La prima Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Di Palma, Rel. Di Marzio) si è espressa in materia di ammissibilità dell’insinuazione al passivo, nella liquidazione coatta amministrativa, per la sorte interessi nel caso in cui essa sia proposta dopo l’iniziale insinuazione per la sola somma capitale.
In particolare, la Suprema Corte, conformandosi ad un precedente orientamento delle Sezioni Unite (SS.UU. n. 6060 del 26 marzo 2015) ha affermato che la tardiva proposizione della domanda di ammissione del credito da interessi moratori rispetto a quella “principale” relativa alla somma capitale non è preclusa, in ragione della differenza della rispettiva causa petendi, dalla definitiva ammissione tempestiva del credito per il capitale.
Ed infatti, il Supremo Collegio ha affermato che la domanda per la sorte capitale e quella relativa agli interessi “salvo che gli interessi costituiscano una mera componente della pretesa già azionata [come nel caso di credito risarcitorio per illecito extra-contrattuale, ndr] costituiscono […] pretese diverse, e quindi separatamente azionabili”, precisando che il principio di inammissibilità di domande nuove rispetto a quelle avanzate in sede di insinuazione al passivo (principio elaborato in relazione alla procedura fallimentare), non è applicabile alla liquidazione coatta amministrativa in quanto lo stato passivo di tale ultima procedura – formato dal commissario liquidatore – “non acquista carattere giurisdizionale ma assolve ad una funzione di mera pubblicità”.