Mediante la sentenza de qua la Suprema Corte ha confermato l’orientamento, consacrato anche dalle Sezioni Unite Civili, che afferma la legittimazione passiva dell’ex socio quale successore della società estinta per i giudizi relativi ai rapporti debitori non definiti, e ciò indipendentemente dal fatto che l’ex socio abbia ricevuto somme all’esito della procedura di liquidazione.
Nello specifico, la Corte richiama la sentenza 13 marzo 2013, n. 6070 mediante cui le Sezioni Unite, prendendo posizione sulle tesi che si contrapponevano sul punto nella giurisprudenza di legittimità, ha chiarito che “alla tesi – pur certamente plausibile – che limita il descritto meccanismo successorio all’ipotesi in cui i soci di società di capitali (o il socio accomandate della società in accomandita semplice) abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione” (tesi sostenuta da Cass. 7676/2012; Cass. 7679/2012; Cass. 19453/2012) sembra da preferire la tesi che individua “sempre nei soci coloro che son destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata ma non definiti all’esito della liquidazione”, ferma restando la possibilità dell’ex socio di opporre al creditore, nel merito, il limite di responsabilità derivante da quanto effettivamente ricevuto in base al riparo di liquidazione. Ciò in quanto – continuano le Sezioni Unite – “il successore che risponde solo intra vires dei debiti trasmessigli non cessa, per questo, di essere un successore; e se il suaccennato limite di responsabilità dovesse rendere evidente l’inutilità per il creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò si rifletterebbe sul requisito dell’interesse ad agire (ma si tenga presente che il creditore potrebbe avere comunque interesse all’accertamento del proprio diritto, ad esempio in funzione dell’escussione di garanzie) ma non sulla legittimazione passiva del socio medesimo”.
In linea con l’indirizzo delle Sezioni Unite, la Suprema Corte ha altresì confermato il principio secondo cui deve ritenersi la legittimazione passiva dell’ex socio unico anche qualora quest’ultimo non abbia ricevuto alcuna somma dal riparto di liquidazione, negando l’opposta ricostruzione per cui, in tale ipotesi, verrebbe meno l’interesse ad agire del creditore. L’orientamento della giurisprudenza di legittimità – ha chiarito la Corte – è infatti univoco nel ritenere che “l’interesse ad agire dei creditori sociali non è di per sé escluso dalla circostanza che i soci non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo, ad esempio, sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, si sono trasferiti ai soci” (nello stesso senso: Cass. 9094/2017; Cass. 15035/2017; Cass. 14446/2018; Cass. 897/2019).
Allo stesso modo, la legittimazione dell’ex socio sussiste ad avviso della Suprema Corte anche nel caso in cui l’estinzione della società di capitali intervenga in pendenza del giudizio di cui la stessa sia parte. In tali ipotesi, “l’impugnazione della sentenza resa nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta in quanto il limite di responsabilità degli stessi di cui all’art. 2495 c.c. non incide sulla loro legittimazione processuale ma, al più, sull’interesse ad agire dei creditori sociali”.
Sulla scorta di tali principi, nel caso di specie la Corte di Cassazione ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’integrazione del contraddittorio proposta dall’ex socio il quale, argomentando ex art. 2495, comma 3, c.c. aveva contestato la propria legittimazione passiva in quanto, considerato che il creditore della società estinta può soddisfarsi nei confronti dell’ex socio “solo nei limiti di quanto costui abba ricevuto in sede di liquidazione della società”, e considerato altresì che il controricorrente nulla aveva ricevuto nel riparto finale, non vi sarebbe stata azione legittima da parte del creditore. Il rilievo – osserva la Corte – benché esatto attiene “al merito del diritto del creditore di escutere l’ex socio per il credito sociale; esso, per contro, non vale ad escludere la legittimazione dell’ex socio a stare in giudizio come successore della società originariamente convenuta”.