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Mediazione obbligatoria incostituzionale: intervista con Paolo Giuggioli, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano

26 Ottobre 2012
Di cosa si parla in questo articolo

È notizia di mercoledì, 24 ottobre 2012, la pronunciata illegittimità costituzionale della mediazione obbligatoria di cui al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28.

Abbiamo affrontato il tema con il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, Avvocato Paolo Giuggioli, al quale abbiamo posto le seguenti domande.

Presidente Giuggioli, dopo lunghi mesi di attesa si è finalmente conclusa l’affannosa vicenda relativa alla legittimità costituzionale della mediazione obbligatoria. Come viene accolta dagli operatori della giustizia la pronuncia della Consulta?

La sentenza della Corte Costituzionale certifica la fondatezza di quanto denunciato sin dal principio dall’Avvocatura, e di ciò siamo ovviamente lieti.

La nostra presa di posizione tuttavia non è stata isolata; si può infatti rammentare che anche da parte della magistratura sono stati manifestati dubbi sugli stessi punti su cui si sono fondate le iniziative d’impugnazione che hanno portato alla pronuncia della Corte.

Sarebbe stato quindi meglio un tempestivo ripensamento nell’anno di vigenza del D. Lgs. 28/2010 precedente all’acquisizione di efficacia delle norme sulla mediazione obbligatoria (marzo 2010/marzo 2011) o, comunque, all’inizio del 2011, quando era in discussione il possibile rinvio proprio delle norme sulla obbligatorietà della mediazione, caldeggiato peraltro anche dalle commissioni parlamentari in considerazione dell’ampio consenso che, in tale periodo, si era formato attorno alla necessità di una profonda revisione della materia.

La Corte costituzionale ha deciso per l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione. La non obbligatorietà della mediazione è una scelta irreversibile o potrà essere rimessa in discussione dal Governo con un nuovo decreto legislativo delimitando, ad esempio, le materie di riferimento?

La questione è molto delicata. Va innanzitutto detto che per una corretta valutazione della questione posta, occorrerebbe poter leggere l’intero provvedimento della Corte Costituzionale.

Tuttavia, si può osservare che le obiezioni sollevate dall’Avvocatura non riguardano solo l’aspetto dell’eccesso di delega su cui, stando al comunicato diffuso, si sono soffermati i giudici costituzionali. L’attenzione è stato posta anche sul fatto che con l’obbligatorietà dell’esperimento del tentativo di conciliazione attraverso la procedura di mediazione si è limitato gravemente il diritto dei cittadini ad accedere in modo diretto e immediato alla Giustizia ordinaria. L’obbligo, inoltre, è stato previsto solo per le controversie vertenti sulle materie specificate nel D.Lgs. 28/2010, determinando così una situazione di disparità di trattamento che collide con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.

Tali rilievi, per citarne alcuni, dovrebbero scoraggiare qualunque iniziativa legislativa tesa alla reintroduzione dell’obbligo di mediazione, che condurrebbe con ogni probabilità a una nuova bocciatura da parte della Corte.

Di certo, per poter intervenire con un nuovo decreto legislativo, il Governo dovrebbe ricevere una nuova e più ampia delega dal Parlamento che contempli l’introduzione dell’obbligatorietà della mediazione.

La Corte Costituzionale ha messo davvero un freno alla privatizzazione della giustizia?

Sicuramente è stata restituita centralità alla giurisdizione ed è stato spezzato il perverso legame introdotto dalla normativa tra l’esito della mediazione e il successivo processo intentato davanti al giudice ordinario.

L’errore è stato credere che il problema dell’arretrato civile incombente sul sistema giudiziario potesse essere risolto obbligando i cittadini, sotto pena di sanzioni, a rivolgersi preventivamente agli Organismi di mediazione per i quali, peraltro, la normativa non ha mai fissato adeguati requisiti di indipendenza, imparzialità, serietà ed efficienza.

Dal comunicato stampa di ieri sembra che l’esito del giudizio non riguardi l’istituto della mediazione obbligatoria, bensì l’operato del Governo in relazione a quanto deliberato dal Parlamento con la legge delega (articolo 60 della legge 69/2009) in attuazione della nota direttiva europea n. 52/2008. Ritiene ci sia margine per ripensare alla mediazione quale filtro preventivo all’azione giudiziale? In che termini?

I dati sulla mediazione, nonostante l’obbligatorietà, indicano che essa non ha determinato una significativa riduzione delle cause giunte davanti alla giurisdizione, smentendo le ottimistiche previsioni ministeriali. È quindi evidente che questo strumento deve ancora conquistare uno spazio e una valenza propri. È perciò necessario agevolare il percorso culturale che, va riconosciuto, è già iniziato e che, in un ambito di volontarietà e soprattutto per controversie di minor valore, dovrebbe condurre a prendere in considerazione sempre più spesso il ricorso alla mediazione per una rapida soluzione delle liti.

Tuttavia, ritengo che l’obiettivo di ridurre l’arretrato del contenzioso civile può essere perseguito solo con l’adozione di provvedimenti di riorganizzazione e modernizzazione del sistema giudiziario, come per esempio si sta facendo con il processo civile telematico, e con riforme che facilitino la semplificazione e lo snellimento delle regole processuali.

Quali saranno le conseguenze sulle numerosissime società private costituite per l’esercizio della funzione conciliativa?

In questa fase è difficile fare previsioni.

Anche sotto questo profilo occorre poter esaminare le motivazioni della decisione della Corte Costituzionale. In ogni caso, se una prospettiva vi può essere, essa dovrà necessariamente implicare un grande sforzo di qualificazione professionale delle realtà operanti nel settore.

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