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Attualità

MiFID II: disciplina e prospettive per la consulenza indipendente

7 Giugno 2017

Avv. Claudia Colomba, Senior Associate, Hogan Lovells Studio Legale

Di cosa si parla in questo articolo

Il comma 21 dell’art. 1 dello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/65/UE (c.d. MiFID II) introduce nel decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58 (il "Testo Unico della Finanza") un nuovo articolo 24-bis volto a disciplinare in materia specifica la consulenza in materia di investimenti ed, in particolare, la consulenza indipendente, indicando gli elementi da tenere in considerazione per la prestazione della stessa.

L’intervento si pone sulla scia di una complessiva revisione del vigente assetto normativo, intervenuto con la legge di Stabilità per il 2016, che ha già introdotto nel Testo Unico della Finanza una differente disciplina per consulenti finanziari autonomi, consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede e società di consulenza finanziaria. Ad oggi, tuttavia, solo i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede possono essere iscritti nell’albo tenuto dall’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei Consulenti Finanziari (OCF). La CONSOB e l’OCF, infatti, non hanno ancora adottato il protocollo di intesa volto a dettare le modalità operative e i tempi del trasferimento delle funzioni, gli adempimenti occorrenti per dare attuazione al nuovo assetto statutario e organizzativo, nonché le attività propedeutiche connesse all’iscrizione dei consulenti finanziari autonomi e delle società di consulenza finanziaria.

In tale contesto, lo schema di decreto, implementando la MiFID II non introduce nuovi o distinti servizi di consulenza in materia di investimenti bensì un diverso livello di servizio prevedendo la possibilità per il cliente di beneficiare di una consulenza finanziaria indipendente, così segnando un passaggio da una logica di prodotto ad un obiettivo di tutela delle esigenze della clientela.

Ai sensi dell’art. 24-bis dello schema di decreto legislativo, che sarà introdotto nel Testo Unico della Finanza, il cliente, infatti, deve essere informato, in tempo utile prima della prestazione del servizio, a) se la consulenza è fornita su base indipendente o meno; b) se la consulenza è basata su un’analisi del mercato ampia o più ristretta delle varie tipologie di strumenti finanziari, e in particolare se la gamma è limitata a strumenti finanziari emessi o forniti da entità che hanno con il prestatore del servizio stretti legami o altro stretto rapporto legale o economico, come un rapporto contrattuale talmente stretto da comportare il rischio di compromettere l’indipendenza della consulenza prestata; c) se verrà fornita ai clienti la valutazione periodica dell’adeguatezza degli strumenti finanziari raccomandati.

Nel caso in cui venga prestata consulenza indipendente, a) deve essere valutata una congrua gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato, che siano sufficientemente diversificati in termini di tipologia ed emittenti o fornitori di prodotti in modo da garantire che gli obiettivi di investimento del cliente siano opportunamente soddisfatti e non siano limitati agli strumenti finanziari emessi o forniti: i) dal prestatore del servizio o da entità che hanno con esso stretti legami, o ii) da altre entità che hanno con il prestatore del servizio stretti legami o rapporti legali o economici, come un rapporto contrattuale talmente stretto da comportare il rischio di compromettere l’indipendenza della consulenza prestata; b) non devono essere accettati e trattenuti onorari, commissioni o altri benefici monetari o non monetari pagati o forniti da terzi o da una persona che agisce per conto di terzi, ad eccezione dei benefici non monetari di entità minima che possono migliorare la qualità del servizio offerto ai clienti e che, per la loro portata e natura, non possono essere considerati tali da pregiudicare il rispetto del dovere di agire nel migliore interesse dei clienti. Tali benefici non monetari di entità minima devono essere chiaramente comunicati ai clienti.

Gli elementi sopra delineati si traducono in una modalità di prestazione ad alto valore aggiunto del servizio di consulenza che potenzialmente potrebbe essere fornita al cliente anche dai consulenti che prestano la loro opera per conto di un soggetto regolamentato (banca, SIM o SGR). Tuttavia, considerando che i soggetti regolamentati possono decidere se prestare o meno il servizio di consulenza su base indipendente e se affiancarlo alla consulenza tradizionale, l’interrogativo che ci si pone è se ci sarà effettivamente spazio per la prestazione del servizio di consulenza su base indipendente da parte di consulenti finanziari operanti per conto di società prodotto o se nella pratica la consulenza indipendente costituisce uno strumento volto a favorire l’attività di soggetti estranei alla filiera produttiva finanziaria (quali i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria).

Infatti, la possibilità per il consulente operante per una SIM di valutare in modo indipendente una gamma di prodotti inclusiva di potenziali investimenti estranei alla filiera produttiva finanziaria di appartenenza, seppur nell’interesse del cliente, sembrerebbe porsi in controtendenza rispetto alle tipiche dinamiche di business di un soggetto regolamentato. Da un lato, il consulente indipendente dovrebbe avvalersi di una divisione organizzativa dedicata (con relativi costi di set-up e mantenimento e dotata di una specifica competenza professionale) per valutare una gamma di prodotti ampia. Dall’altro, il soggetto regolamentato potrebbe godere di vantaggi economici diretti – rivenienti dalla retribuzione "a parcella" della consulenza indipendente – e indiretti – di tipo reputazionale -, legati alla maggiore cura ed attenzione agli interessi del cliente.

Tuttavia, un confronto con prodotti di terzi, potrebbe spingere gli intermediari a pensare a prodotti specifici per la consulenza indipendente che possano superare con facilità il test di adeguatezza alle caratteristiche del cliente, battendo il confronto con gli altri prodotti presenti nell’ampio ventaglio da rappresentare al cliente stesso. In tal modo verrebbe favorita una crescita della competizione anche sul fronte della qualità, considerato che il cliente potrà rendersi conto in maniera chiara del prezzo del prodotto e del servizio offerto.

In altri paesi la consulenza indipendente è disciplinata da tempo. Nel Regno Unito, ad esempio, già nel 2012, la Financial Conduct Authority (FCA) – nell’ambito della c.d. Retail Distribution Review (RDR)[1] -, ha predisposto una guida descrittiva delle possibili modalità di prestazione del servizio di consulenza a consumatori inclusiva di una specifica disciplina della consulenza ‘indipendente’ e della consulenza ‘ristretta’. La consulenza indipendente, in particolare, è volta garantire l’assenza di pregiudizi verso soluzioni particolari o di qualsiasi restrizione che limiterebbe la gamma di soluzioni che le imprese possono raccomandare ai propri clienti. Nel fornire consulenza indipendente, un’impresa non dovrebbe essere limitata dal fornitore di prodotti e dovrebbe anche essere in grado di considerare oggettivamente tutti i tipi di prodotti per gli investimenti al dettaglio che sono in grado di soddisfare le esigenze e gli obiettivi di investimento di un cliente al dettaglio. Ciò ha consentito una diffusione della consulenza indipendente basata sul rifiuto di un sistema di retribuzione del servizio di tipo incentivante.

La prestazione del servizio di consulenza indipendente da parte soggetti estranei alla filiera produttiva finanziaria, per quanto più adatta al perseguimento dell’interesse di tutela del cliente, si scontra, invece, con la realtà italiana. Da un lato, come sopra indicato, vi è al momento l’impossibilità per i consulenti finanziari autonomi e per le società di consulenza finanziaria di essere iscritte nell’albo gestito dall’OCF. Dall’altro, la clientela retail è difficilmente disposta a sostenere una duplicazione dei costi (i.e. l’onorario del consulente indipendente per l’analisi e la raccomandazione resa e le spese di esecuzione degli investimenti raccomandati dal consulente indipendente tramite un soggetto terzo).

Non va però dimenticato che, ai sensi dell’Art 24 della MiFID II, si ampliano per i soggetti regolamentati gli obblighi di comunicazione alla clientela dei costi e degli oneri connessi ai servizi di investimento o accessori, così da includere il costo della consulenza (se rilevante), il costo dello strumento finanziario raccomandato o venduto al cliente e le modalità con cui il cliente può remunerare il servizio di investimento ricevuto.

Non è detto quindi che ciò non possa determinare nel lungo termine, in Italia, un ridimensionamento della consulenza tradizionale, laddove il cliente dovesse rifiutare un meccanismo di remunerazione del consulente basato su un sistema incentivante legato alle caratteristiche del prodotto e preferire, invece, di retribuire direttamente (anche a fronte del sostenimento di un maggior costo) un servizio di consulenza denso di contenuti reali ed effettivamente indipendente. Inoltre, la consulenza indipendente potrebbe essere fonte di ricollocamento per gli operatori del mondo bancario che stanno subendo il fenomeno Brexit e le riorganizzazioni e che sono in possesso di expertise che ben si combinerebbero con le finalità della consulenza indipendente.



[1] https://www.fca.org.uk/firms/independent-and-restricted-advice

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