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Giurisprudenza

Liquidazione straordinaria: interessi post-fallimentari fuori dalla procedura e disciplina della prescrizione

14 Luglio 2020

Cassazione Civile, Sez. I, 09 luglio 2020, n. 14527 – Pres. Didone, Rel. Dolmetta

Di cosa si parla in questo articolo

«Secondo l’art. 55, comma 1, legge fall., la sospensione del decorso degli interessi vale solo all’interno del concorso e non si estende anche ai singoli rapporti correnti tra ciascun creditore ed il fallito. Gli interessi, pertanto, continuano a maturare al di fuori del concorso e dunque nei rapporti tra il singolo creditore e debitore sottoposto a procedura concorsuale».

«La prescrizione degli interessi maturati sui crediti chirografari ai sensi dell’art. 55, comma 1, legge fall., matura anche nel corso dello svolgimento della procedura concorsuale».

«La prescrizione dei crediti da interessi maturati sui crediti chirografari, ai sensi dell’art. 55, comma 1, legge fall., viene interrotta, nella procedura fallimentare, dalla domanda di insinuazione al passivo con effetto permanente per tutto il corso della procedura. Nella diversa ipotesi di amministrazione straordinaria, sottoposta alla disciplina originaria di cui alla legge n. 95/1979, come avviene anche nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, l’esecutività dello stato passivo depositato dal commissario ai sensi dell’art. 209 legge fall. comporta interruzione della prescrizione con effetto permanente, per tutto il corso della relativa procedura concorsuale, anche per i creditori ammessi a diretto seguito della comunicazione inviata dal commissario ai sensi dell’art. 207, comma 1, legge fall.».

Questi i princìpi di diritto espressi dalla Cassazione, che si è pronunciata su una domanda, esperita a da un creditore chirografario a valle della conclusione di una procedura di amministrazione straordinaria, relativa al pagamento degli interessi maturati in costanza della procedura (cd. post-fallimentari), e rispetto a cui era stato eccepito dalla convenuta il decorso della prescrizione.

Il primo principio di diritto si fonda sulla considerazione per cui l’art. 55 l. fall. sia una norma di per sé completa, che determina la sospensione del corso degli interessi soltanto all’interno della procedura; lasciando, per contro, volutamente aperta la loro maturazione nei singoli rapporti fra creditore e debitore. Non può, infatti, a questo riguardo, valere l’argomento dell’inesigibilità temporanea del credito durante la procedura, posto che il sistema conosce altre ipotesi in cui la maturazione degli interessi, che avviene sempre giorno per giorno, decorre nonostante l’inesigibilità del credito (il riferimento corre alla disciplina degli interessi compensativi, cfr. art. 821, 3 c.c. e art. 1499 c.c.).

Del resto – prosegue la Corte – ad opinare diversamente si «verrebbe a determinare un sicuro e oggettivo depauperamento della posizione creditoria: al ricorrere di una situazione – qual è quella del fallimento del debitore – che, in termini di normalità almeno, il creditore non crea, quanto piuttosto subisce; e che comunque, nel contesto del rapporto obbligatorio, resta situazione oggettivamente imputabile, e dunque riferibile, alla posizione debitoria».

La temporanea inesigibilità del credito neppure rileva rispetto al decorso del termine prescrizionale sui riferiti interessi, che infatti corre anche durante la procedura (v. il secondo principio di diritto). In effetti, secondo un orientamento ormai consolidato, il creditore ben potrebbe in via extra-fallimentare, anche durante il corso della procedura, ottenere un provvedimento di condanna da eseguirsi quando il fallito sia tornato in bonis; come, allo stesso modo, potrebbe pure agire giudizialmente rispetto ai beni non compresi nel fallimento (art. 42, 3 comma e 104-ter, 8 comma l. fall.).

L’enunciazione del terzo principio di diritto – con cui è affermata l’idoneità della procedura di verifica del passivo di cui agli art. 207 ss. l. fall. a valere quale evento interruttivo permanente della prescrizione (art. 2945, 2 c.c.), in parallelo rispetto a quanto dispone l’art. 94 l. fall. – si fonda sulla considerazione per cui nel sistema attuale la natura giudiziale dell’istanza proposta dal creditore per far valere il proprio diritto non è una condizione esclusiva, indispensabile, per la produzione dell’effetto permanente della prescrizione ai sensi dell’art. 2945, 2 c.c. In effetti, sono già previste diverse ipotesi in cui l’effetto interruttivo permanente della prescrizione si verifica a seguito della proposizione di un’istanza non giudiziale, come nel caso dell’arbitrato (anche irrituale) o della procedura di mediazione. Una simile conclusione è infatti coerente con il principio per cui la necessità di esperire una procedura giudiziaria – cui può essere, allora, funzionalmente equiparata la previa necessità di esperirne una amministrativa – non deve danneggiare il titolare del diritto.

Infine, secondo la Corte, l’estensione del principio dell’effettivo interruttivo permanente (art. 94 l. fall.) pure ai creditori ammessi a diretto seguito della comunicazione inviata dal commissario ai sensi dell’art. 207, comma 1, legge fall., oltre a giustificarsi sulla base della (diversa) struttura propria della procedura di liquidazione straordinaria, risponde anche ai principi di ragionevolezza e parità di trattamento, posto che «non è pensabile che il creditore – che non ha nulla da obiettare alle risultanze documentali espresse dall’impresa in liquidazione – sia posto in una posizione deteriore (ovvero sia discriminato) rispetto a quella del creditore che tale non viene considerato (anche solo per misura o grado) dalla medesima documentazione. Neppure è pensabile che i creditori ammessi de plano siano posti in posizione diversa e peggiore rispetto a quella di coloro».

 

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