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Giurisprudenza

Mediazione obbligatoria e giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: è la Banca che agisce in via monitoria che ha l’onere di esperire il procedimento di mediazione

24 Febbraio 2016

Tribunale di Busto Arsizio, 3 febbraio 2016 – dott.ssa Pupa

Con sentenza n. 199 del 3 febbraio 2016, il Tribunale di Busto Arsizio ha revocato un decreto ingiuntivo ottenuto da una Banca: affermando, a fronte della mancata adesione da parte della Banca creditrice alla procedura di mediazione obbligatoria, l’improcedibilità (non già dell’opposizione, bensì) della domanda azionata in sede monitoria.

La decisione del Tribunale muove dall’affermazione dell’illegittimità delle «condotte tenute dalle parti per aggirare l’applicazione effettiva della normativa in materia di mediazione» in quanto «suscettibili di frustare la finalità stessa dell’istituto». La procedura di mediazione, infatti, non costituisce unicamente un «adempimento meramente ritardante dell’introduzione di determinate categorie di giudizi», ma deve agevolare le parti affinché si incontrino «in un “terreno neutro” per “mettere sul tappeto” tutte le questioni pendenti tra loro».

In quest’ottica – prosegue il Tribunale – la mediazione disposta dal giudice – ove le parti abbiano mancato di azionarla prima dell’instaurazione del giudizio – non deve essere vissuta come «la mera rimozione di una causa di improcedibilità» o come «un formale adempimento burocratico svuotato di ogni contenuto funzionale e sostanziale». Al contrario, la stessa deve essere un’«occasione per cercare una soluzione stragiudiziale della vertenza in tempi più rapidi e in termini più soddisfacenti rispetto alla risposta che può fornire il Giudice con la sentenza». Ciò posto, la condizione di procedibilità ex art. 5, d. lgs. 28/2010, non si può ritenere soddisfatta qualora le parti pongano in essere condotte elusive del dettato normativo e della ratio legis.

Il Tribunale di Busto Arsizio riporta, in proposito, l’ordinanza resa dal Tribunale di Firenze il 19 marzo 2014. In tale provvedimento, è stato affermato che, nel caso di mediazione, è importante «chiarire alle parti come debba essere eseguito l’ordine del Decidente ai fini del perfezionamento della condizione di procedibilità»: la mediazione, che dev’essere svolta in presenza delle parti, deve «sostanziarsi in un effettivo tentativo di conciliazione». La lettura della norma di cui all’art. 5 d. lgs. 28/2010 alla luce della direttiva 2008/52/CE, determina infatti, secondo il giudice fiorentino, che l’ordine di tentare la mediazione sia osservato quando «i difensori si rechino dal mediatore e, ricevuti i suoi chiarimenti su funzione e modalità della mediazione (chiarimenti per i quali i regolamenti degli organismi prevedono tutti un tempo molto limitato), possano dichiarare [che] il rifiuto di procedere oltre [con la mediazione] appare una conclusione irrazionale e inaccettabile».

Con specifico riferimento all’onere di attivare la mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale di Busto Arsizio ha poi richiamato – per discostarsene – la sentenza della Corte di Cassazione n. 24629 del 3 dicembre 2015. In tale pronuncia, la Suprema Corte, muovendo dal principio secondo cui «l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo», ha ritenuto che nel procedimento per decreto ingiuntivo, cui segue l’opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell’onere deriva dal fatto che «si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale»: il creditore del rapporto sostanziale diventa, infatti, l’opposto nel giudizio di opposizione. Questa caratteristica del giudizio in opposizione a decreto ingiuntivo può portare, secondo la Cassazione, «ad individuare nel titolare del rapporto sostanziale la parte sulla quale grava l’onere di attivare il procedimento di mediazione, quando in realtà la soluzione dev’essere quella opposta». Spetterebbe, in conclusione, all’opponente attivarsi per avviare la mediazione in quanto «è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga».

Secondo il Tribunale di Busto Arsizio, l’orientamento della Cassazione si pone in contrasto con il principio costituzionale di cui all’art. 24: perché pone l’onere di intraprendere la mediazione, alla parte che sceglie di «instaurare un giudizio di opposizione avverso un provvedimento reso in assenza di un contraddittorio e sulla base di un’istruzione sommaria, quasi come se la mediazione fosse una sorta di sanzione nei confronti di chi agisce in giudizio».

Detto orientamento – prosegue la pronuncia in esame – contrasta pure con il consolidato principio secondo cui «nel giudizio ex art. 645 c.p.c. l’opposto riveste la natura sostanziale di attore e l’opponente di convenuto».

Ciò posto, il Tribunale di Busto Arsizio afferma che – «se a norma dell’art. 5, co. 1-bis, d. lgs. 28/2010 … “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di […] contratti bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto”» e «fermo restando il disposto del comma 4 per i procedimenti monitori» – l’onere di esperire il procedimento di mediazione «incombe sul creditore opposto, atteso che egli riveste la natura di parte attrice e che l’azione cui si riferisce la citata norma è la domanda monitoria, non già l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso in accoglimento della stessa».


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