Con sentenza n. 19509 del 23 agosto 2013, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che, in materia di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, laddove l’esponente aziendale e l’istituto di credito propongano congiuntamente opposizione avverso il provvedimento sanzionatolo emesso nei confronti dell’istituto per le violazioni commesse dall’esponente aziendale, con obbligo di regresso, si determini una situazione di litisconsorzio processuale, il quale richiede che il procedimento stesso, come introdotto, venga definito dalla Corte d’appello competente nei riguardi di tutte le parti opponenti.
Ove poi la Corte d’appello, errando, abbia negato la legittimazione dell’esponente aziendale e, come nel caso di specie, abbia poi esaminato la posizione dell’istituto di credito, la cui responsabilità postula l’accertamento della violazione commessa da parte dell’esponente aziendale, la dipendenza esistente tra la posizione dell’istituto di credito e quella degli esponenti aziendali comporta, ove la questione venga devoluta alla cognizione del giudice dell’impugnazione, la necessità della partecipazione di quelle stesse parti al giudizio di impugnazione.
Perché ciò possa utilmente avvenire, la statuizione adottata in primo grado nei confronti dell’istituto di credito, tenuto conto della configurazione del rapporto intercorrente in materia tra esponenti aziendali e istituto di credito, e segnatamente dell’obbligo di regresso stabilito a carico dell’istituto di credito nei confronti degli esponenti aziendali nel caso di accertamento della sussistenza degli illeciti contestati, deve essere rimossa, onde consentire che quel giudizio ritualmente introdotto con l’atto di opposizione anche da parte degli esponenti aziendali, possa svolgersi nei loro confronti senza pregiudizi di sorta derivanti dalla già accertata sussistenza degli illeciti contestati.