Con la sentenza n. 30814/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell’ingresso nel processo tributario del giudicato penale di assoluzione, alla luce dell’innovato assetto di disciplina delineato dall’art. 21-bis, D. Lgs. n. 74/2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, D. Lgs. 87/2024 ed in vigore dal 29 giugno 2024.
La novella si colloca nel solco di un intervento legislativo teso alla razionalizzazione del sistema punitivo tributario, attraverso la predisposizione di un regime sanzionatorio integrato e coordinato con i modelli di fonte amministrativa e penale.
In questa prospettiva, la Riforma ha risolto il dibattito giurisprudenziale in punto di efficacia del giudicato penale nell’ambito processual-tributario, che interpretava la questione del raccordo tra i due procedimenti giurisdizionali in termini di “doppio binario” ovvero di autonomia dei medesimi.
In particolare, l’art. 21-bis cit. dispone che “la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi”.
Dunque, ai fini della applicabilità della disposizione de qua, si richiede la contestuale sussistenza dei seguenti requisiti:
- L’assoluzione del contribuente perché il fatto non sussiste ovvero perché l’imputato non lo ha commesso;
- L’identità del soggetto e degli stessi fatti materiali oggetto del processo tributario;
- La riferibilità dell’efficacia ai medesimi fatti controversi.
Nel caso in esame, in una vicenda che aveva ad oggetto la contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti, il contribuente – soccombente in entrambi i gradi di merito – produceva, negli atti del giudizio di legittimità, la sentenza penale di assoluzione emessa, a suo favore, dal Tribunale con attestazione di irrevocabilità.
Sentenza penale che, peraltro, era sopravvenuta alla conclusione del giudizio di appello tributario.
Su queste premesse, la Suprema Corte, ritenendo integrati i presupposti sanciti dal menzionato art. 21-bis, ha dichiarato insussistenti i fatti posti a fondamento della pretesa erariale ed ha accolto il ricorso originario del ricorrente.
Sotto il profilo temporale, la Corte ha chiarito che l’art. 21-bis (perché norma di natura processuale e non già di natura sostanziale) “è applicabile, quale ius superveniens, anche ai casi in cui la sentenza è divenuta irrevocabile prima della operatività di detto articolo” e, alla data della sua entrata in vigore, “risulta ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli è stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule di merito previste dal codice di rito penale”.