Background
Gli European Long-Term Investment Funds (c.d. ELTIF) rappresentano uno degli strumenti attraverso cui le istituzioni comunitarie si propongono di realizzare la c.d. Unione del Mercato dei Capitali (Capital Markets Union) oggetto del Green Paper pubblicato il 18 febbraio 2015 dalla Commissione Europea: questo nuovo livello di integrazione dovrebbe consentire alle imprese europee di ridurre la propria dipendenza dal canale bancario nel reperimento di fonti di finanziamento a lungo termine e si pone, pertanto, in maniera complementare al pacchetto di investimenti da 315 miliardi previsto del Piano Juncker.
In particolare, gli ELTIF, previsti e disciplinati dal Regolamento (UE) n. 760/2015 (c.d. Regolamento ELTIF), costituiscono una nuova tipologia di organismi di investimento collettivo del risparmio, istituiti con l’ambizioso fine di stimolare la c.d. economia reale favorendo gli investimenti a lungo termine, tanto da parte degli investitori professionali quanto di quelli retail, in progetti quali la realizzazione di infrastrutture di trasporto, la produzione sostenibile o la distribuzione di energia, le infrastrutture sociali (alloggi o ospedali) oppure il lancio di tecnologie e sistemi nuovi in grado di ridurre l’impiego di risorse e di energia, o ancora per progetti volti a un’ulteriore crescita delle PMI.
Attualmente, anche per via delle feature assolutamente peculiari di tali strumenti, è difficile pronosticare le probabilità di successo dell’iniziativa. Ad ogni modo, il clima di fervente attesa e curiosità diffuso tra gli operatori e tra i policy maker è destinato a durare fino al termine dell’anno: sarà, il 9 dicembre 2015, infatti, la data in cui gli ELTIF sbarcheranno sul mercato, secondo quanto previsto dallo stesso Regolamento ELTIF.
L’intervento dell’ESMA
Nel frattempo, lo scorso 31 luglio l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), in conformità a quanto previsto nel suddetto Regolamento, ha avviato una consultazione, aperta alle società di gestione di ELTIF e di FIA ed ai potenziali investitori – sia professionali che retail, interessati ad investire in tali strumenti – nonché alle rispettive associazioni di categoria – al fine di definire gli standard tecnici di regolamentazione (RTS) degli ELTIF, i quali troveranno applicazione a partire dalla data di efficacia del Regolamento.
Stante la peculiare funzione di questi nuovi veicoli di investimento, infatti, il Regolamento ELTIF ha posto alcuni criteri ed alcuni limiti che dovranno essere osservati dai gestori nella costituzione, nella gestione e nella liquidazione di tali fondi e che devono pertanto essere puntualmente circoscritti con l’intervento dell’ESMA.
Utilizzo degli strumenti finanziari a scopo di hedging
La natura “reale” degli investimenti degli ELTIF, emerge in primis dal divieto posto dall’art 9., par. 2, del Regolamento ELTIF, che prevede, sostanzialmente, che tali fondi non possano impiegare strumenti finanziari derivati, se non allo scopo esclusivo di copertura (hedging) dei rischi inerenti agli investimenti effettuati dagli ELTIF.
A tal proposito, L’ESMA è stata chiamata a precisare la nozione di hedging: nel documento di consultazione, l’Autorità europea propone di partire dalla definizione contenuta nella normativa secondaria e regolamentare già in vigore – e, segnatamente, negli International Financial Reporting Standards (IFRS), nel Regolamento delegato (UE) n. 149/2013 e negli orientamenti CESR/10-788 emanati dalla stessa ESMA (allora CESR) nel luglio del 2010.
Pur nella consapevolezza delle difficoltà insite nel definire con precisione ex ante quali siano le asset class nelle quali gli ELTIF possono effettivamente investire e, di conseguenza, nel delineare con esattezza tutte le tipologie di rischio che possono essere oggetto di copertura da parte degli ELTIF, l’Autorità ha individuato una serie di rischi tipici degli investimenti in tali fondi: si tratta, in particolare, del rischio di cambio, del rischio di inflazione e del rischio di tasso di interesse.
Lunghezza minima del ciclo di vita degli ELTIF
Un’altra caratterista strutturale degli ELTIF, discendente dalla sua natura di fondo chiuso, è la previsione di una lunghezza minima del ciclo di vita del medesimo fondo: il Regolamento ELTIF, infatti, prevede che gli investitori in un ELTIF non possano chiedere il rimborso delle quote o delle azioni detenute prima della fine del suo ciclo di vita. Con riferimento a tale aspetto, l’ESMA rileva che gli asset in cui investe un ELTIF possono avere differenti profili di scadenza e precisa che, in tal caso, il ciclo di vita del fondo dovrebbe essere legato al ciclo di vita dell’asset più longevo. In ogni caso, secondo l’Autorità di vigilanza, al momento del lancio del fondo il gestore dovrebbe calcolare il ciclo di vita dell’ELTIF sulla base degli asset in cui prevede di investire al momento in cui presenta la richiesta di autorizzazione all’autorità nazionale competente.
La liquidazione del fondo: il target market degli acquirenti e la valutazione delle attività dell’ELTIF
Passando alla fase di liquidazione del fondo, si pone una duplice problematica: da un lato, come garantire agli investitori il riscatto effettivo delle proprie azioni o quote alla fine del ciclo di vita dell’ELTIF; dall’altro, quali criteri adottare al fine di valutare le attività da liquidare.
Con riferimento alla prima questione, l’ESMA ritiene che il gestore dell’ELTIF debba iniziare a vendere il portafoglio di attività dell’ELTIF in tempo utile per garantire l’adeguata realizzazione del valore, stabilendo un calendario di disinvestimento ordinato e considerando i diversi profili di scadenza degli investimenti e il tempo necessario per trovare un acquirente delle attività nelle quali l’ELTIF ha investito. Secondo l’Autorità di Vigilanza, inoltre, il target dei potenziali acquirenti degli asset degli ELTIF dovrebbe essere delineato, prendendo in considerazione tre tipologie di rischi che caratterizzano l’investimento in tali attività: (i) rischio di illiquidità; (ii) rischio associato a modifiche legislative (i.e. modifiche della normativa fiscale) o rischio politico (i.e. nazionalizzazione di attività); (iii) rischio di peggioramento della situazione economica.
Quanto al secondo profilo, l’ESMA coglie il rinvio effettuato dall’art. 7, par. 2, del Regolamento ELTIF alla direttiva 2011/61/UE (AIFMD) sui fondi alternativi (FIA) per chiarire che, anche per la valutazione dei beni degli ELTIF, pertanto, sarà applicabile la disciplina prevista per i GEFIA: pertanto, i gestori dovranno garantire che, per ciascun ELTIF gestito, il NAV per quota o per azione sia calcolato in occasione di ciascuna emissione o sottoscrizione o rimborso di quote o azioni – ma, in ogni caso, almeno una volta all’anno.
La tutela dell’investitore retail
Da ultimo, l’ESMA si concentra sulle misure poste a tutela dei risparmiatori – e, in particolare, agli investitori retail – proponendo degli standard adeguati di disclosure sui costi sostenuti, da fornire nel KIID e nel prospetto e raccomandando che, nella commercializzazione dei fondi, siano garantite tutte quelle facilitazioni a favore degli investitori al dettaglio già previste per gli OICVM dalla direttiva UCITS IV.