L’obbligo di convocazione del socio nel procedimento per la dichiarazione di fallimento di società con soci illimitatamente responsabili «non trova giustificazione in un generico interesse del socio riferito alla dichiarazione di fallimento della società», bensì nell’esigenza di garantire il contraddittorio in relazione agli effetti che la legge ricollega a tale pronuncia, vale a dire il fallimento per estensione dei soci.
Nella sentenza in esame la Suprema Corte ha precisato che tale esigenza, affermata dalla giurisprudenza di legittimità sulla scorta della dichiarazione di illegittimità costituzionale del previgente art. 147 l.f. (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 110 del 27 giugno 1972), ha poi trovato conferma nella previsione di cui al terzo comma dell’art. 147 l.f., nella formulazione successiva alle modifiche introdotte con d.lgs. n. 5/2006.
Ne consegue, quindi, che la mancata convocazione dei soci integra una violazione del diritto di difesa non già della società, ma del socio, e può incidere esclusivamente sulla validità della dichiarazione di fallimento di quest’ultimo.
Sulla base di quanto premesso, la Suprema Corte ha affermato che – posto il «rapporto di dipendenza unidirezionale»sussistente tra il fallimento dei soci e della società (nel senso che la dichiarazione di fallimento del socio trova il suo presupposto in quella della società, la cui nullità travolge anche inevitabilmente la prima, ma non viceversa) – «la mancata convocazione del socio illimitatamente responsabile nel procedimento volto alla dichiarazione di fallimento non può dunque riflettersi sulla validità della pronuncia emessa nei confronti della società, ma solo su quella emessa nei confronti del socio», non essendo invocabile alcuna lesione del diritto di difesa della società (cfr. in senso conforme Cass., 21 marzo 2013, n. 7181 e Cass., 6 febbraio 2003, n. 1751).