per fare fronte ad oggettive difficoltà economiche della società; a nulla dunque rileverebbero le asserite responsabilità del socio di maggioranza per la situazione in cui si è trovata la società, eventualmente accertabili con specifiche e separate iniziative processuali dei soci di minoranza.
Con riferimento alla censura con cui gli attori hanno lamentato l’abuso di maggioranza (per l’incongruenza tra mezzo utilizzato e fine perseguito) nella delibera dell’aumento del capitale, sostenendo che fosse viziata dall’intento perseguito dal socio di maggioranza di estrometterli dalla compagine sociale, il Tribunale torinese ha sottolineato come nel caso di specie non potesse trovare accoglimento.
In primo luogo poiché la delibera, seppur assunta per consentire al socio di maggioranza di raggiungere anche un interesse proprio, non era idonea a ledere l’interesse della società ma, al contrario, aiutava a sollevare la difficile situazione economico e finanziaria in cui versava la società; in secondo luogo in quanto, come stabilito dal Tribunale di Torino con la pronuncia in data 2 dicembre 2013, “la delibera di aumento di capitale sociale sorretta dalla necessità di ridurre lo stato di indebitamento e sottocapitalizzazione della società non è impugnabile dal socio di minoranza che, a fronte del diritto di opzione riconosciuto a tutti i soci alla pari in proporzione alle partecipazioni possedute, non abbia provato la propria difficoltà a sottoscrivere l’aumento e, dunque, l’impossibilità di esercitare l’opzione medesima”.
Nella specie tale prova non è stata in alcun modo fornita dai soci di minoranza e, per queste ragioni, il Tribunale ha rigettato le domande proposte dagli attori, condannandoli alla rifusione delle spese processuali.