Qualora un portafoglio assicurativo comprenda polizze che hanno già scontato l’imposta sul valore dei contratti (c.d. IVCA), ai fini del raggiungimento del limite di versamento dell’imposta sulle riserve matematiche (c.d. IRM) di cui all’articolo 2, comma 1 del D.L. 24 settembre 2002, n. 209, sono computabili anche i versamenti dell’IVCA che dovranno essere eventualmente integrati con il versamento dell’IRM solo ove necessario, in modo da evitare una duplicazione d’imposta.
E’ quanto ha chiarito l’Agenzia delle Entrate in risposta ad un’istanza di interpello presentata da una compagnia assicurativa non residente (risposta n. 244 del 16 luglio 2019; cfr. contenuti correlati).
1. Il caso
Il caso trattato nell’interpello riguarda una compagnia di assicurazioni non residente che opera quale sostituto di imposta in relazione ai redditi di capitale di fonte assicurativa ricompresi nelle prestazioni assicurative erogate, avendo optato per l’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, con conseguente applicazione dell’Imposta sulle riserve matematiche (IRM) sul portafoglio italiano.
Nella fattispecie prospettata, la compagnia istante ha acquisito da un’altra compagnia assicurativa non residente un portafoglio di polizze unit-linked sottoscritte da contraenti residenti in Italia. La compagnia cedente operava in Italia in libera prestazione di servizi senza aver esercitato l’opzione di sostituto d’imposta. Gli adempimenti di sostituzione tributaria sono stati posti in essere da intermediari residenti che, su incarico dei contraenti italiani, hanno applicato e versato l’IVCA ai sensi dell’art. 2 comma sexies del citato DL n. 209/2002 in relazione alla maggior parte dei contratti.
Per effetto dell’acquisizione del portafoglio, la compagnia istante si è quindi trovata a dover applicare e versare l’IRM anche in relazione a polizze che avevano già scontato l’IVCA prima della cessione, ed ha pertanto chiesto all’Agenzia delle Entrate se fosse ragionevolmente possibile fissare un limite al versamento dell’IRM, tenendo conto dell’IVCA precedentemente versata in relazione alle singole polizze.
2. Il parere dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ha delineato in primis i tratti distintivi delle due imposte, evidenziando come l’IVCA condivida sostanzialmente la medesima finalità dell’IRM.
In particolare, l’IRM è applicata in misura pari allo 0,45% del valore delle riserve matematiche dei rami vita (esclusi i contratti relativi al rischio di morte, invalidità permanente o auosufficienza) e, nel caso di specie, grava sulla compagnia estera che si è avvalsa della facoltà di agire in qualità di sostituto di imposta e che la può applicare direttamente ovvero servendosi di un rappresentante fiscale[1]. Tale imposta costituisce un credito di imposta da utilizzare a scomputo per il versamento delle ritenute di cui all’articolo 6 della Legge n. 482 del 1985 e delle imposte sostitutive di cui all’articolo 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, cui sono assoggettati i redditi di capitale derivanti dalle polizze. Se l’ammontare complessivo delle ritenute ed imposte sostitutive da versare in ciascun anno è inferiore all’imposta versata per il quinto anno precedente, allora la differenza può essere utilizzata in tutto o in parte in compensazione delle imposte e contributi ex art. 17 del DLgs n. 241/1997 anche oltre il limite previsto dall’art. 34, comma 1 della Legge 388/2000 (ossia, 700.000 euro) oppure ceduta a società o enti appartenenti allo stesso gruppo con le modalità previste dall’art. 43-ter del DPR 602/1973.
Tuttavia, qualora in un anno l’ammontare del credito di imposta non ancora compensato o ceduto, aumentato dell’imposta da versare, ecceda un determinato limite parametrato allo stock delle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio di esercizio (ad esempio, 1,9% per il 2019), l’IRM da versare per tale anno è ridotta in misura corrispondente[2].
Diversamente dall’IRM, l’IVCA grava sul contraente e viene applicata dall’intermediario (ad esempio, società fiduciaria) che interviene nella riscossione dei redditi di capitale di fonte assicurativa su incarico del contraente o della compagnia assicurativa, qualora quest’ultima non abbia esercitato l’opzione per operare quale sostituto di imposta[3].
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, il limite alla cumulabilità del credito introdotto con riferimento all’IRM dall’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 1 del DL n. 209/2002 si ritiene applicabile in via interpretativa anche all’IVCA[4].
In buona sostanza, la ratio di tale disposizione è quella di introdurre un limite all’accumulo del credito di imposta – parametrato allo stock di riserve matematiche (nell’ipotesi dell’IRM) ovvero al valore del singolo contratto assicurativo (nel caso dell’IVCA), raggiunto il quale non è più necessario effettuare ulteriori versamenti.
L’Agenzia ha quindi ritenuto che ai fini del raggiungimento del limite possano computarsi anche i versamenti dell’IVCA già effettuati in relazione al singolo contratto assicurativo, che, solo ove necessario, potranno essere integrati – fino a concorrenza del suddetto limite – dal versamento dell’IRM. A tali conclusioni può giungersi sia perché l’IRM e l’IVCA perseguono la medesima finalità sia perché il legislatore, con l’introduzione della suddetta soglia ha inteso evitare che il credito di imposta ecceda determinati limiti.
Tale soluzione è stata ritenuta accettabile dall’Agenzia delle Entrate in quanto la compagnia istante, in base alla documentazione prodotta, era nelle condizioni di potere distinguere i contratti assicurativi per i quali era stata versata un’IVCA che non ha determinato il raggiungimento del limite – e per i quali dunque è dovuto il versamento dell’IRM – da quelli per i quali tale limite è stato raggiunto e non sarà, pertanto, necessario un ulteriore versamento della IRM.
Le conclusioni dell’Agenzia delle Entrate consentono di evitare una duplicazione di imposta che potrebbe realizzarsi qualora la compagnia fosse costretta ad applicare l’IRM su contratti che hanno già scontato l’IVCA.
[1] Cfr. l’articolo 1, comma 2 quinquies, del D.L. n. 209 del 2002 e la Circolare n. 41/E del 31 ottobre 2012.
[2] In tal modo, come chiarito nella Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013, il versamento dell’IRM da eseguire in un determinato periodo di imposta, è ridotto fino ad azzerarsi del tutto, in misura pari all’eventuale eccedenza del credito d’imposta, aumentato dell’imposta teorica da versare, rispetto al limite (ad esempio l’1,9% per il 2019) delle riserve iscritte in bilancio.
[3] Cfr. l’articolo 1, comma 2 sexies, del D.L. n. 209 del 2002 e la citata Circolare n. 41/E.
[4] Cfr. la Risoluzione n. 74/E del 6 novembre 2013.