Il presente contributo analizza il tema della corretta mappatura dei prodotti finanziari quale condizione per migliorare la valutazione di adeguatezza cui è preposta, favorendo una maggiore fiducia degli investitori retail e, per l’effetto, una maggior partecipazione ai mercati di capitali, obbiettivo cardine della Retail Investment Strategy.
[*] La Commissione Europea, come noto, ha adottato lo scorso maggio la c.d. Retail Investment Strategy (“RIS”), che pone gli interessi dei consumatori al centro degli investimenti al dettaglio; il pacchetto rientra nel progetto di creazione dell’Unione dei mercati dei capitali e si propone di migliorare il livello di fiducia degli investitori al dettaglio e, dunque, di favorirne una più elevata partecipazione ai mercati dei capitali dell’UE[1].
Ancora oggi, difatti, uno dei principali limiti dei mercati dei capitali europei è rappresentato da un tasso di partecipazione degli investitori retail inferiore rispetto ad altre realtà, come, tipicamente, gli Stati Uniti.
Eppure, diversi Stati Membri dell’UE, e, in special modo, l’Italia, si caratterizzano per alcune peculiarità: presentano una popolazione dal reddito medio pro-capite elevato con alti tassi di risparmio. Pur tuttavia, una scarsa educazione finanziaria unita ad una generalizzata bassa propensione al rischio determinano effetti deleteri per la partecipazione al mercato dei capitali: gli ingenti patrimoni dei risparmiatori retail risultano allocati in prevalenza nei conti correnti bancari e di deposito o in investimenti considerati a rischio limitato (come titoli di Stato e immobili).
L’Unione dei mercati dei capitali, di cui la RIS è un elemento essenziale, ha l’obiettivo di convogliare le ingenti disponibilità dei risparmiatori retail nell’economia europea. Per tale via: gli investitori potrebbero diversificare il proprio portafoglio, migliorandone il profilo rischio/rendimento; le imprese potrebbero avere accesso a maggiori disponibilità di capitali ed a condizioni più favorevoli per la realizzazione dei propri piani di investimento[2]; l’economia europea potrebbe beneficiare di più elevati livelli di crescita e sviluppo.
Perché le misure della Retail Investment Strategy possano effettivamente funzionare, è dunque indispensabile incrementare il livello di partecipazione e di fiducia dei risparmiatori.
Invero, il legislatore europeo ha tentato di affrontare la problematica mediante una pluralità di soluzioni che vanno in tale direzione. In tale ambito, la valutazione di adeguatezza riveste un ruolo centrale: la regola, già prevista da MiFID I e poi implementata da MiFID II, ha la finalità principale di minimizzare il rischio di mis-selling, ovvero l’eventualità che il risparmiatore retail acquisti prodotti finanziari non in linea con le proprie esigenze[3].
Perché la regola di adeguatezza possa funzionare è in ogni caso necessaria una buona profilatura tanto del cliente quanto del prodotto.
Sinora, tuttavia, l’attenzione del legislatore europeo e della dottrina si è prevalentemente focalizzata sul primo aspetto. Eppure, la mappatura dei prodotti finanziari è vitale per accrescere il livello di fiducia del risparmiatore e la partecipazione al mercato dei capitali: se il prodotto non è correttamente profilato, è inficiata la stessa valutazione di adeguatezza, innalzando, per tale via, il rischio che il risparmiatore acquisti prodotti non in linea con le proprie esigenze. Ove ciò si verifichi, il livello di fiducia del risparmiatore diminuisce e, prospetticamente, anche il livello di partecipazione al mercato dei capitali sarà più limitato.
In tal senso, è possibile affermare che la corretta mappatura dei prodotti sia un prerequisito essenziale per la buona riuscita della stessa RIS. Ovviamente, per conseguire tale obiettivo è altresì necessario implementare ulteriori misure, tra cui le disposizioni in materia di product governance – pure richiamata dalla Direttiva Omnibus – oltre che assicurare idonei livelli di trasparenza e di educazione finanziaria.
La tematica della mappatura dei prodotti è stata affrontata diffusamente nel quaderno giuridico CONSOB n. 28 “La mappatura dei prodotti finanziari nella prospettiva della tutela del risparmiatore”, redatto da F. Annunziata (Università Bocconi), A. Lupoi (Università di Padova) e da D. Colonnello (Ufficio Studi Consob), con Prefazione di A. Sciarrone Alibrandi (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)[4].
Nel quaderno si nota che l’elevata discrezionalità riconosciuta dalla disciplina eurounitaria vigente in ordine alle metodologie in uso presso i singoli operatori ai fini della mappatura dei prodotti, incide negativamente sul livello di partecipazione al mercato dei capitali.
Sul punto, l’assenza di previsioni normative volte a favorire la condivisione pubblica dei dati di mappatura dei prodotti per singolo distributore rende alquanto difficoltoso, per ciascun operatore di mercato, comparare le proprie metodologie interne con quelle in uso presso altri player, mediante, ad esempio, il raffronto dei valori attribuiti ai singoli parametri di profilatura.
Tale aspetto impatta peraltro sulla tempestività delle attività di verifica ex post dell’operato del singolo operatore realizzate dalle Autorità di vigilanza preposte e dalle funzioni di controllo interno delle imprese di investimento, in quanto rende difficoltoso il riscontro della corretta valorizzazione dei parametri di profilatura.
Risulta tuttavia difficile immaginare che il mercato, autonomamente, possa colmare le menzionate lacune attraverso l’adozione di metodologie comuni e condivise. In ogni caso, qualche timido segnale in questa direzione sembra emergere da recenti esperienze; a titolo di esempio, a seguito dell’introduzione della disciplina in materia di product governance nella seconda versione della MIFID, il consorzio Findatex ha realizzato, tra l’altro, il tracciato EMT, volto a facilitare gli scambi informativi tra produttore e distributore[5].
In proposito, le regole in materia di product governance introdotte da MiFID IIprevedono tuttavia una mappatura del prodotto finalizzata sostanzialmente all’individuazione del target di clientela – da parte del produttore, prima, e del distributore, poi. Tale mappatura opera nella fase antecedente all’immissione del mercato del prodotto e, essendo sostanzialmente volta all’individuazione del target market di riferimento di uno specifico prodotto, non riesce a tener in debito conto della situazione specifica del singolo cliente – e, in particolare, della sua propensione alle diverse articolazioni di rischio.
Occorre poi considerare che le clausole generali in materia di regole di condotta – e, in special modo, la regola di adeguatezza -, trovano applicazione nella fase terminale del processo distributivo e si compongono di una pluralità di controlli finalizzati a verificare che le caratteristiche del prodotto siano effettivamente in linea con il profilo del singolo cliente.
Ciò comporta che, per un medesimo prodotto, la profilatura operata nell’ambito della valutazione di adeguatezza presenti un più elevato livello di dettaglio rispetto alla profilatura realizzata al fine di ottemperare alle previsioni in materia di product governance.
Le profilature compiute nel rispetto delle due menzionate discipline, pur ponendosi su piani differenti, risultano comunque strettamente interconnesse ai fini del presidio sul prodotto: in sede di test di adeguatezza l’intermediario dovrà riscontrare se il prodotto individuato a monte – attraverso le attività di definizione del mercato target, poste in essere nel rispetto delle prescrizioni in materia di product governance -, sia, poi, a valle del processo distributivo, effettivamente in linea con il profilo del singolo cliente.
Il quaderno giuridico CONSOB n. 28, una volta affrontato il quadro vigente, avanza alcune proposte, che, incanalandosi nel solco tracciato da alcune esperienze di mercato, sono volte a favorire una più elevata omogeneizzazione delle metodologie di profilatura adottate dai singoli operatori di mercato. Tale omogenizzazione potrebbe essere conseguita attraverso l’individuazione di un set standardizzato di dati e di informazioni di profilatura del prodotto da condividere per il tramite della costituenda piattaforma ESAP, anche ricorrendo all’ausilio dei motori di Intelligenza Artificiale[6].
Le proposte avanzate nel quaderno favorirebbero la soluzione di diverse problematiche.
Gli operatori di mercato avrebbero la possibilità di utilizzare il set di dati di profilatura disponibili nella piattaforma ESAP per comparare ex ante i parametri di profilatura di un dato prodotto – determinati attraverso le proprie metodologie interne – con quelli di altri competitor.
La migliore reperibilità di dati di profilatura dei prodotti per il tramite della costituenda piattaforma ESAP permetterebbe peraltro una più agevole attività di verifica ex post in ordine alle modalità di profilatura dei prodotti da parte tanto delle funzioni di controllo interno delle imprese di investimento quanto delle Autorità di vigilanza preposte.
Ulteriore vantaggio sarebbe poi una più tempestiva individuazione di possibili fenomeni opportunistici, prevenendo così, sul nascere, eventuali casi di mis-selling.
Nel complesso, la concreta messa in atto delle proposte avanzate nel quaderno, migliorando il funzionamento della valutazione di adeguatezza, va nella direzione di favorire una maggiore fiducia degli investitori retail e, per tale via, anche una più elevata partecipazione ai mercati di capitali. Ciò contribuirebbe ad un più agevole perseguimento degli obiettivi della RIS, nell’interesse dei risparmiatori al dettaglio, delle imprese e, più in generale, della maggiore concorrenzialità dei mercati di capitali europei.
[*] Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire unicamente all’autore e non coinvolgono l’istituzione di appartenenza (Consob).
[1] Più in dettaglio, la RIS si articola in una proposta di regolamento modificativo del Regolamento PRIIP ed in una proposta di direttiva di modifica dei regimi MiFID II, IDD, AIFMD, Solvency II e OICVM. Si veda https://finance.ec.europa.eu/publications/retail-investment-strategy_en.
[2] Si consideri che in Italia e in Europa operano un elevatissimo numero di piccole e medie imprese, che rappresentano il vero motore dell’economia e dell’occupazione. Le PMI presentano tutt’oggi notevole difficoltà di accesso al credito bancario per una pluralità di motivi quali: la ridotta dimensione, l’assenza di idonee garanzie patrimoniali, restrizioni al credito, elevati livelli di inflazione ed alla crisi geo-politica in atto. Il buon funzionamento dei mercati di capitali europeo potrebbe rappresentare una più agevole possibilità di finanziamento per queste ultime, soprattutto nell’attuale quadro congiunturale non favorevole. Per chi volesse, un approfondimento sul tema è offerto dal Quaderno Giuridico Consob n. 24, “Piccole e medie imprese e finanziamento del progetto imprenditoriale: una ricerca per un nuovo tipo di emittente”, redatto da D. Colonnello, E.R. Iannaccone, G. Mollo, M. Onza, con prefazione di R. Sacchi, pp. 15 e ss., in https://www.consob.it/documents/1912911/1916538/qg24.pdf/1adb267c-b90b-3931-29d4-f1a52fb99c39.
[3] Per chi volesse, un approfondimento della tematica è offerto in D. Colonnello, Rischio di mis-selling per il risparmiatore retail: strategie normative e prospettive in ambito europeo, Diritto Bancario, 11 Maggio 2022, disponibile all’indirizzo https://www.dirittobancario.it/art/rischio-di-mis-selling-per-il-risparmiatore-retail-strategie-normative-e-prospettive-in-ambito-europeo/#:~:text=Il%20rischio%20di%20mis%2Dselling,e%20alle%20aspettative%20del%20cliente.
[4] Il quaderno è reperibile al link https://www.consob.it/web/area-pubblica/abs-qg/-/asset_publisher/pWAo8NyvjOZ1/content/qg28/11973.
[5] Per ulteriori dettagli si veda il sito istituzionale del consorzio Findatex all’indirizzo https://findatex.eu/.
[6] Si rimanda al paragrafo 2.3 del Quaderno Giuridico n. 28 per un più ampio approfondimento del tema.