Con la sentenza n. 21333/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della mancata notifica di avvisi di accertamento agli ex amministratori di società fallita per il recupero di imposte afferenti a periodi antecedenti alla sentenza dichiarativa di fallimento.
Nel caso di specie, gli ex amministratori di una società, dichiarata fallita nel 2014, avevano impugnato tre avvisi di accertamento per imposte dirette e iva relativi al triennio 2011-2013 che erano stati notificati unicamente alla curatela fallimentare.
La C.T.P. di Catania aveva accolto i ricorsi, con decisione poi confermata dalla C.T.R. in appello.
In particolare, secondo la C.T.R., la mancata notifica degli atti impositivi agli ex amministratori aveva fatto decorrere i termini decadenziali previsti dall’art. 43, comma 1, d.P.R. 600/73, determinando la decadenza del potere accertativo e di riscossione dell’Agenzia, rendendo inesigibili i tributi accertati.
Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sottoponendo all’attenzione della Corte due questioni principali (proposte con altrettanti motivi di ricorso).
La prima riguardava la legittimazione degli ex amministratori a impugnare gli avvisi di accertamento.
In proposito, la Corte ha ribadito che, in caso inerzia – ancorché volontaria – degli organi fallimentari, il fallito conserva la capacità processuale tributaria, in ragione dello spiccato interesse a difendersi personalmente onde evitare importanti riflessi sanzionatori possano derivargli dalla procedura.
Pertanto, la Corte ha confermato che “in tema di fallimento, con riferimento ai rapporti d’imposta i cui presupposti si siano formati prima della declaratoria fallimentare, la ‘mera inerzia’ assunta dal curatore nei confronti dell’atto impositivo è sufficiente a far sorgere la legittimazione processuale straordinaria della società fallita, quindi dei suoi amministratori, ad impugnarlo”.
La seconda questione riguardava propriamente mancata notifica degli avvisi agli amministratori.
La Corte ha chiarito che la mancata notifica degli avvisi agli ex amministratori non comportava la nullità o l’inesistenza degli avvisi stessi.
La notifica al curatore era sufficiente, ma l’omessa notifica alla società fallita rendeva gli avvisi inefficaci e inopponibili nei confronti della stessa e degli ex amministratori.
Pertanto, nel caso di specie, non si era verificata alcuna decadenza dal potere di accertamento – come erroneamente ritenuto dalla C.T.R. – ma gli avvisi restavano contestabili da parte degli interessati nel momento in cui ne erano venuti a conoscenza.
La Corte ha quindi chiarito che “la notifica dell’avviso di accertamento nei confronti del solo curatore, e non anche nei riguardi del contribuente, non comporta la nullità o inesistenza dell’atto impositivo, tantomeno la decadenza dell’Amministrazione dal potere accertativo; dalla notifica dell’avviso esclusivamente all’indirizzo dell’organo concorsuale deriva, piuttosto, l’inefficacia ed inopponibilità di esso al soggetto fallito, quindi anche ai soci ex amministratori destinati a succedere nei debiti fiscali dell’ente, i quali al pari di quest’ultimo rimangono legittimati ad impugnare tempestivamente l’atto a decorrere dal giorno in cui ne vengono effettivamente a conoscenza”.
In conclusione, la Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate con riguardo al secondo profilo, rinviando per un nuovo esame del merito alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia.