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Giurisprudenza

Mancata indicazione divisore Euribor e determinazione interessi corrispettivi

30 Agosto 2024

Edoardo Cecchinato, dottorando in Diritto dell’Economia presso l’Università degli Studi di Padova

Cassazione civile, sez. I, 25 luglio 2024, n. 20801 – Pres. Pazzi; Rel. Dongiacomo

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 25 luglio 2024 n. 20801 (Pres. Pazzi; Rel. Dongiacomo), si è pronunciata sulla validità della clausola di determinazione degli interessi corrispettivi in un contratto di mutuo, in caso di mancata indicazione del divisore necessario per la determinazione del tasso Euribor applicabile.

In particolare, ha ricordato che, «in tema di contratto di mutuo, affinché una clausola di determinazione degli interessi corrispettivi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1346 c.c., è necessario che il saggio d’interesse sia desumibile senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità in capo all’istituto mutuante», precisando poi, con specifico riferimento ai contratti bancari, che «l’indeterminatezza della misura della pattuizione relativa agli interessi convenzionali dev’essere colmata, al pari del caso di mancata pattuizione degli stessi, facendo applicazione del criterio integrativo previsto dall’art. 117, comma 7, lett. a), del TUB …, il quale, sostituendo di diritto la clausola difforme apposta dalle parti (artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c.), dev’essere riconosciuto dal giudice anche d’ufficio, a prescindere dalla proposizione di una domanda in tal senso della parte».

Il caso vedeva una banca ricorrere in Cassazione avverso il decreto di rigetto dell’opposizione allo stato passivo della società debitrice dichiarata fallita.

Più precisamente, la banca era stata esclusa dal passivo per l’ammontare degli interessi pattuiti nel contratto di mutuo fondiario, in quanto esso non indicava il divisore (365 o 360) necessario alla determinazione del tasso Euribor applicabile.

Orbene, ferma la nullità della clausola sugli interessi per la mancata indicazione del divisore, la Corte di Cassazione ha comunque cassato con rinvio il decreto in questione ritenendo che la banca avrebbe dovuto essere stata ammessa al passivo per l’ammontare degli interessi calcolati ai sensi dell’art. 117, comma 7, lett. a), del Testo Unico Bancario.

Quello appena descritto non è stato l’unico motivo di cassazione del decreto impugnato.

La banca lamentava di essere stata ammessa al passivo per il capitale come creditrice chirografaria, quando, invece, il credito era assistito da garanzia ipotecaria: nel caso, la banca aveva stipulato un mutuo fondiario per estinguere un precedente finanziamento non garantito e il decreto, accogliendo le istanze del curatore che aveva eccepito la revocabilità in via ordinaria dell’ipoteca, aveva ritenuto che la stessa fosse stata stipulata di fatto quale garanzia per il credito preesistente, pregiudicando le ragioni degli altri creditori.

La Corte, dopo aver ricordato come sia «il curatore ad avere l’onere di provare che il patrimonio residuo del debitore poi fallito, a seguito del compimento dell’atto e delle modifiche quantitative o qualitative ad esso apportate, sia di natura o dimensione tali da rendere impossibile ovvero più difficile il soddisfacimento dei creditori preesistenti», ha rilevato come, nel caso di specie, tale prova non fosse stata fornita: infatti, il decreto non chiariva, come invece avrebbe dovuto, se ed in quale misura esistevano altri crediti verso la debitrice al momento della stipula del mutuo fondiario e se ed in quale misura tali crediti, in quanto insoddisfatti, fossero stati poi ammessi allo stato passivo del relativo fallimento.

Anche per tali ragioni il decreto impugnato è stato cassato con rinvio.

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