La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Firenze, con la sentenza in epigrafe si sofferma in particolare sull’applicabilità del sequestro conservativo ex 316 c.p.p. a beni sottoposti a vincolo di destinazione secondo le norme civilistiche.
Tra i motivi di ricorso per Cassazione la ricorrente – condannata in primo grado per reati di bancarotta fraudolenta e nei cui confronti la Corte d’Appello di Firenze aveva disposto il sequestro conservativo in favore della parte civile curatela del Fallimento di un immobile sottoposto a vincolo di destinazione – lamentava il mancato rispetto di tale vincolo, apposto sul bene precisamente per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili ad una persona con disabilità. Rilevava, infatti, come l’immobile oggetto di sequestro, in quanto sottoposto a vincolo di destinazione a norma dell’art. 2645-ter c.c. con relativa trascrizione avvenuta anteriormente alla concessione della misura cautelare reale, non fosse suscettibile di pignoramento e conseguentemente non fosse sequestrabile.
I Giudici di legittimità reputano tale tesi erronea, anche alla luce di precedenti arresti giurisprudenziali sul punto. Si tratta della sentenza Culasso (n. 38670/2016), intervenuta per un caso relativo a beni conferiti in un fondo patrimoniale e in occasione della quale le Sezioni Unite della Corte hanno richiamato le ipotesi di inefficacia automatica degli atti a titolo gratuito compiuti dall’imputato-debitore dopo il reato previste dall’art. 192 c.p.; queste ipotesi di c.d. revocatoria penale sono state definite come “configurate per operare come altrettante cause di inefficacia relativa dell’atto dispositivo del bene, atto di per sé valido e tuttavia non opponibile dal colpevole; cause di inefficacia, che ben possono spiegare i loro immediati effetti anche relativamente alla cautela penale, nella sede della emissione e della impugnazione del sequestro conservativo, prima che si converta in pignoramento”. Ancor prima della pronuncia Culasso, con la sentenza Liuzzi (n. 2386/2009), la Sezione II della Suprema Corte, evidenziando come il richiamo dell’art. 192 c.p. all’art. 189 c.p. sia oggi da riferire ai crediti indicati nell’art. 316 c.p.p., ha puntualizzato che, da un lato, in forza dell’art. 192 c.p. tutti gli atti a titolo gratuito posti in essere dall’imputato a partire dal tempus commissi delicti non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato e, dall’altro, che la finalità del sequestro conservativo consiste nell’immobilizzare il patrimonio del soggetto obbligato ad attuare la piena e concreta tutela del danneggiato dal reato per il soddisfacimento del suo credito risarcitorio in attesa dell’esito dell’azione revocatoria. Dello stesso avviso – sottolineano gli Ermellini – è la giurisprudenza delle Sezioni Civili della Corte che, chiamate a pronunciarsi sull’art. 192 c.p. (Sez. III, sentenza n. 23158/2014), hanno individuato il fondamento della norma nell’esigenza di attribuire specifica tutela ai crediti derivanti da reato e riconosciuto la sua proiezione anche sul piano della tutela cautelare.
Alla luce dei convergenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità sia penale che civile, i Giudici della V° Sezione hanno dunque concluso affermando che non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato gli atti a titolo gratuito posti in essere dall’imputato successivamente al tempus commmissi delicti.