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Editoriali

Liquidazione coatta amministrativa e innovazione tecnologica

8 Novembre 2023
Raffaele Lener
Professore Ordinario di Diritto dei Mercati Finanziari, Università di Roma “Tor Vergata”
Di cosa si parla in questo articolo

(*) 1. Vorrei aprire la discussione con una domanda che rivolgo, prima che ai relatori, a me stesso. Perché ci troviamo, qui, oggi, a parlare di tecnologia e liquidazione coatta amministrativa?

Lo facciamo, evidentemente, perché crediamo che la tecnologia possa rendere più efficienti alcune fasi di questa procedura concorsuale.

Questa prima risposta, nella sua candida semplicità, non soddisfa a pieno. L’auspicio è dunque che la discussione che ho il piacere di moderare offra qualche spunto teorico, ma che anche guardi a soluzione pragmatiche: in che modo la tecnologia può supportare la liquidazione di una banca?

Non stiamo parlando di una liquidazione qualsiasi, ma della procedura concorsuale dell’impresa bancaria. Una procedura che è speciale perché regolata dal codice dell’insolvenza e dal t.u.b. ma anche – e qui sta la differenza con le altre procedure concorsuali – influenzata dal diritto europeo. Questo è un connotato, spesso negletto, di ulteriore specialità della l.c.a.: anche se si tratti di una procedura tutta nazionale, il suo avvio e il suo sviluppo sono oggi indirettamente condizionati dal diritto europeo che ha introdotto la procedura di risoluzione.

La l.c.a. non è più, infatti, l’unico esito di una crisi bancaria. La banca failing or likely to fail può essere risolta, se c’è interesse pubblico. O può essere liquidata, se non c’è interesse pubblico. Ma, e lo abbiamo visto in pratica nel caso delle quattro banche del centro Italia risolte nel 2015, la liquidazione coatta può convivere con la risoluzione. Le quattro banche furono spacchettate in quattro banche-ponte “risolte” e in una banca “cattiva” assoggettata a l.c.a.

A che cosa serve questa digressione? A identificare il mutato contesto in cui la liquidazione coatta delle banche può, oggi, essere avviata. Con il sistema BRRD/SRMR, le banche oggi hanno, necessariamente, piani di risanamento (scritti dalla banca e verificati dal supervisore) e piani di risoluzione (scritti dall’autorità di risoluzione sentito il supervisore).

Prima della crisi in atto, quindi, c’è un importante lavoro di pianificazione della gestione della crisi potenziale – e l’apporto della tecnologia può essere preso in considerazione già da questa fase.

Non è un caso che, quando si tratti di applicazione della tecnologia alla gestione delle crisi bancarie, se ne parli soprattutto a proposito della procedura di risoluzione bancaria.

Tuttavia molte delle considerazioni svolte in quel contesto, almeno con riguardo agli strumenti tecnologici che possano favorire la tempestiva emersione della crisi, valgono anche con riguardo alla liquidazione coatta[1].

Il “motore” della discussione tra accademia e autorità di vigilanza è, più in generale, l’utilizzazione della tecnologia a supporto delle attività di vigilanza sulle banche. Potremmo menzionare molte endiadi: tecnologia e regolazione, tecnologia e supervisione, tecnologia e risoluzione oppure i loro equivalenti discutibili neologismi RegTech, SupTech e ResTech. Senza il vezzo di creare nuovi vocaboli, oggi ci dobbiamo concentrare sull’ultimo miglio della crisi: “tecnologia e liquidazione” quindi o, meglio ancora, “tecnologia per la liquidazione”, che si spera possa essere sempre più ordinata e spedita.

2. Ci si può a questo punto domandare in che modo la tecnologia possa supportare la l.c.a. e, se del caso, a vantaggio di chi.

Nella l.c.a., il ricorso a strumenti di analisi dei dati e di intelligenza artificiale può rendere il procedimento amministrativo più efficiente. Non penso a una efficienza solo quantificabile in termini di tempo (far sì che il procedimento duri meno), ma a fare in modo che la maggiore efficienza del procedimento sblocchi valore in modo più efficiente nell’interesse dei creditori, in particolare dei depositanti (e dei sistemi di garanzia dei depositanti).

Faccio tre esempi di come l’utilizzazione delle tecnologie menzionate possa supportare il supervisore e l’autorità di risoluzione nel prendere decisioni tempestive al momento della emersione di una crisi:

– automazione delle attività di reporting e prima analisi automatizzata (senza intervento umano) delle informazioni che la banca periodicamente invia al supervisore e all’autorità di risoluzione;

– automazione dell’aggiornamento dei piani di risanamento e dei piani di risoluzione, anche grazie al reporting automatizzato di cui ho appena detto. Qui si potrebbe immaginare che alcune sezioni dei piani siano programmate per aggiornarsi automaticamente, ad esempio per tenere conto del deterioramento della posizione di capitale o di liquidità della banca;

– analisi delle tendenze (trend) che possono condurre all’insolvenza, così da consentire a supervisore e autorità di risoluzione la possibilità di assumere determinazioni (meglio informate) circa il failing or likely to fail in un momento che anticipi al massimo l’avvio della procedura. Questo, fuori dai casi di risoluzione, dovrebbe avvenire non già o non solo nell’interesse pubblico, ma anche per evitare di peggiorare le possibilità di recupero dei creditori. Simmetricamente, in questa area la tecnologia potrebbe anche aiutare l’uomo a evitare che la decisione di avviare la procedura sia presa troppo presto (con il rischio di azioni risarcitorie da parte di azionisti e altri investitori, come gli obbligazionisti, della banca).

3. La tecnologia può essere forse ancora più decisiva nel corso del procedimento. Ho trovato poco fa, per caso, un documento della Commissione statunitense per il diritto fallimentare che, nel 1973, suggeriva a Tribunali e curatori di automatizzare alcuni processi interni, verrebbe da dire di back-office, della procedura di insolvenza[2]. Tra i vantaggi identificati in quello studio, sono elencate la possibilità di gestire le informazioni in modo centralizzato, il ricorso a modelli statistici per facilitare il riparto, nonché l’automazione di alcune comunicazioni da parte del curatore ai creditori e alle altre parti interessate nel procedimento.

Si tratta di cose che oggi sembrano normali – qualsiasi software di gestione professionale mette a disposizione tecnologie che nel 1973 sembravano avveniristiche anche oltreoceano.

Possiamo oggi accelerare decisamente. Questo mi sembra l’auspicio di un relativamente recente paper del Fondo Monetario che invita ad utilizzare i dati nella gestione delle procedure in insolvenza[3]. Vi si cita come esempio di analisi virtuosa quella condotta dalla Banca d’Italia nella ricerca sulla gestione dei dati relativi alla gestione degli NPL da parte delle banche italiane[4], lasciando intendere che le imprese, in particolare quelle bancarie, potrebbero sviluppare soluzioni congiunte per migliorare l’analisi delle proprie esposizioni, il loro potenziale deterioramento e, per quanto riguarda la fase della l.c.a. il loro potenziale recupero (cioè anticipare l’analisi della percentuale di recupero di un credito in insolvenza, che potrebbe consentire al liquidatore di vendere portafogli di crediti deteriorati o meno a imprese specializzate per velocizzare la chiusura della procedura di l.c.a. in tempi più brevi).

Chissà che l’industria bancaria non possa qui trarre inspirazione per sviluppare soluzioni che consentano di facilitare la liquidazione ordinata. L’incentivo economico che una banca ha a studiare come sarebbe la propria liquidazione e come potrebbe essere resa più efficiente è piccolo se non inesistente, me ne rendo conto. Ma a livello di sistema bancario potrebbe esserci un interesse a studiare soluzioni tecnologiche che siano d’aiuto all’intero settore. Si tratta di studiare per ottenere economie di scala che portino benefici a tutti, in un prossimo futuro (facciamo un esempio concreto: più una crisi bancaria mediante l.c.a. è ordinata, meno si spreca, meglio vengono usati i sistemi di garanzia dei depositi, minore è il costo dei contributi a tali sistemi da parte delle banche).

4. La tecnologia però porta con sé nuove questioni problematiche. Un aspetto che, devo dire, mi preoccupa è quello dell’impatto dell’automazione e dell’intelligenza artificiale sulla discrezionalità di vigilanza.

Un eccesso di automazione può aumentare il rischio che la discrezionalità di vigilanza sia via via ridotta, senza che ce ne accorgiamo, a causa della proliferazione di dati, software e applicazioni che dicono agli esseri umani cosa fare.

Ancora più difficile diventerebbe prendere decisioni che non si uniformano alla strada suggerita dalla tecnologia. Ciò richiederebbe un inusitato sforzo motivazionale: il decisore umano che volesse prendere una decisione che non collima con la decisione suggerita dall’intelligenza artificiale in base a una enorme mole di dati si troverebbe in una posizione estremamente difficile.

Insomma, dobbiamo riflettere in modo approfondito, dando spazio anche a considerazioni di tipo antropologico e, se si vuole, politico a fianco della entusiastica adesione all’idea di un futuro tutto tecnologico.

Un approccio tutto orientato da considerazioni SupTech aumenterà di certo l’obiettività delle decisioni di vigilanza, potrà forse garantire una piena parità di condizioni, con un prezzo da pagare: ridurre il margine di manovra dei supervisori. È la fine dell’umano (ma spesso provvidenziale) “aspetta e vedi” prima di prendere una decisione di vigilanza? Speriamo di no perché’ la vigilanza, sino alla fase di liquidazione, ha e avrà sempre bisogno delle intelligenze umane, supportate ma non sostituite da quelle artificiali.

 

(*) Intervento introduttivo al Workshop “Riforme normative e innovazione tecnologica: prospettive per le procedure di liquidazione coatta amministrativa”, organizzato dall’Unità di Risoluzione e gestione delle crisi della Banca d’Italia, Roma, Centro Congressi “Carlo Azeglio Ciampi”, 9 marzo 2023.

[1] E, infatti, vedi sul punto, sostengono che la tecnologia applicata alla risoluzione può creare efficienze per l’ipotesi in cui la banca non sia risolta, ma liquidata. G. Loiacono, E. Rulli, ResTech: innovative technologies for crisis resolution. In J Bank Regul 23, 227–243 (2022), i quali sostengono che l’applicazione di tecnologie per rendere più efficiente e veloce la risoluzione può giocare alle autorità e alle banche vigilate anche nel caso in cui queste ultime siano liquidate con una procedura ordinaria di insolvenza, che, nel caso italiano, è ovviamente la liquidazione coatta.

[2] M.R. Fiorello, A.B. Mac Innes, An application of automation to bankruptucy administration and process, Santa Monica, 1973, disponibile qui: https://www.rand.org/pubs/reports/R1316.html

[3] IMF Working Paper, The Use of Data in Assessing and Designing Insolvency Systems, Prepared by José Garrido (dir.), Wolfgang Bergthaler, Chanda DeLong, Juliet, Johnson, Amira Rasekh, Anjum Rosha, and Natalia Stetsenko, febbraio 2019

[4] Accornero, M., P. Alessandri, L. Carpinelli and A. M. Sorrentino, “Non-performing loans and the supply of bank credit: evidence from Italy,” Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers) 374, Bank of Italy, Economic Research and International Relations Area, March 2017.

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