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Mutual Agreement Procedures (MAP): criticità delle procedure e tecniche operative di gestione

18 Maggio 2020

Franco Pozzi e Lisa Vascellari Dal Fiol, SBNP Studio Legale Tributario Biscozzi Nobili Piazza

Di cosa si parla in questo articolo
MAP

Premessa

Nel corso del nostro precedente intervento sull’argomento in esame, sono stati illustrati gli aspetti generali delle procedure internazionali (note anche come “Mutual Agreement Procedures” o “MAP”) volte alla composizione delle controversie in materia fiscale, con particolare focus su quelle riguardanti i prezzi di trasferimento infragruppo (cd. “transfer pricing”); abbiamo, in particolare, evidenziato le principali limitazioni derivanti dai rapporti con il contenzioso interno e più in generale con le norme procedurali che lo governano, nonché dalla mancata copertura delle sanzioni (ed interessi), dall’attuale preclusione prevista in caso di accordi conclusi nell’ambito degli istituti deflativi del contenzioso ed in presenza di fattispecie aventi rilevanza penale. Nella medesima sede si è proceduto ad evidenziare – in estrema sintesi – anche le criticità emerse dalla prospettiva internazionale, contenuta nel recentissimo documento OCSE “Making Dispute Resolution More Effective – MAP Peer Review Report, Italy (Stage 2)”.

In questa seconda parte verranno esaminati in dettaglio taluni aspetti operativi di carattere procedurale, che – ad oggi – consentono in parte di mitigare le criticità di tali procedure, facendo riferimento sia alle MAP previste dalle convenzioni bilaterali sottoscritte dall’Italia (“MAP Convenzionali”), sia dalla Convenzione 90/436/CEE del 23 luglio 1990 (c.d. “Convenzione Arbitrale”), ratificata in Italia con la L. 22 marzo 1993, n. 99 (di seguito anche “MAP UE”), oltre ad illustrare gli scenari futuri, che sono di particolare interesse in relazione agli istituti in esame.

1. Gli strumenti attuali per favorire il funzionamento delle MAP: la sospensione del processo tributario interno e la sospensione della riscossione – aspetti operativi

Come evidenziato nella prima parte del nostro contributo, il rapporto delle MAP con il contenzioso interno può creare problemi pratici nella gestione contemporanea delle due procedure (i.e. quella nazionale e quella internazionale), con effetti distorsivi alla luce della ratio degli strumenti di composizione internazionale delle controversie. Sotto questo profilo, dunque, assumono particolare rilevanza le disposizioni che disciplinano la sospensione del processo tributario e la sospensione della riscossione.

1.1. La sospensione del processo tributario

Nell’ottica di evitare che in pendenza di MAP intervenga una sentenza del giudice nazionale, che ne impedirebbe la prosecuzione, l’articolo 9, comma 1, lettera o), del D. Lgs. 156/2015, ha aggiunto all’articolo 39 del D. Lgs. 546/1992, il comma 1-ter, in forza del quale è previsto che “il processo tributario è altresì sospeso, su richiesta conforme delle parti, nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole ai sensi delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni stipulate dall’Italia ovvero nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole ai sensi della Convenzione relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/463/CEE del 23 luglio 1990” (sottolineatura ed enfasi aggiunte).

L’introduzione di tale disposizione, specifica per le controversie con profili internazionali, ha avuto una portata fortemente innovativa; nella precedente formulazione – infatti – la norma prevedeva la sospensione del processo, applicabile a qualsiasi fattispecie, solo in caso di proposizione di “querela di falso o decisione pregiudiziale di una questione sullo stato o la capacità delle persone, fatta eccezione per la capacità di stare in giudizio”. Inoltre, la normativa domestica non contemplava alcuna disposizione di coordinamento tra il contenzioso interno e le procedure amichevoli (con riferimento sia alle MAP Convenzionali, sia alle MAP UE) e l’unico riferimento interpretativo era rappresentato dalle indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria con la Circolare n. 21/E del 5 giugno 2012 (di seguito “Circolare MAP”)[1].

Nell’ambito del nuovo contesto normativo, con l’ampliamento delle ipotesi di sospensione del processo tributario ai sensi del comma 1-ter dell’articolo 39, del D. Lgs. 546/1992, è prevista, dunque, la sospensione processuale su istanza delle parti (di fatto concordata), qualora esse si siano attivate per dare avvio alle procedure amichevoli. A questo proposito, nonostante le incertezze iniziali in merito all’interpretazione della norma, pare sussistere un vero e proprio obbligo in capo al giudice tributario – qualora le parti lo richiedano – di disporre, con provvedimento ordinatorio, la sospensione del processo sino alla conclusione della procedura (in caso di MAP Convenzionale), ovvero sino alla rinuncia al contenzioso (in caso di MAP UE), escludendo qualsiasi margine di discrezionalità da parte del giudice stesso.

In merito al contenuto, la richiesta delle parti deve indicare alla Commissione Tributaria l’avvenuta instaurazione di una procedura amichevole. Peraltro, non è sufficiente la mera presentazione dell’istanza di avvio della MAP, essendo necessaria la preventiva ammissione[2] da parte delle autorità (italiane) alla procedura medesima, ammissione che è emessa a seguito della verifica della fondatezza dell’istanza da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze (di concerto con l’Agenzia delle Entrate).

A tal proposito è rilevante sottolineare che il legislatore, contrariamente a quanto previsto nell’ambito del processo civile dall’articolo 296 cpc, non ha previsto alcun termine di durata. Si tratta, in effetti, di una scelta calzante, essendo non note in anticipo le tempistiche di conclusione della procedura internazionale. Si tratta, invero, di un’ipotesi di sospensione “necessaria” del tutto atipica, in quanto la richiesta di sospensione del processo è rimessa esclusivamente alla volontà (concorde) delle parti. Non sembra, peraltro (in assenza di chiarimenti in proposito), sussistere la possibilità che una delle parti, successivamente e unilateralmente, richieda ed ottenga l’interruzione dello stato di quiescenza del processo.

Da un punto di vista operativo va – peraltro – sottolineato che l’istanza “conforme” (e, nei fatti, congiunta) per la sospensione del giudizio interno si concretizza, tendenzialmente, in due istanze autonome da parte del contribuente e dell’Amministrazione finanziaria: nella prassi, il contenuto delle predette istanze viene preventivamente concordato tra le parti, dando reciprocamente e formalmente atto che entrambe procederanno in tal senso.

Nell’ambito del rapporto di affidamento del contribuente, l’Agenzia delle Entrate dovrebbe ragionevolmente motivare la mancata richiesta di sospensione del giudizio in tali fattispecie; a questo proposito, nell’esperienza pratica si è riscontrata una costruttiva collaborazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Tuttavia, poiché la sospensione “concordata” del giudizio interno investe anche gli ulteriori ed eventuali rilievi accertativi non oggetto di MAP (l’articolo 35, comma 3, ultimo periodo, del Dlgs 546/1992 esclude, infatti, l’ammissibilità di sentenze non definitive o limitate solo ad alcune parti del petitum[3]), non si può escludere che l’Agenzia rifiuti di formulare l’istanza di sospensione, nei casi in cui l’atto impugnato contenga altri rilievi (di natura sostanziale) oltre a quelli in tema di transfer pricing, rendendo, di fatto, sterile la richiesta del contribuente[4].

Come si vedrà nel seguito, le criticità relative alla previsione atipica del comma 1-ter dell’art. 39 sopra menzionato, che può, nella concreta applicazione, comportare effetti distorsivi rispetto alla sua ratio, dovrebbero essere in parte superate con gli interventi normativi di prossima emanazione.

1.2. La sospensione della riscossione in pendenza delle procedure amichevoli

In caso di MAP UE, esiste una norma specifica (art. 3, comma 2, della Legge della Convenzione Arbitrale) che contempla la possibilità di ottenere la sospensione in via amministrativa della riscossione delle imposte oggetto di MAP. La disposizione citata prevede, infatti, che: “Nelle more dello svolgimento delle procedure di cui al comma 1, il Ministro delle finanze, con proprio decreto, può autorizzare la sospensione della riscossione o degli atti esecutivi sino alla conclusione del procedimento. A tal fine il contribuente deve presentare istanza, tramite l’intendenza di finanza competente in ragione del domicilio fiscale, che può richiedere idonea garanzia a copertura del credito erariale (…).”.

All’atto pratico, a seguito di specifica istanza del contribuente, le autorità competenti prendono atto delle ragioni su cui si fondano le richieste di sospensione della riscossione o degli atti esecutivi, ai sensi della norma da ultimo citata, ovvero che la richiestanon appaia “manifestamente infondata, anche in considerazione del fatto che la materia dei prezzi di trasferimento risulta di complessa applicazione, principalmente sotto il profilo dell’individuazione dei soggetti comparabili e delle connesse analisi funzionali e di rischio”[5].

Peraltro, da un punto di vista formale, il provvedimento di sospensione della riscossione è successivamente emanato dalla Direzione Regionale competente, che valuta anche – qualora ne ricorrano i presupposti – l’opportunità di richiedere idonea garanzia a copertura del credito erariale (come espressamente previsto dalla norma).

La sospensione della riscossione ha – di norma – efficacia sino alla conclusione di tutte le procedure bilaterali incardinate (nel caso in cui i rilievi contenuti nell’atto oggetto di controversia coinvolgano più Stati esteri, con i quali, dunque, siano pendenti più MAP contestualmente), così come il giudizio interno, fermo restando che sulle somme che risulteranno dovute si applicheranno gli interessi di legge[6].

A tal proposito giova evidenziare che nella prassi pare ragionevole, come verificato in alcuni casi concreti, che la sospensione della riscossione venga concessa anche per rilievi non oggetto di MAP ai sensi della Convenzione UE poiché “sussiste, comunque, la necessità di garantire una maggiore efficienza, efficacia ed economicità amministrative e processuali anche con riferimento al recupero … e al rilievo concernente le operazioni intercorse con la società …….; (…) vi è l’interesse pubblico sia di prevenire il possibile contrasto tra le pronunce giudiziali e la decisione assunta dalle amministrazioni in esito alla procedura convenzionale sia di assicurare l’unitarietà della riscossione al termine della procedura amichevole ed all’esito della stessa”[7]. Non è escluso, tuttavia, che l’Amministrazione, in forza dell’art. 39 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, conceda una sospensione (solo) parziale, provvedendo alla riscossione (provvisoria) delle somme non legate alla materia del transfer pricing.

Di contro, per le MAP Convenzionali non sono previsti, ad oggi, rimedi ad hoc in tema di sospensione della riscossione in pendenza di giudizio, ferma restando la possibilità di ricorrere alle ordinarie misure – quali l’istituto della sospensione della riscossione in via amministrativa o giurisdizionale – rispettivamente previste dall’articolo 39, comma 1, del DPR n. 602/1973 e dall’articolo 47 del D. Lgs. 546/1992[8]. Appare, inoltre, opportuno evidenziare che nell’ambito della Convenzione Modello OCSE, non è espressamente regolamentato il pagamento delle imposte dovute in pendenza di giudizio: sul punto, l’OCSE si limita a sottolineare che la riscossione delle imposte non dovrebbe costituire un prerequisito per accedere alla MAP, come previsto in talune giurisdizioni (tra cui – peraltro – non è compresa l’Italia)[9].

2. Scenari futuri per le MAP Convenzionali a seguito dell’adozione della “Multilateral Convention” (MLI)

2.1. Le convenzioni bilaterali sottoscritte dall’Italia e la Convenzione Modello OCSE 2017

Nel quadro normativo di riferimento attuale, come già evidenziato nella prima parte del contributo, le procedure amichevoli disciplinate dalle Convenzioni bilaterali sottoscritte dall’Italia sono – di norma – coerenti con la formulazione dell’art. 25 della Convenzione Modello OCSE, nel testo antecedente alla versione del 2008[10] e non prevedono, dunque, un obbligo di risultato.

Di converso, la formulazione più recente (2017) dell’art. 25 della Convenzione Modello prevede la cd. “clausola arbitrale”, in base alla quale, laddove gli Stati coinvolti non siano in grado di raggiungere un accordo in fase amichevole, la controversia medesima viene rimessa alla decisione arbitrale[11] (comunque su istanza del contribuente); come già evidenziato, nella maggior parte dei casi, tale disposizione non è contemplata dalle convenzioni attualmente stipulate dall’Italia[12].

Si è già avuto modo di chiarire, anche nella prima parte del contributo, che una MAP Convenzionale non prevede, in capo alle autorità competenti, un obbligo di risultato tale da assicurare l’eliminazione della pretesa doppia imposizione. La stessa Amministrazione finanziaria ha sottolineato[13], riprendendo il Commentario alla Convenzione Modello OCSE, che “sussiste unicamente un obbligo di diligenza che impone alle Amministrazioni finanziarie interessate di “fare del loro meglio” (“shall endeavour”) al fine di addivenire a un accordo che elimini l’imposizione non conforme alla Convenzione. A tale proposito, il Commentario OCSE all’articolo 25 (paragrafo 37) espressamente chiarisce che “il paragrafo 2 senza dubbio comporta un dovere di trattare; ma per quanto attiene al raggiungimento del mutuo accordo a mezzo della procedura, le autorità competenti hanno soltanto l’obbligo di fare del loro meglio e non quello di raggiungere un risultato”.

Allo stato attuale, solo talune convenzioni stipulate dall’Italia prevedono una clausola arbitrale che, tuttavia, non include una “mandatory arbitration”, ma dispone l’attivazione dell’arbitrato solo a seguito del consenso di entrambi gli Stati e del contribuente[14]. In alcuni casi, l’effettività della clausola è anche sottoposta alla condizione che preventivamente abbia luogo uno scambio di note tra gli Stati. Lo scambio di note, oltre a manifestare la volontà degli Statidi implementare la clausola arbitrale, è inteso a definire i relativi termini operativi (modalità di formazione della commissione consultiva, criteri di selezione dei membri, ripartizione dei costi, scelta della lingua di lavoro etc.).

Da ultimo, è opportuno evidenziare come nell’ambito delle procedure MAP Convenzionali il ruolo del contribuente sia sostanzialmente limitato: in altri termini allo stesso è riconosciuto un mero diritto di informazione. A tal proposito, nella guida sulle procedure amichevoli stilata dall’OCSE (cd. “Manual on Effective Mutual Agreement Procedures” o “MEMAP” – Sezione 3.3.3 e relativa best practice n. 14) si raccomanda che il contribuente venga informato dall’autorità competente sullo stato della procedura e possa, altresì, chiedere di essere ascoltato in merito alla controversia. Non esiste – per contro – alcun obbligo a tal proposito, e l’OCSE raccomanda esclusivamente di informare il contribuente con un breve riassunto delle trattative intercorse e dei motivi che hanno condotto al risultato dell’accordo MAP, al fine di rassicurare il contribuente sui fondamenti giuridici della stessa, ovvero che la medesima non si sia risolta in un mero “horse trading”[15].

2.2. Scenari futuri – La Multilateral Convention

Lo scenario di riferimento descritto è destinato – peraltro – a subire modifiche sostanziali nel medio termine, sia a recepimento della Direttiva UE 2017/1852[16], sia a seguito dell’entrata in vigore della Multilateral Convention (MLI) prevista dall’Action 15 del progetto BEPS.

Già dal 2017, con riferimento all’Italia,l’OCSE[17][18] ha evidenziato che “Italy should continue to grant access to MAP in all eligible cases under bilateral tax treaties,” (enfasi aggiunta) ed in tale contesto, la formulazione della MLI adottata (ad oggi) dall’Italia, oltre a prevedere l’implementazione di procedure MAP concluse positivamente, a prescindere da eventuali limitazioni rispetto agli ordinari termini di accertamento, contempla l’adozione di una clausola arbitrale obbligatoria da attivarsi “di default” dopo due anni dall’inizio della procedura amichevole.

L’Italia ha – peraltro – posto delle riserve[19] sulla Parte VI del MLI (art. 19 e ss), ovvero:

  • non è consentito il ricorso all’arbitrato nei casi in cui la controversia sia già stata decisa in sede giudiziaria in una delle giurisdizioni aderenti, ovvero la decisione intervenga prima che il collegio arbitrale abbia comunicato la propria pronuncia alle Autorità Competenti[20];
  • si prevede un impegno per le Autorità nazionali affinché non siano rivelate le informazioni ricevute nel corso della procedura arbitrale, anche in assenza di tale impegno da parte dell’altra giurisdizione aderente;
  • rimane la possibilità di disattendere la decisione arbitrale, nel caso in cui gli Stati aderenti concordino una soluzione diversa su tutte le questioni non risolte, entro i tre mesi dalla comunicazione della decisione arbitrale;
  • viene esclusa la possibilità di ricorrere all’arbitrato con riferimento – per quanto concerne problematiche di transfer pricing – a fattispecie per le quali la normativa domestica di riferimento prevede l’applicazione di sanzioni in casi di frode fiscale, grave negligenza o dolo[21].

3. Le principali novità derivanti dal recepimento della Direttiva UE 2017/1852

3.1. Cenni generali

Lo schema di Decreto Legislativo, sottoposto al parere preventivo della Camera nel corso del mese di gennaio 2020 (di seguito il “Decreto”)[22], a recepimento della la Direttiva UE 2017/1852 (di seguito la “Direttiva”), introdurrà nell’ordinamento nazionale regole più dettagliate in merito alla soluzione amichevole delle controversie internazionali (tra cui quelle in tema di prezzi di trasferimento), per lo meno tra Stati appartenenti all’Unione Europea; tali procedure – come illustrato nei paragrafi precedenti – al momento risultano incomplete ovvero di non semplice coordinamento con le norme domestiche, richiedendo, di conseguenza, un costante confronto con l’Amministrazione finanziaria[23]. In particolare, il Decreto prevede una procedura ulteriore e differenziata rispetto alle MAP UE ed alle MAP Convenzionali[24].

La Direttiva, e di riflesso il Decreto, riprendono sostanzialmente l’impianto della Convenzione Arbitrale, estendendone il campo di applicazione, nonché prevedendo ulteriori rimedi volti a superare le criticità riscontrate nell’operatività della stessa, con riguardo, in particolare, all’accesso, alla durata e all’effettiva conclusione della procedura; “restano invece escluse dal perimetro applicativo della Direttiva e, conseguentemente, del Decreto, le procedure tra Autorità competenti dirette a risolvere questioni di portata generale relative all’interpretazione ed applicazione dei suddetti Accordi e Convenzioni” (cfr. sul punto la relazione illustrativa al Decreto).

Più in dettaglio, rispetto all’impianto della Convenzione Arbitrale, vengono introdotti i seguenti elementi di novità, per quanto di interesse ai fini della presente analisi:

  • in caso di disaccordo tra gli Stati interessati circa la preventiva valutazione di ammissibilità ai fini dell’istanza di MAP, è prevista la possibilità di adire una Commissione consultiva competente ad esprimersi sull’ammissibilità stessa; a tal proposito, è, inoltre, prevista per il contribuente la possibilità di ricorrere agli organi giurisdizionali domestici anche in caso di diniego di accesso alla procedura MAP e/o di mancata istituzione della Commissione consultiva; diversamente, allo stato attuale la valutazione di inammissibilità dell’istanza MAP risulta non impugnabile;
  • per quanto attiene l’obbligo di risultato, si attribuisce al contribuente, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo da parte delle Autorità competenti degli Stati membri coinvolti nella procedura, il diritto di attivarsi richiedendo l’istituzione di una Commissione consultiva, dunque il passaggio alla “decisiva” fase arbitrale;
  • l’accesso alla procedura MAP è consentito anche in caso di definizione della controversia mediante istituti deflattivi che comportano la definitività dell’imposta (ad eccezione del ravvedimento operoso e della decisione giudiziale a mezzo conciliazione), ipotesi che, come si è visto, ad oggi risultano preclusive alla ridiscussione della pretesa in sede internazionale[25];
  • la richiesta di sospensione unilaterale del giudizio interno è facoltà del contribuente con sospensione dellariscossione (vedasi infra);
  • è consentito l’accesso alla fase arbitrale anche in pendenza di un giudizio interno, laddove, al contrario, ai sensi dell’art. 7, comma 3 della Convenzione UE, come chiarito anche nella Circolare MAP, il passaggio alla commissione consultiva è previsto solo se il contribuente interessato “ha lasciato scadere il termine di presentazione del ricorso o ha rinunciato a quest’ultimo prima che sia intervenuta una sentenza”[26].

Le disposizioni del Decreto si applicheranno alle istanze MAP presentate a decorrere dal l° luglio 2019 sulle questioni controverse riguardanti il periodo d’imposta che inizia il 1° gennaio 2018 e i successivi periodi d’imposta[27].

3.2. Lo svolgimento delle procedure amichevoli in forza della Direttiva

La prima fase del meccanismo previsto dalla Direttiva, riproducendo la Convenzione Arbitrale, prevede preliminarmente che l’istanza di apertura della MAP da parte del soggetto interessato sia presentata all’Agenzia delle Entrate e (salvo in ipotesi residuali) all’Autorità competente degli altri Stati membri entro il termine di tre anni dalla data in cui si è ricevuta la prima notifica dell’atto o di altro documento equivalente[28], ovvero dalla data in cui si verifica la misura che ha comportato o potrebbe comportare la doppia imposizione[29]. Inoltre, non è richiesta la preventiva instaurazione delle procedure contenziose nazionali[30].

Per contro, nel caso in cui sia già intervenuta una sentenza di merito da parte della Commissione tributaria competente o una decisione del giudice a seguito di conciliazione, la sentenza (anche se non definitiva) opera come causa ostativa. Inoltre, come espressamente previsto dal Decreto (articolo 9, commi 7 e 8), l’Agenzia delle Entrate rifiuta l’accesso alla procedura di risoluzione delle controversie nei casi in cui siano state irrogate pene per uno dei delitti di cui al Titolo II del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74[31], in relazione al reddito oggetto di rettifica[32]. In tali ambiti, il Decreto si pone in ottica di sostanziale continuità rispetto alla Convenzione Arbitrale e alle indicazioni contenute nella Circolare MAP, estendendo e rendendo omogenee le previsioni della stessa (nonché le relative interpretazioni) anche alle procedure instaurate in base ai trattati bilaterali.

Giova, comunque, sottolineare che, proprio al fine di evitare che l’impugnazione dinanzi al giudice nazionale possa risultare preclusiva alla conclusione della procedura di cui al Decreto (a causa dell’intervento di una sentenza), l’art. 3, comma 5 dello stesso prevede un meccanismo rafforzato di sospensione del giudizio interno, inserendo la lettera b) nell’art. 39, comma 1 ter, del D. Lgs. 546/1992, in particolare:

  1. la sospensione del giudizio può essere richiesta già al momento di presentazione dell’istanza di avvio della procedura prevista dal Decreto, senza attendere la comunicazione di ammissibilità della stessa da parte delle Autorità competenti;
  2. la richiesta di sospensione non richiede più un’istanza “conforme” (intendendosi, di fatto, congiunta) delle parti, ma è sufficiente una richiesta unilaterale da parte del contribuente; nel testo di Decreto attualmente disponibile, pare che anche questa ipotesi di sospensione sia “necessaria”, escludendo qualsiasi discrezionalità del giudice;
  3. ai sensi dell’art. 22, comma 3 del Decreto, la sospensione del giudizio interno comporta, in via automatica, anche la sospensione della riscossione in forza del nuovo comma 2 dell’art. 15 del D.P.R. 602/73.

Tenendo conto anche dell’ipotesi attualmente prevista dall’art. 31-quater, comma 1, lett. c) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (cd. “unilateral corresponding adjustment”)[33] nel Decreto si prevede che, entro sei mesi dalla ricezione dell’istanza o dalla ricezione di informazioni supplementari (c.d. “fase istruttoria”), l’Agenzia delle Entrate possa decidere di risolvere il caso in via unilaterale e di provvedere pertanto all’eliminazione della doppia imposizione senza coinvolgere le Autorità competenti degli altri Stati membri interessati. In tal caso, non dà seguito alle disposizioni del Decreto[34]. Alternativamente, l’Agenzia delle Entrate deve adottare, entro i sei mesi successivi dalla ricezione dell’istanza o delle informazioni supplementari, una decisione in merito all’accoglimento o meno dell’istanza di apertura della procedura amichevole.

In caso di rigetto[35] dell’istanza, è disposto l’obbligo di motivazione (in base all’istituto del silenzio assenso, l’istanza si considera comunque accolta in assenza di notifica da parte dall’Agenzia delle Entrate: l’inerzia dell’Agenzia è stata dunque equiparata all’accoglimento dell’istanza stessa), funzionale al diritto di impugnazione previsto in capo al contribuente (vedasi supra).

In caso di accoglimento dell’istanza, l’Agenzia delle Entrate e le Autorità competenti degli altri Stati membri si adoperano per risolvere la questione controversa, entro due anni, con possibilità di proroga di un altro anno; analogamente all’impianto della Convenzione Arbitrale, anche la Direttiva prevede che, qualora siano decorsi i predetti termini senza che le Autorità competenti siano state in grado di raggiungere un accordo, la controversia passa all’esame di una Commissione consultiva. A questo proposito, la differenza sostanziale rispetto alla Convenzione Arbitrale risiede nell’eliminazione della condizione secondo la quale i termini per il passaggio alla fase arbitrale decorrono solo a partire dalla data in cui il contenzioso interno è abbandonato (o dalla data di mancata impugnazione dell’atto che ha generato la doppia imposizione), rendendo, dunque, ammissibile la contestuale pendenza di un giudizio interno (seppur sospeso, come si vedrà nel seguito) e dell’arbitrato internazionale. Tale soluzione appare, in generale, più cautelativa per i contribuenti. L’Agenzia delle Entrate e le altre Autorità competenti interessate possono adottare una decisione che si discosta dal parere della Commissione consultiva[36]. Tuttavia, se non raggiungono un accordo su come risolvere la questione controversa, sono vincolate da tale parere. La decisione adottata non costituisce un precedente.

In esecuzione delle decisioni adottate, da cui derivi una variazione del reddito o dell’imposta, l’Agenzia delle Entrate dispone il rimborso o lo sgravio delle imposte non dovute, ovvero la riscossione delle imposte dovute.

Sulle eventuali maggiori imposte dovute si applicano le sanzioni amministrative[37] (salvo il caso in cui queste siano già definite mediante ricorso agli istituti deflattivi del contenzioso, ovvero al contribuente sia riconosciuta la cd. “penalty protection”[38]). È possibile ottenere il rimborso delle sanzioni eventualmente già corrisposte solo nel caso in cui la pretesa erariale sia stata integralmente annullata, su richiesta del contribuente. Diversamente, con un’impostazione priva di logica, non è contemplato, nel testo attuale del Decreto, il rimborso parziale delle sanzioni irrogate, qualora la pretesta iniziale sia ridimensionata, ma non completamente annullata.

3.3. Rapporti con le altre procedure per la risoluzione delle controversie

L’articolo 4 del Decretochiarisce i rapporti tra le diverse procedure amichevoli che sono a disposizione del soggetto interessato (i.e. meccanismo di risoluzione delle controversie disciplinato dalla Direttiva 2017/1852, quello previsto dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni di cui l’Italia è parte e/o della Convenzione UE), stabilendo la prevalenza delle procedure attivate ai sensi della Direttiva 2017/1852, in caso di contemporanea attivazione di più procedure, previste da diverse basi giuridiche (il Decreto, la Convenzione Arbitrale, Trattati bilaterali)[39].

Ciò non preclude che, in caso di ritirodell’istanza, e in qualsiasi altro caso di cessazione delle procedure previste dal Decreto, il contribuente potrà chiedere l’attivazionedi una procedura amichevole ai sensi di una diversa base giuridica(MAP Convenzionale o MAP UE), nei termini e alle condizioni previste da quest’ultima; in assenza di una concreta esperienza e nell’ambito di un testo che potrebbe essere oggetto di ulteriori modifiche, tale ipotesi sembrerebbe del tutto residuale.

3.4. La riscossione delle imposte in pendenza della procedura di cui al Decreto

La presentazione dell’istanza ai sensi del Decreto non sospende di per sé l’eventuale riscossione delle imposte dovute derivanti dal “provvedimento” o dalla “misura”[40] che ha originato o potrebbe originarela doppia imposizione.

Peraltro, come già illustrato al par. 3.2, la sospensione della riscossione rappresenta, invece, un effetto automatico della sospensione del contenzioso interno; questioni interpretative si pongono, dunque, nei casi in cui il contenzioso interno non sia incardinato (in quanto, nell’impianto del Decreto, risulta una mera facoltà del contribuente), oppure nei casi in cui il giudice (per qualsiasi motivo e solo qualora sia investito di tale discrezionalità) decida di non concedere la sospensione del giudizio. Si ritiene che rimangano, comunque, a disposizione, gli istituti generali per la richiesta della sospensione in via amministrativa.

4. Conclusioni

Nelle due parti del contributo, dedicato ai meccanismi di risoluzione delle controversie fiscali internazionali, con particolare focus su quelle in materia di transfer pricing, si ha avuto di evidenziare come gli istituti ad oggi operativi, giudicati in termini generali “conformi” rispetto agli standard internazionali, presentino alcune carenze (date principalmente dal difficile coordinamento con le norme procedurali interne) che ne inibiscono la piena efficacia nella risoluzione concreta della doppia imposizione.

In questo scenario, sono senza dubbio da accogliere con favore gli attuali sforzi del nostro Legislatore e delle nostre Autorità, convogliati negli interventi normativi che dovrebbero trovare effettiva applicazione nel prossimo futuro (i.e. adeguamento dei Trattati bilaterali alla MLI e recepimento della Direttiva UE 1852/2017). A tal proposito, si ritiene utile evidenziare che, nel concreto, l’automatica sospensione del giudizio interno, nonché della riscossione, dovrebbero sempre accompagnare l’attivazione delle procedure amichevoli internazionali, per garantire maggiore appeal alle stesse; in questo senso gli interventi previsti dal Decreto vanno a colmare alcune delle lacune ad oggi esistenti. Rimangono, peraltro, ancora non del tutto pacifiche le interazioni e i rapporti con il contenzioso domestico, in special modo con riferimento alla declinazione pratica delle ipotesi di sospensione e agli effetti delle sentenze di merito, anche sulla base delle posizioni assunte dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare MAP. In merito, si renderà certamente necessario un prossimo intervento di prassi, al fine di tenere conto del mutato contesto normativo (sul punto, anche nel documento di analisi dell’OCSE risulta che le Autorità italiane si siano impegnate in tal senso a rivedere quella che rappresenta, di fatto, la guida all’applicazione delle procedure amichevoli in ambito domestico – i.e. la Circolare MAP).

D’altro canto, va dato atto, secondo l’esperienza pratica di chi scrive, che – anche nel contesto attuale – l’Agenzia delle Entrate (intendendosi i funzionari degli Uffici locali di riferimento) di fatto si adoperi per mettere in atto tutti gli sforzi di propria competenza per agevolare l’effettiva prosecuzione delle procedure internazionali; effetto che non può essere, tuttavia, demandato ad un approccio casistico, ma che deve essere garantito come effetto immediato tramite interventi normativi certi e linee guida a livello centrale.

 


[1] A tal proposito – peraltro – la medesima Amministrazione finanziaria, nella Circolare MAP, ha avuto modo di sottolineare che: L’opportunità di adire il giudice tributario corrisponde alla necessità di evitare che, in pendenza di procedura amichevole, l’imposta accertata in Italia diventi definitiva e, pertanto, non modificabile ai sensi dell’eventuale accordo raggiunto fra le autorità competenti». La richiesta di sospensione del giudizio interno – per contro – è azione necessaria da parte del contribuente che, avendo proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento per i motivi innanzi menzionati, desideri non vanificare l’attività posta in essere dalle autorità preposte in sede di procedura internazionale, che risulterebbe compromessa qualora nel frattempo giungesse una pronuncia di senso differente da parte del giudice nazionale.

[2] L’art. 39 del D. Lgs. 546/1992 prevede la facoltà di richiedere la sospensione del giudizio laddove la MAP “sia iniziata” e – nella prassi – è richiesta non la semplice presentazione dell’istanza MAP, ma l’accoglimento della stessa.

[3] Il testo standard del provvedimento di sospensione del giudizio interno prevede che “i processi sono stati sospesi fino al termine della procedura e con riferimento a tutta la materia del contendere, in quanto l’art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 546/1992, impedisce al giudice tributario di emettere sentenze parziali”.

[4] Criticità che potrebbe essere superata con l’emissione di avvisi di accertamento separati, rendendo così “autonome” le controversie in materia di transfer pricing dalle altre tematiche.

[5] Il testo riportato tra virgolette è premessa standard del provvedimento di sospensione della riscossione in forza della L. 99/1993.

[6] Tale iter risulta ulteriormente confermato anche nelle comunicazioni che intercorrono tra Amministrazione finanziaria (Divisione Contribuenti – Ufficio risoluzione e prevenzione controversie internazionali) alla conclusione di una procedura MAP per uno specifico periodo d’imposta, laddove è di norma precisato che “l’attuazione dell’accordo potrà essere effettuata a conclusione delle procedure amichevoli in corso con gli altri Paesi”, ovvero la quantificazione degli importi complessivamente dovuti da parte del contribuente ed il pagamento degli stessi saranno oggetto di definizione solo a conclusione di tutti gli accordi relativi al periodo d’imposta di cui trattasi.

[7] Il testo riportato tra virgolette è standard del provvedimento di sospensione della riscossione in forza della L. 99/20031993.

[8] Si veda in tal senso anche la Circolare MAP.

[9] Commentario alla Convenzione Modello, art. 25, par. 46 e ss.

[10] L’art. 25 è stato ulteriormente emendato nel 2017 a seguito dell’Action 14 del progetto BEPS, prevedendo la possibilità di istaurare un procedure amichevole non solo nello Stato di residenza del soggetto che ritiene di essere stato oggetto di un fenomeno di doppia imposizione, ma anche nell’altro Stato contraente, ciò al fine di semplificare l’accesso alla procedura medesima.

[11] La Convenzione Modello, così come modificata nel 2008, prevede all’art. 25, par. 5 che :” Where, a) under paragraph 1, a person has presented a case to the competent authority of a Contracting State on the basis that the actions of one or both of the Contracting States have resulted for that person in taxation not in accordance with the provisions of this Convention, and b) the competent authorities are unable to reach an agreement to resolve that case pursuant to paragraph 2 within two years from the presentation of the case to the competent authority of the other Contracting State, any unresolved issues arising from the case shall be submitted to arbitration if the person so requests (…).”.

[12] Anche nei casi in cui è prevista una clausola arbitrale, tuttavia, l’attivazione della stessa è rimessa alla discrezionalità degli Stati, quindi non rappresenta una garanzia di effettività per il contribuente (vedasi infra).

[13] Cfr. Circolare MAP.

[14] Armenia, Canada, Croazia, Georgia, Ghana, Giordania, Kazakhstan, Libano, Moldova, Slovenia, Stati Uniti, Uganda, Uzbekistan. Si vedano altresì le convenzioni stipulate dal 2018 con Cile, Uruguay e Colombia non ancora vigenti.

[15] Fundamentals of Transfer Pricing, Lang Cottani, Petruzzi & Storck, 2019, pag. 208.

[16] Cfr. infra, par 3.

[17] Action 14 – Making Dispute Resolution More Effective – MAP Peer Review Report, Italy.

[18] Vedasi per i successivi sviluppi a tal proposito anche il paragrafo 3 della prima parte del contributo.

[19] Le riserve sono dichiarazioni unilaterali con cui lo Stato esclude o modifica gli effetti della MLI sulle norme delle convenzioni bilaterali vigenti.

[20] Nella riserva si fa riferimento ad una «decision», e non ad «final decision», quindi anche una sentenza non definitiva potrebbe essere ostativa. Sul punto sdaranno ovviamente necessari chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria.

[21] Vedasi quanto già osservato nella prima parte del contributo, in merito alla portata di una disposizione analoga già prevista dalla Convenzione Arbitrale in vigore nell’Unione Europea.

[22] La trattazione del testo, attualmente all’esame del Senato per il relativo parere consultivo, era in programma per la seduta delle commissioni 2° e 6° del 13 maggio 2020; al momento non risultano resoconti ufficiali in proposito.

[23] Il perseguimento di tali obbiettivi risulta ben evidente dal considerando n. 3) della stessa, ove è espressamene chiarito che le procedure attualmente previste dalle convenzioni bilaterali e dalla Direttiva 90/436/CEE non consentono sempre l’effettiva risoluzione delle controversie da parte dei diversi Stati e sono evidenti “(…) importanti lacune, in particolare per quanto riguarda l’accesso, la durata e l’effettiva conclusione della procedura” regolata dalle predette disposizioni.

[24] Peraltro, l’articolo 1 del Decreto prevede espressamente che: “Il presente decreto stabilisce le norme relative alle procedure amichevoli o ad altre procedure di risoluzione delle controversie tra l’Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri dell’Unione europea che derivano dall’interpretazione e dall’applicazione degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio di cui l’Italia è parte e della Convenzione 90/436/CEE, del 23 luglio l 990, relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate. Il presente decreto stabilisce inoltre i diritti e gli obblighi dei soggetti interessati quando emergono tali controversie.”

[25] In proposito, si rammenta che nella Circolare MAP è espressamente chiarito che “(…) adesione, mediazione e conciliazione giudiziale (…) determinano il medesimo effetto di chiudere la posizione che da parte dell’Amministrazione finanziaria non può essere riaperta e discussa in MAP”.

[26] Ciò per la natura alternativa della MAP UE rispetto al contenzioso domestico, nell’impianto della Convezione Arbitrale, come illustrato nella prima parte del contributo.

[27] Cfr. art. 25 del Decreto.

[28] In base all’interpretazione favorevole contenuta nella Circolare MAP, nel caso di attivazione della procedura a seguito della notifica di un processo verbale di constatazione, il termine di tre anni viene computato dalla notifica del relativo avviso di accertamento (si veda la prima parte del contributo).

[29] Come chiarito nella Relazione illustrativa al Decreto, l’ambito di applicazione dello stesso risulta particolarmente e volutamente ampio; in questo senso, l’accesso alla procedura è consentito anche qualora la doppia imposizione derivi da un atto di “diniego di rimborso espresso ovvero nel caso di silenzio-diniego da parte dell’Amministrazione finanziaria”…“rispetto all’assetto vigente in materia di controversie fiscali internazionali, uno degli elementi più innovativi introdotti dal decreto… è il superamento della definitività dell’imposta ai fini dell’attivazione delle procedure previste dalla direttiva (…). La possibilità di ottenere l’eliminazione della doppia imposizione viene estesa anche alle ipotesi in cui la controversia fiscale sia già stata oggetto di definizione in via amministrativa (…). Tali ipotesi comprendono l’omessa impugnazione e gli istituti deflattivi disciplinati nel decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, nonché la mediazione tributaria di cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, rimane invece preclusa (…) la possibilità di accedere alla procedura amichevole nei casi di ravvedimento operoso ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, per i quali la violazione non sia già stata contestata e non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento”.

[30] Cfr. art. 3 comma 2 e comma 4 del Decreto.

[31] Peraltro, nel caso in cui siano stati avviati procedimenti per una delle condotte delittuose di cui al citato Dd. lLgs. n. 74/2000 (Titolo II), l’Agenzia delle Entrate può sospendere la procedura prevista dal Decreto a decorrere dalla data di accettazione dell’istanza di apertura di procedura amichevole fino alla data dell’esito finale dei procedimenti (cfr. art. 21 del Decreto). Ad oggi, come illustrato nella Circolare MAP, l’accesso alla MAP UE è precluso in caso di contestazioni per le quali siano state irrogate sanzioni “gravi”; tale locuzione, si ricorda, è stata interpretata dall’Italia nel senso di ricomprendere gli illeciti di natura penale (per maggiori dettagli si rinvia alla prima parte del contributo); diversamente, non risultano attualmente previste preclusioni per le MAP Convenzionali.

[32] Inoltre, l’Agenzia delle Entrate può altresì rifiutare l’accesso alla procedura di risoluzione delle controversie quando una questione controversa non comporti una doppia imposizione.

[33] La procedura in esame è stata introdotta dall’art. 59 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 e disciplinata in dettaglio con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 108954 del 30 maggio 2018, il quale prevede già, tra l’altro, che la possibilità di presentare un’istanza unitaria di “unilateral corresponding adjustment” e di MAP, attivando, così, la procedura bilaterale solo qualora l’Autorità nazionale non sia in grado di eliminare la doppia imposizione con un atto unilaterale.

[34] Come chiarito nella Relazione Illustrativa, l’Agenzia delle Entrate, a tal fine, “potrebbe avvalersi dell’istituto dell’autotutela qualora la questione controversa abbia avuto origine da una misura dell’amministrazione finanziaria italiana o tramite il riconoscimento di un rimborso di imposta secondo quanto previsto dalla normativa interna”.

[35] Come previsto dall’articolo 6, comma 2, l’istanza di apertura della procedura amichevole è rigettata nei seguenti casi:

  • l’istanza non contiene informazioni di cui agli articoli 3 e 5 (i.e. necessarie all’identificazione dei soggetti interessati o elementi utili alla ricostruzione della fattispecie, ecc.) ovvero le informazioni supplementari, se richieste, non sono trasmesse entro tre mesi dalla data di ricezione della richiesta;
  • non vi è alcuna questione controversa;
  • l’istanza non è presentata nei termini stabiliti (3 anni);
  • è intervenuta sulla questione controversa una sentenza di merito o una decisione del giudice a seguito di conciliazione.

[36] O della Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie.

[37] Peraltro, l’accesso alla procedura amichevole non impedisce l’instaurazione o la continuazione, nell’ordinamento interno, di procedimenti che possono dare luogo ad irrogazione di sanzioni, relativi alla medesima questione controversa.

[38] Per maggiori dettagli, si veda la prima parte del contributo.

[39] La presentazione di un’istanza di apertura di procedura amichevole ai sensi del Decreto inoltre “pone fine” a qualsiasi altro procedimentoin corsoavviato, in relazione alla medesima questione controversa, a seguito di altre istanze di apertura di procedura amichevole o di un’altra procedura di risoluzione delle controversie presentate ai sensi degli accordi o convenzioni internazionali o della Convenzione Arbitrale.

Pertanto, la procedura attivata ai sensi del Decreto prevale su tutte le altre procedure anche se già precedentemente incardinate. Peraltro, nella Relazione illustrativa viene precisato che: “nella diversa ipotesi in cui una precedente procedura amichevole richiesta sulla stessa questione controversa ai sensi di un Accordo o Convenzione (…) di cui l’Italia è parte si sia conclusa senza accordo tra le Autorità competenti interessate – e la fase arbitrale non sia attivabile in base al pertinente Accordo o Convenzione – il soggetto interessato può chiedere l’attivazione delle procedure previste dalla direttiva, laddove siano ancora sussistenti i termini e le condizioni previste dal decreto”.

[40] Occorre tenere a mente che, come anche indicato nella Relazione Illustrativa allo schema di decreto legislativo, “la possibilità di ottenere l’eliminazione della doppia imposizione viene estesa anche alle ipotesi in cui la controversia fiscale, purché originata da un’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria, sia già stata oggetto di definizione in via ammnistrativa” (es. mediazione, adesione) oacquiescenza; peraltro, in queste fattispecie l’attività di riscossione potrebbe essersi già compiuta.

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