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L’ouverture della MiCAR in Italia: tra antiche incertezze classificatorie e nuovi poteri di vigilanza

24 Settembre 2024

Giorgio Gasparri, Consigliere giuridico del Commissario, Consob

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo fornisce delle prime coordinate ricostruttive rispetto all’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della MiCAR, soffermandosi sui problemi di carattere classificatorio e sui nuovi poteri di vigilanza in materia di crypto-assets.


[*1. Considerazioni introduttive. 

Nel contesto dell’attuale conformazione dei mercati finanziari, i crypto-assets rappresentano una delle principali applicazioni delle Distributed Ledger Technologies (DLTs) e sono, quindi, divenuti sempre più rilevanti.

Data la scarsa chiarezza del loro status normativo e i recenti sviluppi del mercato dei digital assets in generale – si pensi all’ingente aumento della capitalizzazione di mercato di talune criptovalute e alle implicazioni negative per i consumatori e gli altri investitori dei dissesti delle note piattaforme di scambio “Celsius Network LLC”, “Voyager Digital” e “FTX Trading Ltd.” – la Commissione europea ha percepito la necessità di disporre di un quadro legislativo europeo sui crypto-assets che garantisse all’Europa di trarre vantaggio dalle loro opportunità e affrontare adeguatamente i nuovi rischi imposti dai progressi del settore.

Considerata la natura internazionale e decentralizzata del mercato dei crypto-assets, era, inoltre, apparso fondamentale che il legislatore europeo adottasse un regolamento europeo, strumento capace di garantire la massima armonizzazione, creando direttamente facoltà e obblighi in capo ai singoli e vincolando gli Stati membri in tutti i loro elementi, e non solo nell’obiettivo da raggiungere, come è, invece, per le direttive. Il framework normativo europeo costruito intorno al Digital Finance Package del 24 settembre 2020 è stato, pertanto, arricchito dal Regolamento UE n. 2023/1114 sull’ecosistema crypto (Regulation on markets in crypto-assetsMiCAR).

A differenza della V Direttiva antiriciclaggio n. 2018/843 (Anti-money laundering Directive 5 – AMLD 5), che fa ricadere alcuni crypto-assets sotto il comune concetto di “valute virtuali”, la MiCAR presenta un approccio pienamente armonizzato: mentre la soluzione prescelta dalla AMLD 5 ha portato a una frammentazione a livello nazionale della regolazione delle transazioni relative alle “valute virtuali”, la MiCAR mira, infatti, ad assicurare una regolazione uniforme dei crypto-assets estranei all’ambito di applicazione della legislazione finanziaria esistente nell’UE.

La MiCAR rappresenta, pertanto, un nuovo capitolo del modo in cui il Single Rulebook europeo punta a fornire certezza ai traffici giuridici ed economici derivanti dalle operazioni aventi a oggetto i crypto-assets, grazie alla definizione di concetti e regole uniformi applicabili agli emittenti di taluni specifici crypto-assets (crypto-asset issuersCAIs) e ai fornitori di servizi di talicrypto-assets (crypto-asset service providersCASPs). Il Regolamento, infatti, disciplina, per un verso, gli aspetti di trasparenza relativi all’emissione e all’offerta al pubblico di crypto-assets che non siano classificati come prodotti o servizi, ai sensi e per gli effetti della legislazione finanziaria europea vigente (come, ad es., gli strumenti finanziari ai sensi della MiFID 2: art. 2, § 4, lett. a, MiCAR); per altro verso, regola la fornitura di servizi di crypto-assets da parte di soggetti professionali, comprese le imprese finanziarie “tradizionali”, nella prospettiva di salvaguardare la parità di condizioni tra i CASPs stabiliti nei diversi Stati membri dell’UE e gli interessi dei relativi clienti.

Gli obiettivi generali avuti di mira da tale atto normativo sono molteplici: il primo è quello di fornire chiarezza e certezza giuridica per promuovere lo sviluppo sicuro dei crypto-assets e la diffusione dell’impiego delle DLTs; in secondo luogo, sostenere l’innovazione e la concorrenza, creando un quadro favorevole all’emissione e alla fornitura di servizi legati ai crypto-assets; il terzo obiettivo è quello di garantire un elevato livello di protezione degli utenti e l’integrità del mercato; l’ultimo obiettivo consiste nell’affrontare adeguatamente i potenziali rischi per la stabilità finanziaria e la politica monetaria che potrebbero derivare da una maggiore diffusione dei crypto-assets e dalle interconnessioni tra essi e il sistema finanziario.

In termini di contenuto, la MiCAR intende creare una cornice normativa armonizzata per le offerte al pubblico, l’ammissione alla negoziazione su piattaforme di trading, le transazioni e i servizi relativi alle tipologie di crypto-assets (fungibili e trasferibili) da essa specificamente regolati, il tutto senza incidere in alcun modo sull’infrastruttura tecnologica alla base dei mercati di crypto-assets e con una particolare attenzione ai rischi finanziari, all’integrità dei mercati e, in futuro, alla stessa stabilità finanziaria unionale.

La MiCAR avrà, quindi, un forte impatto sulla “criptosfera” europea: il fatto che lo strumento legislativo prescelto sia un regolamento europeo è chiaramente funzionale a impedire l’introduzione da parte dei singoli Stati membri di norme in contrasto con quelle, più rigorose, poste a livello unionale, escludendo, per l’effetto, ogni possibile profilo di “gold-plating”, potenzialmente in grado di ostacolare l’ulteriore sviluppo del settore crypto. Una scelta simile consentirà probabilmente all’UE di esercitare un’influenza profonda, ancorché diretta, persino oltre confine, in forza del fenomeno oramai noto come “Brussels effect”, che vuole che l’UE riesca a plasmare indirettamente il contesto normativo internazionale senza bisogno di ricorrere a imposizioni, ma semplicemente per via del fatto che quanti vorranno entrare nel mercato dell’UE dovranno adattarsi alle nuove regole.

2. Ambito applicativo oggettivo della MiCAR e problemi di collocazione tassonomica dei prodotti finanziari “atipici”.

Con l’aumento delle offerte e delle attività di trading di digital assets – ora regolati quali crypto-assets ai sensi della MiCAR ovvero ricadenti nei tradizionali regimi finanziari dell’UE – crescono anche gli interrogativi sulle condizioni in base alle quali un asset digitale sarà trattato, ai fini della MiCAR, come un crypto-asset ovvero come uno “strumento finanziario” alla stregua della tradizionale legislazione dell’UE in materia di servizi finanziari (con particolare riferimento ai plessi normativi MiFIRMiFID 2, IFRIFD, AIFMD, UCITS, nonché EMIR, SFTR e Regolamento Prospetto).

In effetti, dopo la piena entrata in vigore della MiCAR, quindi essenzialmente a partire dal 2025 (le sole previsioni di cui ai Titoli III e IV della MiCAR, relative all’offerta al pubblico e all’ammissione alla negoziazione di ARTs ed EMTs, sono, infatti, applicabili sin dal 30 giugno scorso), vi saranno tre categorie di crypto-assets:

  • quelli classificati come strumenti finanziari, ai sensi della MiFID 2;
  • i crypto-assets regolati dallaMiCAR;
  • i crypto-assets che, non rientrando tipologicamente nello scope della normativa finanziaria tradizionale né della MiCAR, ricadranno, eventualmente, nell’alveo normativo della moneta elettronica (EMD 2) e dei servizi di pagamento (PSD 2) ovvero nell’ambito della tutela consumeristica esistente.

In sostanza, mentre la definizione usuale di crypto-assets copre tutt’e tre le suelencate categorie, l’alveo della MiCAR ne esclude due (ossia quelle sub I e III): sarà, dunque, fondamentale per i CAIs e per i CASPs qualificare correttamente i crypto-assets. A tal fine, accademici e professionisti utilizzano comunemente un approccio che, facendo leva sul criterio della funzione economica, li suddivide in utility tokens, payment tokens e security tokens. La MiCAR, tuttavia, si allinea solo parzialmente a una simile categorizzazione, a causa della diversità del design e dei diritti associati ai crypto-assets da essa regolati.

Innanzitutto, la MiCAR (art. 3, § 1, n. 5) definisce un crypto-asset come una rappresentazione digitale di un valore o di un diritto che può essere trasferito e memorizzato elettronicamente, utilizzando la tecnologia a registro distribuito o una tecnologia analoga.

Tale vasto insieme è, poi, suddiviso in tre sottocategorie (considerando n. 18).

In primo luogo, gli Asset-referenced tokens – ARTs: si tratta di crypto-assets fungibili, seriali, negoziabili e redimibili, che non sono token di moneta elettronica (Electronic money tokensEMTs) e che mirano a mantenere un valore stabile, facendo riferimento a un altro valore o diritto o a una combinazione dei due, comprese una o più valute ufficiali. Gli emittenti di ARTs garantiscono ai possessori un diritto al riscatto al NAV e, all’uopo, costituiscono e mantengono una riserva di attività (separata dal patrimonio dell’emittente e dalla riserva di attività di altri token) a garanzia dei possessori stessi (artt. 39 ss.).

In secondo luogo, gli EMTs: sono un tipo di crypto-asset che mira a mantenere un valore stabile, facendo riferimento al valore di una sola valuta ufficiale, nel rispetto di specifiche norme che salvaguardano il controvalore dei fondi versati, al fine di offrire in ogni momento ai detentori la garanzia del rimborso al valore facciale.

Lo scopo degli ARTs e degli EMTs è, dunque, analogo: si tratta di stablecoins (ad es., Tether e USD Coin) dirette a mantenere stabile il più possibile il loro valore. Tuttavia, mentre gli EMTs si riferiscono al valore di un’unica valuta ufficiale e sono, quindi, considerati e-money ai sensi della Direttiva 2009/110/CE (e-Money Directive – EMD 2) – in quanto fungono normalmente da mezzi di pagamento, rimborsabili su richiesta al valore nominale della singola valuta ufficiale a cui si riferiscono (considerando n. 18 e artt. 48, § 2, e 49) – gli ARTs costituiscono mezzi di pagamento o di scambio maggiormente problematici, potendo riferirsi al valore di diverse valute ufficiali, ad altri valori, attivi o diritti, o a combinazioni di questi, ed essendo caratterizzate dalla presenza di meccanismi di stabilizzazione del valore basati su riserve effettive di attivi finanziari liquidi, che danno ai detentori il diritto di chiedere in qualsiasi momento il rimborso al valore di mercato degli attivi a cui si riferiscono i token. Ciò rende gli ARTs un asset-linked stablecoin, quindi strutturalmente più flessibile, ma esposta agli elevati rischi connessi con le possibili oscillazioni di valore degli attivi di riferimento, la cui liquidabilità è oggetto di presìdi e restrizioni, e con l’assenza di una garanzia di rimborso al valore nominale.

Da ultimo, vi sono i crypto-assets diversi dagli ARTs e dagli EMTs (cosiddetti “other than”): tale categoria non ha un’ulteriore definizione generale, comprendendo l’amplissimo novero di “tutti gli altricrypto-assets fungibili, trasferibili (con conseguente possibile creazione di un mercato secondario), aventi un emittente identificato (non, quindi, le criptovalute unbacked come “Bitcoin” ed “Ether”) e non espressamente esclusi dall’ambito di applicazione della MiCAR. Magna pars di tali crypto-assets è costituita proprio dagli utility token, definiti come quei crypto-assets destinati unicamente a fornire l’accesso a un bene o a un servizio prestato dal suo emittente (come, ad es., quegli utilizzabili sulle piattaforme di gaming). Trattandosi di una categoria definita solo in negativo, a meno che un crypto-asset non rientri chiaramente nelle definizioni di ART o EMT, resterà, di volta in volta, dubbio se esso rientri nella definizione, quantomeno, di altre categorie giuridiche già presenti nell’ordinamento, tra cui, in particolare, in quella degli strumenti finanziari ex MiFID 2. A tale riguardo – anche sulla scorta delle Guidelines dell’ESMA di cui si dirà in appresso – un utility token è tale ove garantisca un impiego pratico all’interno di un ecosistema basato sulla DLT (aut similia), senza comportare il possesso di diritti di governance che replichino i diritti tipicamente annessi agli strumenti finanziari.

Ciò posto, la MiCAR delinea un regime ispirato a un certo gradualismo, poiché prevede un regime minimale per i tokenother than (artt. 4 e 5: obblighi di notifica del white paper alle NCAs da parte dell’offerente, in Italia alla CONSOB, e regole di condotta e di informativa a tutela del pubblico); regime che diviene più rigido per gli ARTs (su cui, in Italia, vigileranno la Banca d’Italia e la CONSOB, alla stregua dell’art. 3 del recente d.lgs. n. 129/24 per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della MiCAR) e, poi, è ulteriormente rafforzato nel caso degli EMTs (oggetto della supervisione, in Italia, della sola Banca d’Italia).

Inoltre, ARTs ed EMTs possono essere classificati come significant ARTs (SARTs) o significant EMTs (SEMTs), previa determinazione dell’EBA, qualora soddisfino i criteri delineati al considerando n. 59 e agli artt. 43, § 1, e 56, § 1 (in punto di clientela, valore del token, numero e valore delle operazioni che li riguardano, entità degli attivi oggetto di riserva, numero di Stati membri in cui sono utilizzati), nel qual caso le legal entities emittenti saranno soggette a requisiti ancora più ampi e penetranti.

Con riferimento all’emissione e/o alla negoziazione di ciascuna di tali tipologie di crypto-assets assume rilevanza la pubblicazione di un white paper (art. 6): un documento predisposto dall’emittente e/o offerente, che deve recare informazioni corrette, chiare e non forvianti, relative, in sostanza, all’emittente e/o offerente, alle caratteristiche dello specifico token (compresi i diritti che esso attribuisce al detentore e gli obblighi in capo all’emittente o all’offerente), nonché ai rischi associati.

I token per i quali le ragioni di utilizzo superino quelle di investimento (o di scambio) – in quanto la loro potenziale natura finanziaria è esclusa, per effetto dell’assenza del carattere della fungibilità, della serialità (standardizzazione) e della negoziabilità – non sono presi in considerazione dalla MiCAR (considerando n. 26). Parimenti esclusi sono i crypto-assets unici e non fungibili con altri, come, ad es., certi utility token intrasferibili, che consentono solo ai titolari di accedere a un particolare servizio commerciale (fisico o virtuale), o altri tipi di non-fungible token (NFTs), che conferiscono diritti di uso o di godimento su oggetti (fisici o digitali) specifici e identificati (considerando nn. 17 e 10). Sono, infine, escluse dall’ambito di applicazione della MiCAR le valute emesse in forma digitale dalla BCE ovvero dalle BCN degli Stati membri dell’UE (le cosiddette Central Bank Digital CurrenciesCBDCs).

La questione della classificazione giuridica dei crypto-assets diventa, quindi, cruciale per identificare sia la disciplina pertinente sia la categoria di operatori di mercato autorizzati a gestirli, dal momento che sono le specifiche caratteristiche di ogni crypto-asset a determinare il regime normativo applicabile.

Definire la linea di demarcazione tra gli strumenti finanziari (ex art. 4, § 1, n. 15, MiFID 2) basati sulla DLT (aut similia) e i crypto-assets inclusi nello scope della MiCAR non è, tuttavia, un compito facile: ex art. 8, § 4, MiCAR è responsabilità dell’offerente di crypto-assetsother than” includere tra gli elementi informativi del white paper una descrizione del tipo di crypto-asset offerto al pubblico e la motivazione della sua inclusione nell’ambito di applicazione della MiCAR; nel caso degli ARTs, ciò avverrà per il tramite di un parere legale presentato unitamente alla richiesta di autorizzazione all’NCA (in Italia, la Banca d’Italia, previa intesa con la CONSOB sui profili di competenza), ex artt. 18, § 2, MiCAR, e 11, d.lgs. n. 129/24.

Si tratta di difficoltà ampiamente prese in considerazione dalla MiCAR, considerata la previsione (art. 2, § 5) in forza della quale, entro il 30 dicembre prossimo, l’ESMA – come anticipato – è tenuta a emanare apposite guidelines sulle condizioni e sui criteri per qualificare i crypto-assets come strumenti finanziari, ai fini dell’esenzione di cui all’art. 2, § 4, lett. a. Gli offerenti o le persone che chiedono l’ammissione alla negoziazione sono, infatti, i principali responsabili della corretta classificazione, la quale potrebbe essere contestata dalle NCAs, sia prima della data di pubblicazione dell’offerta, sia in qualsiasi momento successivo (considerando n. 14). Come noto, ciò dipende dalla difficile definizione della nozione di “strumento finanziario”, che, eccezion fatta per i titoli esemplificativamente riportati nell’elenco di cui all’Allegato n. 1, sez. c, della MiFID 2, discende dalla valutazione svolta, caso per caso, con riferimento alle caratteristiche che incidono sulla “negoziabilità” nel mercato dei capitali.

Il 29 gennaio scorso, l’ESMA ha, per l’appunto, diffuso l’atteso documento di consultazione, intitolato “Consultation paper on the draft Guidelines on the conditions and criteria for the qualification of crypto-assets as financial instruments”, diretto a raccogliere i contributi del mercato, pervenuti entro il successivo 29 aprile, in merito alle norme proposte sulle condizioni e i criteri per qualificare i crypto-assets come strumenti finanziari. L’ESMA, peraltro, si è limitata a prospettare taluni criteri che le NCAs dovrebbero tenere in considerazione per valutare la natura giuridica di un crypto-asset, senza compiere l’atteso passo di procedere, essa stessa, a una standardizzazione dell’approccio interpretativo armonizzato, in ordine al concetto di “valori mobiliari” (“transferable securities”). Per l’ESMA, la qualificazione giuridica dei crypto-assets come strumenti finanziari resta una questione da risolvere caso per caso, secondo un approccio prudente, che privilegi la sostanza sulla forma, abbracciando una prospettiva tecnologicamente neutrale (considerando n. 9), senza che l’esistenza di una aspettativa di profitto (la ben nota componente “speculativa”) possa, di per sé, condurre a qualificare un crypto-asset come strumento finanziario. Gli strumenti finanziari tokenizzati dovrebbero, pertanto, in forza del principio di neutralità tecnologica, continuare a essere considerati strumenti finanziari in ogni contesto normativo rilevante. La stessa ESMA è, del resto, costretta a registrare a più riprese l’evanescente cornice lessicologica – rimessa, in buona sostanza, all’apprezzamento individuale degli operatori – che caratterizza i confini applicativi delle fattispecie rilevanti secondo la MiFID 2: «MiFID II refers to “classes of securities” but the term “class” is not defined by the EU financial regulations»; «The term “securities” is also not defined by MiFID II»; «there is currently no definition in Union law of negotiability»; «the term “capital market” is not explicitly defined in MiFID II»; «the term “asset” is not defined within MiFID II». Si aggiunga, poi, che la questione se i crypto-assets aventi diritti simili a quelli dei contratti derivati finanziari, ma regolati utilizzando crypto-assets, EMTs o ARTs (anziché denaro contante), possano o meno essere qualificati come derivati ai sensi della MiFID 2 non ha ancora formato oggetto di riflessioni conclusive da parte dell’ESMA.

Sempre a proposito dello spinoso tema della tassonomia, la MiCAR stabilisce altresì che, entro il 30 dicembre prossimo, le ESAs emanino un set di Joint Guidelines volte a specificare il contenuto e la forma della spiegazione che accompagna il white paper sui crypto-assets (di cui al ricordato art. 8, § 4, MiCAR) e dei pareri legali sulla qualificazione degli ARTs (di cui all’art. 17, § 1, lett. b, punto ii, e al richiamato art. 18, § 2, lett. e). Le Guidelines includono un template per la spiegazione e per il parere legale, nonché un test standardizzato per promuovere un approccio comune alla classificazione regolamentare dei crypto-assets (art. 97, § 1, MiCAR). Il 12 luglio scorso, le ESAs hanno giust’appunto posto in consultazione una bozza di tali Joint Guidelines.

L’art. 97, § 2, vuole, poi, che leESAs promuovano una discussione tra le NCAs sulla classificazione dei crypto-assetsin scope” e “out of scope” della MiCAR, identificando altresì le fonti di potenziali divergenze negli approcci adottati dalle NCAs riguardo alla classificazione e, per quanto possibile, favorendo un common approach al riguardo.

Si consideri, inoltre, che l’art. 97, § 3, consente alle NCAs dell’home country e dell’host country di chiedere all’ESA volta a volta competente un parere sulla classificazione dei token, compresi gli NFTs.

Giova, infine, evidenziare che le ESAs, ex art. 97, § 4, sono tenute a redigere congiuntamente una relazione annuale, basata sulle informazioni contenute nel Registro dei white paper di cui all’art. 109 e dei risultati delle attività sopraindicate, volto a enucleare le difficoltà incontrate nella classificazione dei crypto-assets e le divergenze emerse negli approcci adottati dalle NCAs.

Stante, quindi, la perdurante assenza dell’agognata omogeneizzazione tassonomica a livello europeo o, comunque, l’allontanarsi della desiderata prospettiva di definitiva standardizzazione, armonizzazione e level-playing field, gli operatori di mercato si vedranno costretti a continuare a disaminare accuratamente le pieghe dei regimi normativi vigenti in ogni giurisdizione dell’UE, onde evitare il rischio di relabelling dei token in chiave finanziaria “in senso classico”, secondo gli incerti approcci giuridici tempo per tempo abbracciati delle varie NCAs, che potrebbero finire per rispedire nel regulatory framework del “passato analogico” (in Italia – come noto – popolato anche dai prodotti finanziari “atipici” ex art. 1, co. 1, lett. u, TUF) token che si pensavano, invece, proiettati nel più vibrante contesto regolatorio del “futuro digitale” della MiCAR. Si aggiunga che la disciplina di tali delicati profili attraverso un set di disposizioni tipicamente non vincolanti – quali le guidelines L3 – appare foriero di ulteriori possibili discrepanze tra gli Stati membri, nell’ambito di una vivace e tesa concorrenza cross-border della quale l’UE non sembra ancora potersi liberare facilmente.

La mancanza di una definizione chiara e univoca degli “strumenti finanziariex MiFID 2 – che sono notoriamente oggetto di un’elencazione flessibile e non rappresentano un numerus clausus – porta l’emittente e l’offerente a correre il rischio di trovarsi in una zona grigia. Dal momento che non esiste un insieme di criteri universalmente accettati per agevolare l’opera di sussunzione dei crypto-assets entro la categoria degli “strumenti finanziari”, l’implementazione di linee-guida complete e la forgiatura di una griglia valutativa uniforme resta opera complicata, che difficilmente potrà adattarsi a tutte le forme digitali di crypto-assets volta a volta ingegnerizzate. Purtroppo, tra i Paesi membri non vi è mai stata uniformità di vedute relativamente a cosa sia uno “strumento finanziario”, un deposito, un deposito strutturato o un’operazione di cartolarizzazione, e ciò perché l’eterogenea trasposizione nei diritti nazionali delle nozioni in questione, recate dalla MiFID 2, non ha mai propiziato un’uniforme interpretazione nei vari Stati membri.

Allo stesso tempo, d’altronde, non sembra saggio perseverare nella frustrante impresa di assecondare un approccio criteriologico frammentario ed episodico, nella fiduciosa attesa che esso possa, miracolosamente, produrre esiti definitivi e condivisi. Si tratta di una preoccupazione che è stata, del resto, condivisa da molti Stati membri già durante la fase di drafting: posto che la scelta di fondo riposa sull’intenzione di lasciare invariata la disciplina applicabile ai token qualificabili in termini di strumenti finanziari, intervenendo, così, con la nuova disciplina a regolare i token per i quali non trovi applicazione una specifica regolamentazione finanziaria preesistente, alcuni Paesi, tra cui il nostro, hanno evidenziato che i chiarimenti riguardanti l’ambito di applicazione di un regolamento europeo – il quale, come nella specie, attribuisca un passaporto europeo ai prodotti e ai prestatori di servizi disciplinati – dovrebbero avvenire con norme L1 o L2; altri Stati hanno considerato preferibili le guidelines L3, unitamente a strumenti di convergenza delle supervisory practices; altri, invece, si si sono attestati su posizioni intermedie, identificando gli strumenti di soft law come un primo step verso una più solida definizione a livello legislativo.

A mitigare il senso di insicurezza (e fors’anche di sfiducia) che viene continuamente generato dal rinnovarsi di questo incerto stato di cose – soprattutto per gli ARTs e ancor più per i token other than” – può forse valere la semplice quanto evidente ragione che una sistematica giuridica di tutti i possibili schemi di crypto-assets – completa, autosufficiente, infallibile e indipendente dalle mutevoli prassi interpretative e operative domestiche – è ontologicamente impraticabile, a causa della loro dimensione “fattuale”, cioè della loro conformazione pre o extra-giuridica, che è in continua, incessante evoluzione, persino dopo l’emissione (potendo, ad es., la causa in concreto ex art. 1325 c.c. acquisire una connotazione finanziaria, inizialmente assente, a seguito della sopravvenuta negoziazione dei token su una trading venue configurabile quale “sistema” ai sensi della MiFID 2).

Si aggiunga che, per operare una qualificazione giuridica, ogni token dev’essere valutato approfonditamente per le sue caratteristiche uniche e le scelte definitorie della legislazione dell’UE, riferendosi a un campo di osservazione in magmatica e incerta evoluzione, potrebbero altresì continuare a scontrarsi con i residui normativi e giurisprudenziali di matrice domestica, che – come nel nostro Paese – implicano anch’essi un approccio sostanzialistico e pragmatico. Pertanto, per il diritto italiano vigente, l’offerta di crypto-assets suscettibili di essere qualificati come prodotti finanziari “atipici”, potrebbe, secondo un certo punto di vista, comportare la persistente applicazione in capo all’offerente dell’obbligo di pubblicare un prospetto informativo, da sottoporre preventivamente al vaglio autorizzativo della CONSOB, nonché di rispettare le prescrizioni del TUF sull’offerta fuori sede e sulla promozione e il collocamento a distanza. Secondo la consolidata interpretazione della CONSOB, infatti, la categoria dei prodotti finanziari “innominati” include tutti quegli schemi di investimento che sono caratterizzati da una serie di elementi essenziali (l’investimento di capitale, la promessa/aspettativa di un rendimento finanziario derivante dal capitale investito e l’assunzione di un rischio finanziario direttamente connesso e collegato all’investimento) che possono essere attribuiti anche ad alcune tipologie di crypto-assets: l’ha riconosciuto, del resto, la stessa CONSOB nel documento di discussione sulle “offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività” pubblicato il 19 marzo 2019, ove si afferma che «vi sono tipologie di token che, per le peculiari caratteristiche, integrano la fattispecie (…) dei prodotti finanziari». Ebbene, in tale ipotesi, secondo tale possibile prospettazione, ai CAIs e ai CASPs si applicherebbero tanto le disposizioni della MiCAR quanto le norme di condotta previste per l’offerta di prodotti finanziari, con un’evidente duplicazione di oneri, considerato che le regole di condotta previste dai due plessi normativi rispondono alle medesime esigenze di tutela degli investitori e hanno ad oggetto obblighi similari (la pubblicazione del prospetto, da un lato, e quella del white paper, dall’altro lato).

Secondo un diverso e più ragionevole punto di vista, che tenga doverosamente conto della primazia del diritto sovranazionale, si dovrebbe, invece, riconoscere alla MiCAR la capacità di disciplinare in modo integrale e assorbente il fenomeno dell’offerta al pubblico dei crypto-assets rientranti nel suo campo di applicazione, i quali, benché diversi dagli strumenti finanziari, siano tuttavia astrattamente qualificabili come prodotti finanziari sub specie di «altra forma di investimento avente natura finanziaria». La MiCAR sarebbe, quindi, destinata a rappresentare l’unico riferimento normativo in forza del quale determinare la sussistenza di obblighi di trasparenza e di condotta per i crypto-assets inclusi nel suo scope, ex art. 3, § 1, n. 5, e contemporaneamente dallo stesso non esclusi, in forza dell’art. 2, § 4, senza che residui più alcuno spazio per un’autonoma valutazione alla stregua dei regimi nazionali sorti e proliferati fuori dall’ambiente MiFID 2, siano essi rappresentati dalla nozione di “prodotto finanziario” attualmente prevista dalla normativa italiana o da nozioni affini, conosciute, ad es., dal diritto tedesco (“Vermögensanlage”), dal diritto austriaco (“Veranlagung”), dal diritto francese (“biens divers”) o dal diritto belga (“instruments de placement atypiques”). In quest’ultima direzione sembra decisamente muoversi lo stesso governo italiano, come si evince dalla lettura del ricordato d.lgs. n. 129/24, recentemente entrato in vigore: la disposizione di cui all’art. 39 stabilisce, infatti, che la disciplina del TUF avente a oggetto i prodotti finanziari non trova applicazione nei confronti dei crypto-assets rientranti nell’ambito di applicazione della MiCAR. Per quanto sintetica, la norma sembra, per l’appunto, rappresentare una deroga generale all’applicazione ai crypto-assets che rientrino nell’ambito di applicazione della MiCAR (quindi, esclusi gli NFTs e le criptovalute “native” bitcoin ed ether) delle norme in materia di prodotti finanziari previste dal TUF (cioè a dire le disposizioni sul prospetto informativo, sull’offerta fuori sede e sulla promozione e collocamento a distanza).

Tale circostanza è confermata dalla lettura della Relazione illustrativa del decreto, la quale, tuttavia, al dichiarato fine di dare seguito alle osservazioni e richieste di chiarimenti pervenute al MEF in fase di pubblica consultazione, si spinge fino al punto di precisare che, stante il primato della MiCAR in materia di crypto-assets, le disposizioni del TUF sull’offerta fuori sede e sulla promozione e collocamento a distanza non trovano in nessun caso applicazione rispetto ai crypto-assets rientranti nello scope della MiCAR, e ciò anche ove gli stessi, in presenza di certe condizioni, ricadano nel perimetro delle esenzioni da tutte o da alcune disposizioni della MiCAR stessa: al fine, vengono esemplarmente menzionate le esenzioni di cui ai §§ 2 e 3 dell’art. 4, MiCAR. Al riguardo, giova, peraltro, considerare che, mentre il primo blocco di esenzioni parziali (dal solo obbligo, cioè, di redazione, notifica e pubblicazione del white paper) attiene al caso di offerte che – rivolgendosi a meno di 150 persone (fisiche o giuridiche) per ogni Stato membro o a soli investitori qualificati – si ritengono (con presunzione assoluta legata alla tipologia o al numero degli oblati) non rivolte al pubblico ovvero – presentando un corrispettivo nell’arco dei 12 mesi dall’inizio dell’offerta inferiore al milione di euro – costituiscono operazioni di importanza economica così contenuta da meritare l’esclusione, in ragione di un bilanciamento tra costi e benefìci della regolazione; il secondo blocco di esenzioni totali (cioè dall’intero regime di emissione di cui al Titolo II) include, oltre agli airdrop di tokenother than” a titolo gratuito, anche il caso in cui tali token siano creati automaticamente (ad es., tramite mining) a titolo di ricompensa per il mantenimento della distributed ledger o per la convalida delle operazioni: condizione in cui, all’evidenza, si trovano i bitcoin. Un simile gioco di rimandi, tutt’altro che cristallino sotto il profilo tecnico, porta, quindi, alla conseguenza – non è chiaro se compresa e voluta fino in fondo dal legislatore delegato – che il collocamento e la diffusione dei token che siano basati su sistemi pubblici crittografici con automatismi di emissione e circolazione (in primis, bitcoin) siano pro futuro esclusi tout court dall’applicazione delle regole sull’offerta al pubblico di prodotti finanziari previste dal TUF e dal Regolamento Emittenti CONSOB, e ciò benché la giurisprudenza italiana (si pensi a Cass. pen., Sez. II, n. 44378/22) e parte della dottrina insegnino come anche i bitcoin ben possano essere considerati un prodotto finanziario atipico (non certo per le loro caratteristiche intrinseche, ma) per le peculiari modalità con cui ne sia attuata la promozione, la commercializzazione o la vendita.

In un contesto disciplinare siffatto, in caso di dubbio in ordine alla presenza dei presupposti per l’applicazione del neonato framework MiCAR alla fattispecie concreta, per i crypto-assets ibridi che abbraccino o assommino multiformi caratteristiche, componenti e finalità tali da assimilarli o quanto meno approssimarli ai prodotti finanziari “innominati” di cui al TUF, l’obiettivo di contribuire ad assicurare il mantenimento di un valido presidio di protezione degli investitori potrà forse continuare a essere raggiunto per effetto di un’interpretazione estensiva del concetto di strumento finanziario: è vero che, mercé l’applicazione del consolidato quadro normativo della MiFID 2, ciò finirà per aggravare gli oneri per l’offerente, ma almeno non si sarà più costretti a giungere al traguardo del “quid juris” percorrendo la tortuosa “terza via” italiana del “prodotto finanziario”.

3. Le funzioni di indagine, di sorveglianza, cautelari e sanzionatorie nel contesto della MiCAR.

Se la MiCAR presenta indubbiamente una ricca messe di problemi esegetici, alcuni dei quali ricadono in un ambito esulante dallo stesso plesso normativo interessato, riguardando più direttamente categorie tradizionali del diritto del mercato dei capitali, occorre dare atto che, nella prospettiva di assicurare la certezza del diritto, la protezione dei consumatori e degli investitori, l’integrità del mercato e la stabilità finanziaria, la MiCAR ha previsto un sistema tendenzialmente completo di poteri e controlli da parte delle autorità di vigilanza europee e nazionali, a garanzia dell’applicazione uniforme ed efficace delle nuove disposizioni.

Attraverso interventi preventivi (di supervision) e successivi (di enforcement) la MiCAR delinea una sorveglianza dinamica fatta di attività di controllo, coordinamento e sanzionatorie, finalizzate ad assicurare condizioni operative uniformi nell’ambito eurounitario. In tale contesto, l’EBA e l’ESMA svolgono un ruolo di coordinamento tra le NCAs, in vista della promozione di una cultura comune della vigilanza e di procedure e prassi il più possibile uniformi.

Il ruolo centrale delle autorità di vigilanza, confermato dalla MiCAR, è cruciale per la regolazione dei crypto-assets: l’ESMA – come detto – è incaricata di fornire guidelines e di contribuire a vario titolo alle attività finalizzate a regolare i confini tra crypto-assetsin scope” e “out of scope”, mentre, in un’ottica di coordinamento e approccio comune, le ESAs devono promuovere discussioni e pareri per facilitare l’interpretazione e l’applicazione della normativa, inclusa la classificazione dei crypto-assets proposta dagli offerenti o dai richiedenti l’ammissione alla negoziazione, i quali ultimi sono responsabili della corretta classificazione, che può essere sine die contestata dalle NCAs.

Onde bilanciare l’approccio classificatorio basato sulla prevalenza della sostanza sulla forma (substance over form), l’EBA e l’ESMA sono incaricate di elaborare draft regulatory technical standards (RTS) che garantiscano un’applicazione coerente della MiCAR e una protezione adeguata per i possessori di crypto-assets e i clienti dei CASPs, specialmente se consumatori, con segnato riferimento ai seguenti ambiti tematici:

  • contenuto, metodologie e presentazione delle informazioni presenti nei white papers richiesti e informazioni contenute nella domanda di autorizzazione come emittente di ARTs;
  • requisiti, modelli e procedure per la gestione dei reclami;
  • requisiti per le politiche e le procedure in ipotesi di conflitti di interesse degli emittenti di ARTs;
  • informazioni contenute nelle domande di autorizzazione dei CASPs;
  • contenuto, metodologie e presentazione delle informazioni che il CASP mette a disposizione del pubblico e che sono relative ai principali impatti negativi sul clima e ad altri effetti negativi connessi all’ambiente dei “meccanismi di consenso” utilizzati per emettere ciascun token in relazione alla quale prestano servizi;
  • misure volte a garantire la continuità e la regolarità della prestazione dei servizi per i crypto-assets e registrazioni da tenere di tutti i servizi, gli ordini e le operazioni effettuati;
  • requisiti per le politiche volte a individuare, prevenire, gestire e comunicare i conflitti di interesse dei CASPs, nonché i dettagli e la metodologia per il contenuto di tale comunicazione;
  • informazioni che le NCAs sono tenute a scambiarsi.

Per quanto riguarda, più specificamente, i poteri di vigilanza e di indagine delle NCAs (che, secondo il citato art. 3, d.lgs. n. 129/24, in Italia sono rappresentate dalla CONSOB e dalla Banca d’Italia), per lo svolgimento dei compiti alle stesse assegnati dalla MiCAR l’art. 94 contiene un’ampia elencazione, fermi restando i poteri attribuiti alle due autorità (e alle altre autorità competenti) dal TUF, dal TUB e dalle ulteriori disposizioni di legge applicabili. In particolare, due tipologie di controlli possono essere esercitati dalle NCAs, eventualmente in collaborazione con altre autorità (ad es., competenti in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo – AML/CFT): i poteri strettamente connessi alla disciplina dei crypto-assets in senso stretto e quelli, ulteriori, derivanti dalla funzione di prevenzione e repressione degli abusi di mercato.

Con riferimento alla prima tipologia di poteri (comma 1), alle NCAs è riconosciuto:

  • il potere di imporre:
    • a qualsiasi persona di fornire informazioni e documenti ritenuti rilevanti per l’esercizio delle proprie funzioni (lett. a), nel nostro Paese anche procedendo ad audizione personale;
    • nei casi di revoca di autorizzazione di un CASP, ex 64 MiCAR, il trasferimento dei contratti esistenti a un altro CASP, previo accordo dei clienti e del CASP al quale devono essere trasferiti i contratti (lett. g);
    • agli offerenti, alle persone che chiedono l’ammissione alla negoziazione di crypto-assets o agli emittenti di ARTs o di EMTs di:
      • modificare il white paper, qualora ritengano che sia privo delle informazioni richieste dalla normativa (lett. i);
      • modificare le comunicazioni di marketing, ove ritenute non conformi ai requisiti stabiliti dalla MiCAR (lett. j);
      • includere informazioni aggiuntive nei white papers, ove necessario per la stabilità finanziaria o per la tutela degli interessi dei possessori, in particolare dei detentori retail (lett. k);
    • agli offerenti, alle persone che chiedono l’ammissione alla negoziazione di crypto-assets, agli emittenti di ARTs o di EMTs, o ai pertinenti CASPs, di cessare o sospendere le comunicazioni di marketing per un massimo di 30 giorni lavorativi consecutivi, ogni volta in cui vi siano fondati motivi di sospettare violazioni della MiCAR stessa (lett. q);
    • la rimozione di una persona fisica dall’organo di amministrazione di un emittente di un ART o di un CASP (lett. y);
    • a un emittente di ARTs o di EMTs di introdurre un importo nominale minimo o di limitare l’importo emesso (lett. ab);
  • il potere di sospendere, provvisoriamente e transitoriamente, in via cautelare:
    • (o esigere che un CASP sospenda) la prestazione di servizi e per un massimo di 30 giorni lavorativi consecutivi:
      • ogni qualvolta vi siano fondati motivi di sospettare la violazione della MiCAR (lett. b);
      • qualora ritengano che la situazione del CASP sia tale che la prestazione del servizio pregiudicherebbe gli interessi dei clienti, in particolare dei detentori retail (lett. f);
    • l’offerta al pubblico o l’ammissione alla negoziazione di crypto-assets per un massimo di 30 giorni lavorativi consecutivi, ogni qualvolta vi siano fondati motivi di sospettare violazioni della normativa (lett. l);
    • (o esigere che un CASP che gestisce una piattaforma di negoziazione sospenda) la negoziazione per un massimo di 30 giorni lavorativi consecutivi, ogni qualvolta vi siano fondati motivi di sospettare che la MiCAR sia stata violata (lett. n);
    • (o vietare le comunicazioni di marketing), qualora vi siano fondati motivi di sospettare violazioni della MiCAR (lett. p);
    • (o imporre al CASP che gestisce la piattaforma di negoziazione di crypto-assets di sospendere) i crypto-assets dalla negoziazione, qualora ritengano che la situazione dell’offerente della persona che chiede l’ammissione alla negoziazione o dell’emittente di un ART o di un EMT sia tale che la negoziazione pregiudicherebbe gli interessi dei possessori di crypto-assets, in particolare dei detentori retail (lett. t);
  • il potere di vietare:
    • la prestazione di servizi per i crypto-assets, qualora sia accertata la violazione della MiCAR (lett. c);
    • l’offerta al pubblico o l’ammissione alla negoziazione di crypto-assets, ove si accerti o vi siano fondati motivi di sospettare la violazione della MiCAR (lett. m);
    • la negoziazione di crypto-assets su una piattaforma di negoziazione, qualora si accerti o vi siano fondati motivi di sospettare violazioni della normativa (lett. o);
  • il potere di rendere di dominio pubblico direttamente:
    • (o esigere che un CASP renda pubbliche) tutte le informazioni rilevanti che potrebbero influire sulla prestazione dei servizi interessati, al fine di garantire la tutela degli interessi dei clienti, in particolare dei detentori retail, o il regolare funzionamento del mercato (lett. d);
    • il mancato rispetto da parte del CASP dei propri obblighi (lett. e);
    • il mancato adempimento dei propri obblighi da parte di un offerente, una persona che chiede l’ammissione alla negoziazione o un emittente di un ART o di un EMT (lett. r);
    • (o esigere che l’offerente, la persona che chiede l’ammissione alla negoziazione o l’emittente di un ART o di un EMT renda pubbliche) tutte le informazioni rilevanti che possono influire sulla valutazione del token offerto al pubblico o ammesso alla negoziazione, al fine di garantire la tutela degli interessi dei possessori di tali crypto-assets, in particolare dei detentori retail, o il regolare funzionamento del mercato (lett. s);
  • il potere di ordinare:
    • la cessazione immediata dell’attività senza preavviso o imposizione di un termine, qualora vi sia motivo di presumere che una persona stia prestando servizi per i crypto-assets senza autorizzazione (lett. h);
    • la cessazione immediata dell’attività senza preavviso o imposizione di un termine, qualora vi sia motivo di presumere l’emissione di ARTs o EMTs senza autorizzazione o che una persona stia offrendo crypto-assets o chiedendo l’ammissione alla negoziazione di crypto-assets diversi dagli ARTs o EMTs senza aver notificato un white paper (lett. u);
  • il potere di adottare:
    • qualsiasi tipo di misura per garantire che un offerente o una persona che chiede l’ammissione alla negoziazione di crypto-assets, un emittente di ARTs o EMTs o un CASP rispetti la MiCAR, anche chiedendo la cessazione di qualsiasi pratica o condotta che le NCAs reputino contraria alla normativa (lett. v);
    • tutte le misure necessarie, anche chiedendo a soggetti terzi o a un’autorità pubblica di attuare tali misure, laddove non siano disponibili altri mezzi efficaci per far cessare la violazione della MiCAR e al fine di evitare il rischio di danneggiare gravemente gli interessi dei clienti o dei possessori di crypto-assets (lett. aa):
      • a rimuovere i contenuti o limitare l’accesso ad un’interfaccia on-line o imporre la visualizzazione esplicita di un’avvertenza rivolta ai clienti e ai possessori di crypto-assets nell’accesso a un’interfaccia on-line;
      • a imporre ai prestatori di servizi di hosting di sopprimere, disabilitare o limitare l’accesso a un’interfaccia on-line;
      • a imporre ai registri o alle autorità di registrazione del dominio di cancellare un nome di dominio completo e consentire all’autorità competente interessata di registrarlo;
    • il potere – funzionale al pieno, effettivo e puntuale espletamento dei poteri di vigilanza e di indagine – di effettuare ispezioni o indagini in loco, in siti diversi dalle residenze private di persone fisiche, e, a tal fine, entrare nei locali, allo scopo di avere accesso a documenti e altri dati in qualunque forma (lett. w) ovvero di esternalizzare verifiche o indagini a revisori o esperti (lett. x), ove sussistono particolari necessità (che, se concernenti l’affidabilità dei presìdi IT e cibernetici, comportano, in Italia, il rebate delle relative spese a carico del soggetto vigilato, ad instar di quanto previsto dall’art. 20, u.c., d.l. n. 25/23, conv. in l. n. 52/23, nonché già dall’art. 62-septies, co. 2, TUF);
    • il potere di chiedere a qualsiasi soggetto di adottare misure per ridurre l’entità della propria posizione o esposizione in relazione a crypto-assets (lett. z).

In Italia, i poteri ispettivi sono esercitabili anche nei confronti dei terzi con i quali gli issuers di ARTs abbiano stipulato accordi per la gestione della reserve of assets, per l’investimento e la custodia dei reserve assets e per la distribuzione al pubblico degli ARTs, nonché di coloro ai quali i CASPs e gli emittenti di ARTs abbiano esternalizzato funzioni aziendali. Inoltre, le ispezioni presso soggetti diversi da quelli appena indicati, nonché dall’offerente, dalla persona che chiede l’ammissione alla negoziazione di crypto-assets, dall’emittente di un ART o di un EMT e dai CASPs sono ammissibili soltanto previa autorizzazione del PM.

In aggiunta, la Banca d’Italia e la CONSOB, secondo le rispettive competenze e previo parere obbligatorio, esercitano i poteri cautelari ex art. 102 MiCAR nei confronti dei soggetti che prestano servizi in via transfrontaliera (offerenti o richiedenti l’ammissione alla negoziazione di crypto-assets, issuers di ARTs, CASPs), ferma restando la competenza esclusiva della Banca d’Italia a esercitare gli stessi poteri nei confronti degliissuers di EMTs.

Per quanto riguarda la seconda tipologia di poteri (comma 3), ossia quelli – tipicamente di ricerca, assicurazione delle fonti di prova e cautelari – inerenti alla prevenzione e al divieto degli abusi di mercato, le NCAs (in Italia, la CONSOB) possono altresì:

  • accedere a qualsiasi documento e dato sotto qualsiasi forma e di riceverne o farne una copia (lett. a);
  • richiedere o esigere informazioni da chiunque, inclusi coloro che partecipano alla trasmissione di ordini o all’esecuzione di operazioni (lett. b);
  • entrare nei locali di persone fisiche o giuridiche, allo scopo di sequestrare documenti e dati sotto qualsiasi forma, quando esista un ragionevole sospetto che documenti o dati connessi all’oggetto dell’ispezione o dell’indagine possano avere rilevanza per provare un caso di abuso di informazioni privilegiate o di manipolazione del mercato (lett. c);
  • riferire fatti ai fini della promozione dell’azione penale (lett. d);
  • chiedere, nella misura in cui ciò sia consentito dal diritto nazionale, le registrazioni esistenti relative al traffico di dati conservate da un operatore di telecomunicazioni, qualora vi sia il ragionevole sospetto che sia stata commessa una violazione e che tali registrazioni possano essere rilevanti ai fini dell’indagine (lett. e);
  • chiedere il congelamento o il sequestro di beni (o entrambi) (lett. f);
  • imporre un divieto temporaneo all’esercizio dell’attività professionale (lett. g);
  • adottare tutte le misure necessarie a garantire che il pubblico sia correttamente informato con riguardo, tra l’altro, alla correzione di informazioni false o forvianti divulgate, anche imponendo all’offerente, alla persona che chiede l’ammissione alla negoziazione, all’emittente o ad altri che abbiano pubblicato o diffuso informazioni false o forvianti di pubblicare una dichiarazione di rettifica (lett. h).

Nell’esercizio dell’attività di vigilanza e di indagine, la CONSOB potrà:

  • avvalersi della collaborazione delle PP.AA., richiedendo la comunicazione di dati e accedere al sistema informativo dell’anagrafe tributaria;
  • avvalersi, ove necessario, dei dati contenuti nell’anagrafe dei conti e dei depositi, nonché acquisire, anche mediante accesso diretto, i dati contenuti nell’archivio unico informatico di cui all’art. 13, d.l. n. 625/79;
  • accedere direttamente, mediante apposita connessione telematica, ai dati contenuti nella Centrale dei rischi della Banca d’Italia;
  • avvalersi, ove necessario, anche mediante connessione telematica, e previa stipula di apposita convenzione con l’AdE, sentito il GPDP, dei dati contenuti nell’apposita sezione dell’anagrafe tributaria.

La CONSOB esercita altresì gli ulteriori poteri ispettivi e di accertamento previsti dall’art. 187-octies TUF.

Con riferimento ai crypto-assets diversi dagli ARTs e dagli EMTs (i ricordati “other than”) il d.lgs. n. 129/24, all’art. 15, dispone che la CONSOB, in aggiunta ai poteri già previsti all’art. 4, possa, previa autorizzazione del PM, procedere nei confronti degli issuers e delle persone che chiedono l’ammissione alla negoziazione di crypto-assets other than” a:

  • perquisizioni;
  • sequestri del profitto dell’illecito, anche per equivalente, con applicazione dell’art. 187-octies, co. 9, 10 e 11, TUF.

In linea con quanto previsto dal TUF, nell’esercizio dei propri poteri, la CONSOB potrà avvalersi della Guardia di Finanza, che esegue gli accertamenti richiesti agendo con i poteri di indagine ad essa attribuiti ai fini dell’accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi. Inoltre, tutte le notizie, le informazioni e i dati acquisiti dalla Guardia di Finanza sono coperti dal segreto d’ufficio.

Si consideri, poi, che gli artt. 103 e 104, MiCAR, attribuiscono, rispettivamente, all’ESMA e all’EBA, in base alla propria competenza e in relazione alla tipologia di token, poteri di intervento temporaneo (di divieto o restrizione), connotati dal carattere di extrema ratio, al ricorrere di specifiche condizioni e circostanze (temporary product intervention). In particolare, l’ESMA e l’EBA possono vietare o limitare temporaneamente la commercializzazione, la distribuzione o la vendita di taluni token o un tipo di attività o prassi relativa ai crypto-assets, in base alla propria competenza, se:

  • vi sia un timore significativo in materia di tutela degli investitori o una minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati dei crypto-assets o alla stabilità, anche parziale, del sistema finanziario dell’UE (i criteri e i fattori di cui l’ESMA, l’EBA e le NCAs devono tenere conto per determinare se vi sia un timore significativo, in relazione ai rispettivi poteri di intervento, sono definiti dal Reg. del. UE 2024/1507);
  • i requisiti regolamentari applicabili ai crypto-assets e ai servizi per le cripto-attività pertinenti non affrontino la minaccia in questione;
  • l’NCA non abbia già adottato misure per affrontare la minaccia in questione o le misure adottate non affrontino tale minaccia in maniera adeguata.

Quando si valutano interventi sui mercati dei crypto-assets è, inoltre, essenziale assicurarsi che gli stessi non abbiano effetti negativi sproporzionati sull’efficienza del mercato, sui possessori di crypto-assets o sui clienti; occorre altresì garantire che non vi siano rischi di arbitraggio regolamentare e ogni divieto o restrizione va riesaminato a intervalli appropriati, almeno ogni 6 mesi: revisione che può condurre al rinnovo o alla revoca della misura. Prima di adottare le misure di product intervention temporanee, l’ESMA e l’EBA devono trasmettere una notifica alle NCAs e pubblicare un avviso sui loro siti web con i dettagli delle misure e la data di entrata in vigore.

Anche le stesse NCAs, all’interno del proprio Stato membro e in via precauzionale, prima che un crypto-asset sia commercializzato, distribuito o venduto alla clientela, possono vietare o limitare temporaneamente la commercializzazione, la distribuzione o la vendita di taluni crypto-assets. Oltre alle condizioni ricordate per l’intervento delle ESAs, si aggiungono:

  • la proporzionalità della misura, avuto riguardo alla natura dei rischi individuati, al livello di sofisticazione degli investitori o dei partecipanti al mercato interessati e al probabile impatto sugli investitori e sui partecipanti al mercato che potrebbero detenere o utilizzare il crypto-asset o il servizio per le criptoattività in questione, ovvero trarre beneficio dagli stessi;
  • la previa consultazione da parte dell’NCA interessata delle NCAs degli altri Stati membri sui quali la misura potrebbe incidere in modo significativo;
  • l’esclusione di un effetto discriminatorio della misura sui servizi o sulle attività fornite a partire da un altro Stato membro.

Inoltre, l’NCA, almeno un mese prima della data prevista per l’applicazione della misura, deve aver comunicato a tutte le altre NCAs e all’ESMA o all’EBA, per iscritto o in un’altra forma concordata tra le autorità:

  • il crypto-asset, l’attività o prassi cui si riferisce la misura proposta;
  • la natura precisa del divieto o della restrizione proposti;
  • la data in cui dovrebbero entrare in vigore;
  • gli elementi sui quali si fonda la decisione e che inducono l’NCA a ritenere che tutte le condizioni siano soddisfatte.

Solo eccezionalmente, ove ritenuto necessario e con motivazione specifica, l’NCA può adottare una misura urgente in via provvisoria, dopo aver trasmesso apposita notifica scritta a tutte le altre NCAs e all’ESMA, almeno 24 ore prima della data della prevista entrata in vigore della misura.

La MiCAR stabilisce, pertanto, una completa simmetria tra la product intervention delle NCAs e quella, azionabile in via sussidiaria, propria dell’ESMA e dell’EBA, quanto a oggetto, requisiti e poteri. Sul piano domestico, l’art. 8, d.lgs. n. 129/24, attribuisce alla Banca d’Italia e alla CONSOB i poteri di product intervention di cui all’art. 105 MiCAR, sentita l’altra autorità, sugli ARTs e suitokenother than”, ferma restando la competenza esclusiva della Banca d’Italia sugli EMTs.

Giova considerare, poi, che la vigilanza sugli emittenti di SARTs e SEMTs è dalla MiCAR affidata – con previsione inedita – all’EBA: gli emittenti di SARTs operano sotto la supervisione di tale ESA e sono soggetti a una valutazione prudenziale approfondita, potendo comportare rischi specifici per i canali di trasmissione monetaria e per la stessa sovranità monetaria. Il riparto delle funzioni di vigilanza fra NCAs e ESAs basato sul parametro della “significatività” appare chiaramente ispirato all’SSM ed è declinato dalla MiCAR sulla base di criteri di tipo oggettivo. Nella MiCAR, peraltro, l’EBA cumula su di sé compiti sia di regolazione (elaborazione di RTS e progetti di ITS da sottoporre alla Commissione UE), sia di vigilanza diretta sugli emittenti di SARTs e di SEMTs, disponendo di poteri di indagine, di ispezione, sanzionatori e di temporary intervention sugli EMTs.

Gli emittenti di SARTs che prestino anche servizi per le cripto-attività o emettano crypto-assets che non sono SARTs sono supervisionati dalle NCAs, secondo il principio dell’home country control.

I SEMTs emessi da un IMEL sono, a loro volta, vigilati dall’EBA per garantire il rispetto dei piani di risanamento e rimborso di cui all’art. 55, oltre agli obblighi specifici di cui all’art. 58 MiCAR. Per una vigilanza efficace l’EBA coopera, a tal fine, con le altre NCAs responsabili della vigilanza dell’emittente, inclusa eventualmente la BCE.

Ne viene, in sintesi, che la vigilanza sugli emittenti di ARTs ed EMTs, nonché sui CASPs e sui crypto-assets diversi da ARTs e EMTs (essenzialmente, gli utility token) è affidata alle NCAs, per il cui adempimento vengono previsti adeguati poteri di vigilanza, indagine, intervento e sanzionatori. Al contrario, la vigilanza sugli emittenti di SARTs e SEMTs è attribuita direttamente all’EBA – in ciò assecondando un processo di crescente espansione del ruolo delle ESAs – fatta salva la precisazione che, mentre per gli emittenti di SARTs la competenza dell’EBA è esclusiva (movendo dalla circostanza che tali crypto-assets possono essere utilizzati come mezzo di scambio, oltreché per effettuare grandi volumi di operazioni di pagamento), nei confronti degli emittenti di SEMTs è prevista una vigilanza concorrente, in forza della quale l’EBA è chiamata a vigilare sul rispetto di specifici obblighi supplementari, in ragione dell’utilizzo potenzialmente ampio dei SEMTs come mezzo di pagamento e della natura peculiare dei rischi che essi possono comportare per la stabilità finanziaria, mentre le NCAs (in Italia, la Banca d’Italia) conservano la supervisione su tutti gli altri requisiti prescritti dalla MiCAR.

Al fine di gestire le decisioni di vigilanza e coordinare le attività, agevolando una più efficiente supervisione sugli emittenti di SAMTs ed EMTs e garantendo una visione d’insieme sulle potenziali problematiche dei mercati dei crypto-assets, lEBA è chiamata a istituire, gestire e presiedere un consultative supervisory college composto da autorità quali l’EBA, l’ESMA e la BCE, nonché le NCAs volta a volta rilevanti: tale collegio fornisce pareri non vincolanti su vari aspetti, tra cui valutazioni prudenziali (si pensi all’obbligo per un emittente di detenere un importo più elevato di fondi propri), aggiornamenti dei piani di risanamento, modifiche al white paper e al modello di business, nonché misure correttive. Il parere del college è adottato con la maggioranza semplice dei suoi membri e, qualora un college comprenda più autorità del medesimo Stato membro, può votare solo una di esse. Ove l’EBA o una NCA non concordino con il parere del college, anche per quanto riguarda le eventuali raccomandazioni volte a rimediare alle carenze della misura di vigilanza prevista, devono motivare la propria decisione dissenziente, fornendo spiegazioni al college per ogni eventuale significativo disallineamento rispetto al parere o alle raccomandazioni ivi contenute.

Venendo alle sanzioni e alle misure amministrative per la violazione delle disposizioni dellaMiCAR, le stesse sono dettagliate nel Capo 3 del Titolo VII e si suddividono in tre categorie principali, fermo restando che le “misure” sono volte a riparare l’interesse danneggiato o a eliminare il vantaggio acquisito tramite un comportamento non conforme, mentre le “sanzioni” vere e proprie hanno un connotato tipicamente punitivo e dissuasivo del comportamento scorretto (art. 111 MiCAR):

  1. violazioni degli obblighi, dei requisiti o delle restrizioni riguardanti i crypto-assets diversi dagli ARTs o dagli EMTs, gli ARTs, gli EMTs e i CASPs;
  2. violazioni delle disposizioni in materia di prevenzione e divieto degli abusi di mercato;
  3. omessa collaborazione o mancato seguito a indagini o richieste da parte delle NCAs.

Le sanzioni per violazioni specifiche possono includere dichiarazioni pubbliche che indicano la persona responsabile e la natura della violazione (shame sanctions); ingiunzioni a cessare il comportamento violativo (cease and desist orders); sanzioni pecuniarie, che possono raggiungere il doppio dei profitti ottenuti o delle perdite evitate grazie alla violazione o fino a € 700mila per persone fisiche e € 5 mio per persone giuridiche o una percentuale del fatturato annuo.

In Italia, secondo il più volte richiamato d.lgs. n. 129/24 (art. 35), in caso di omessa collaborazione o mancato seguito dato nell’ambito di un’indagine, un’ispezione o una richiesta, incluse quelle di cui all’articolo 94, § 3, MiCAR, si applica:

  • nei confronti delle persone giuridiche, la sanzione amministrativa pecuniaria da € 30mila fino a € 5 mio ovvero, se superiore, fino al 10% del fatturato totale annuo;
  • nei confronti delle persone fisiche, inclusi gli esponenti aziendali e il personale e al ricorrere delle condizioni ivi stabilite, la sanzione amministrativa pecuniaria da € 5mila fino a € 5 mio.

Le sanzioni (e le altre misure amministrative) per abusi di mercato includono anche la restituzione dei profitti realizzati o delle perdite evitate grazie alla violazione (ove determinabili), la revoca o sospensione delle autorizzazioni, l’interdizione temporanea dalla gestione e, in caso di recidiva grave, l’interdizione per almeno 10 anni.

Gli Stati membri possono prevedere sanzioni più severe e poteri aggiuntivi per le NCAs, le cui decisioni devono sempre essere adeguatamente motivate e impugnabili dinanzi a un organo giurisdizionale.

L’esercizio dei poteri di vigilanza e indagine, inclusa l’irrogazione di sanzioni o altre misure amministrative, avviene sempre in stretta collaborazione e coordinamento tra le NCAs, onde garantire l’efficacia e la proporzionalità degli interventi, prevenire duplicazioni e sovrapposizioni e ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti destinatari della MiCAR, considerate le implicazioni transnazionali.

Le sanzioni amministrative in Italia sono irrogate dalla Banca d’Italia e dalla CONSOB, secondo le rispettive competenze come disciplinate dal ridetto d.lgs. n. 129/24 e secondo le rispettive procedure sanzionatorie di cui al TUB e al TUF.

A scopi dissuasivi sull’intera collettività e in vista della produzione di un effetto general-preventivo, la decisione con cui vengono applicate le sanzioni (o le altre misure amministrative) dev’essere pubblicata sul sito web dell’NCA, senza indebito ritardo dopo che la persona fisica o giuridica destinataria della decisione ne è stata informata, includendo informazioni sulla violazione e sull’identità dei responsabili. Ove la stessa NCA ritenga che la pubblicazione sia sproporzionata rispetto al caso concreto o possa compromettere un’indagine in corso, può decidere di posticipare la pubblicazione della decisione, fintantoché non vengano meno i motivi del rinvio, ovvero procedere a una pubblicazione in forma anonima, nel caso in cui questa assicuri l’effettiva protezione dei dati personali in questione. Le NCAs possono giungere sino al punto di evitare del tutto la pubblicazione, nei casi in cui la pubblicazione in forma anonima o il differimento siano giudicati insufficienti a garantire che la stabilità dei mercati finanziari non venga messa a rischio ovvero incapaci di garantire la necessaria proporzionalità tra gli effetti stigmatizzanti della pubblicazione e l’eventuale natura minore delle misure adottate.

Ogni anno, le NCAs sono chiamate a inviare all’ESMA e all’EBA informazioni aggregate su tutte le sanzioni e le misure amministrative irrogate (incluse quelle non pubblicate) e l’ESMA deve raccogliere tali informazioni e pubblicarle in una relazione annuale. Analogamente, le NCAs (in Italia, la Banca d’Italia e la CONSOB, secondo le rispettive competenze) dovranno inviare con cadenza annuale, in forma anonima e aggregata, i dati riguardanti le indagini intraprese e le sanzioni penali comminate.

L’ESMA mantiene, poi, una banca dati centrale delle sanzioni e delle misure amministrative, accessibile esclusivamente all’EBA, all’ESMA e alle NCAs, nella prospettiva di facilitare lo scambio di informazioni tra NCAs ed ESAs.

Laddove la decisione di imporre una sanzione amministrativa o un’altra misura amministrativa sia impugnata dinanzi ai pertinenti tribunali od organismi amministrativi, le NCAs devono immediatamente pubblicare sul loro sito web tali informazioni, nonché eventuali informazioni successive sull’esito del ricorso, ivi incluse le eventuali decisioni che annullino il provvedimento irrogativo della sanzione.

4. Considerazioni conclusive.

Alla luce delle osservazioni che precedono, può senz’altro affermarsi che la MiCAR rappresenta un importante passo avanti nella regolazione dei crypto-assets, fornendo un quadro normativo sufficientemente chiaro e uniforme per garantire la protezione degli investitori, la trasparenza del mercato e la stabilità finanziaria. La decentralizzazione e la natura complessa dei mercati dei crypto-assets richiedevano, in effetti, un sistema di sorveglianza e sanzioni robusto, al fine di garantire il rispetto delle regole e prevenire abusi.

L’interazione tra le autorità di vigilanza europee e nazionali, coordinata da organismi quali l’ESMA e l’EBA, risulta essenziale per garantire un’applicazione coerente ed efficace delle nuove disposizioni. In particolare, l’approccio flessibile, caso per caso, dell’ESMA alla definizione dei crypto-assets come strumenti finanziari mira a riconosce la natura diversa e in evoluzione dei vari token, sostenendo, al contempo, l’armonizzazione e promuovendo, in un difficile equilibrio, un ambiente di mercato competitivo all’interno dell’UE.

Tuttavia, le sfide legate alla classificazione e alla regolamentazione dei vari tipi di token richiederebbero forse orientamenti più coraggiosi e un’interpretazione il più possibile uniforme, affinché il settore possa evolversi in modo sostenibile e sicuro, donde l’importanza di una corretta qualificazione dei crypto-assets, avvalorata dall’inizio del processo di integrazione delle normative europee nei singoli Stati membri. Tale processo sembra, allo stato, prediligere soluzioni che evitino criteri troppo rigidi, per via del rischio che possano diventare rapidamente obsoleti, e confermare l’avvertita necessità di procedere con cautela, spirito collaborativo e coerenza, per garantire la corretta applicazione della normativa, proteggere gli investitori e favorire l’innovazione finanziaria in armonia con gli standards europei e internazionali.

L’approccio sembra condivisibile, sennonché è bene mettere in guardia da un’interpretazione troppo ampia della nozione di strumento finanziario, che, professando un forte ossequio al principio di neutralità tecnologica, potrebbe ostacolare l’innovazione e l’adattabilità del mercato: un nucleo di criteri di base per gli assets da considerare come strumenti finanziari sarebbe in grado di garantire maggiore chiarezza agli operatori e coerenza tra gli Stati membri; una sistematica riclassificazione dei crypto-assets che condividano anche solo una delle caratteristiche di uno strumento finanziario può, invece, finire per essere problematica e concedere una pericolosa discrezionalità soggettiva alle NCAs, foriera di incoerenze e incertezze nel quadro normativo a livello europeo, oltre a minare la fiducia degli investitori e a ostacolare l’innovazione nel crypto market europeo, con discrepanze che potrebbero portare a nuovi arbitraggi normativi tra le diverse giurisdizioni interessate.

L’UE sta, peraltro, complessivamente procedendo nella giusta direzione attraverso una “Strategia per la finanza digitale” che, oltre alla MiCAR, annovera anche il regime sperimentale DLT, che istituisce e regola nuove infrastrutture di mercato che utilizzano la DLT (aut similia) per la negoziazione e la compensazione di crypto-assets che si qualificano come strumenti finanziari.

La necessità di regolare la cosiddetta “criptosfera” era, d’altronde, legata all’urgenza, percepita dal legislatore europeo, di intervenire prontamente, nel timore che la diffusione incontrollata di criptovalute e token di vario genere potesse finire per destabilizzare i mercati finanziari europei, creando squilibri economici e sociali, ripetutamente evidenziati in vari “avvertimenti” da parte dei regolatori di molti paesi dell’UE. Inoltre, era evidente lo slancio in avanti di diversi paesi europei, che stavano iniziando ad affrontare la questione in modo disomogeneo tra di loro, generando, quindi, potenziali attriti nell’ambito della libera circolazione di beni e servizi e un potenziale “shopping legislativo, il quale, evidentemente, avrebbe presto portato a discriminazioni significative all’interno dell’UE, influenzando negativamente la libera circolazione dei servizi.

L’obiettivo principale dell’UE era, dunque, quello di prevenire la proliferazione di nuove ICOs e l’emergere di criptovalute, anche globali, che, in certi momenti, si paventava potessero competere con la valuta ufficiale europea. Si tratta di un timore che traspare in ogni disposizione della MiCAR, animata dalla persistente esigenza del legislatore europeo di controllare pressoché ogni profilo rilevante: dalle entità che emettono i crypto-assets alle modalità con cui i crypto-assets vengono promossi e distribuiti, dal capitale sociale degli emittenti ai loro azionisti, e ovviamente al progetto sottostante e al cosiddetto “white paper”. Un controllo meticoloso e dettagliato destinato a realizzarsi su diversi livelli – non solo nazionale, ma anche europeo – attraverso l’EBA e l’ESMA.

Peraltro, nonostante l’intenzione di disciplinare approfonditamente l’intero universo magmatico di attività e soggetti che, negli ultimi anni, sono proliferati nel settore crypto, la MiCAR, alla fine, non si applicherà agli strumenti finanziari (che rimarranno oggetto del pacchetto MiFID 2/MiFIR e del DLT Pilot Regime), né alle tipiche attività degli IMEL, infine, alle cosiddette CBDCs. E anche alcuni sviluppi più recenti, pure molto discussi – come, ad es., gli NFTs, le DAOs o, più in generale, le soluzioni DeFinon sono inclusi nel campo di applicazione oggettivo della MiCAR.

Tuttavia, evitando eccessi di pessimismo, è facile prevedere che la prima fase dell’attuazione della MiCAR sconterà, con ogni probabilità, il peso legato al fatto che il suo tutt’altro che esile impianto replica una parte significativa della disciplina tipica dei modelli tradizionali di regolazione finanziaria europea, prendendo in prestito gran parte dell’esperienza, anche regolativa e di enforcement, già acquisita in quei settori.

Una volta superata la fase iniziale sul piano puramente operativo, può, però, altrettanto agevolmente presumersi che l’articolata disciplina sarà in grado di generare importanti risultati, con effetti a catena persino sui modelli di riferimento, inizialmente presi come benchmark. In breve, le aspirazioni e le spinte verso l’economia tokenizzata potrebbero far emergere MiCAR dall’ombra lunga della MiFID 2, ribaltando, alla fine, il rapporto tra i due plessi normativi.

E chissà se il “Brussels effect” si ripeterà magicamente e l’UE riuscirà a imporre il proprio standard regolativo anche su altre economie mondiali, più evolute dal punto di vista industriale, dal momento che chi vuole entrare nell’attraente mercato del vecchio Continente dovrà comunque adeguarsi alle nuove regole? Chissà se, d’altro canto, l’effetto sarà opposto, rendendo i nostri mercati non sufficientemente competitivi – a causa di un eccesso di burocrazia e di esorbitanti costi di compliance – e poco attraenti per start-up e newcomers?

Al momento, non è facile fare previsioni attendibili, ma è certo che la forte “mifidizzazione” iniziale del settore renderà economicamente gravoso per i piccoli operatori tech operare nel pieno rispetto delle regole europee. Il lungo processo normativo che ha condotto alla MiCAR ha prodotto un risultato in cui l’innovazione è compresa e affrontata, ma non è certo catturata in modo completo e non riesce a liberarsi del tutto dal peso della tradizione, così da compiere quel balzo verso la specializzazione normativa che le avrebbe consentito di acquisire un carattere davvero originale.

Con una nota di ottimismo sulle prospettive future della MiCAR, si potrebbe sperare che tale Regolamento europeo riesca ad assumere un ruolo di primo piano come ponte verso un futuro sempre più tokenizzato, giungendo sino al punto di scalzare il pacchetto MiFID 2/MiFIR della centralità che ha, nel tempo, conquistato nell’ecosistema finanziario tradizionale, secondo un processo di graduale turnaround (forse già colto dagli stessi investitori) che potrebbe condurre, in futuro, le legislazioni settoriali ad assimilarsi gradualmente ad essa. Si tratta, del resto, di un pattern che trova già un esempio significativo nell’integrazione dell’elenco degli strumenti finanziari con quelli digitali, legata al lancio, lo scorso anno, del DLT Pilot Regime, dedicato proprio alla tokenizzazione degli strumenti finanziari. Il fatto, peraltro, che ad oggi sia stata autorizzata appena un’infrastruttura di mercato DLT (ai fini dell’iscrizione nell’Elenco dei responsabili dei registri per la circolazione digitale di cui al d.l. n. 25/23, conv. in l. n. 52/23) suggerisce, tuttavia, di preferire a un giovanile crypto-enthusiasm i più cauti accenti di un maturo crypto-realism.

 

* La presenti riflessioni costituiscono l’anticipazione del contributo che apparirà nel volume collettaneo intitolato “Lezioni di diritto societario e finanziario delle nuove tecnologie”, a cura di B. De Donno e F. Raffaele, Roma, in corso di pubblicazione. Le idee e le opinioni espresse sono da attribuire unicamente all’autore e non coinvolgono l’istituzione di appartenenza (CONSOB).

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