Con sentenza n. 26672 del 28 novembre 2013 la Corte di Cassazione affronta il tema concernente gli effetti del mancato rispetto del limite di finanziabilità previsto, per la concessione ed erogazione del credito fondiario, dall’art. 38, comma 2 del TUB (D.Lgs. 385/1993), e fissato, dalla deliberazione Cicr del 22 aprile 1995, nell’ammontare massimo dell’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi.
In particolare la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla banca, afferma come, dalla violazione del suddetto limite di finanziabilità pari all’80% del valore dell’immobile, non possa discendere la nullità del contratto di mutuo fondiario.
Richiamando per cenni alcuni dei passaggi argomentativi svolti in sentenza, e rinviando per una miglior analisi alla lettura del provvedimento pubblicato in allegato, la Corte evidenzia come l’art 38 comma 2 TUB non sia norma posta a tutela del contraente più debole, ma invece a tutela delle stesse banche, e indirettamente del sistema bancario, in quanto volta ad impedire che le banche assumano esposizioni finanziarie senza adeguate contropartite e garanzie. Diversamente, il cliente ha tutto l’interesse ad ottenere il finanziamento nel massimo importo possibile, anche a prescindere dal limite di finanziabilità.
In caso di violazione dell’art. 38, comma 2, TUB, secondo la Corte non risulterebbe quindi applicabile la nullità relativa di cui agli artt. 117 e 127 TUB, posto che il cliente non avrebbe interesse a farla valere e perché comunque avrebbe applicazione l’art 127 comma secondo n. 1 TUB, secondo cui le disposizioni del Titolo VI, e quindi dell’art 117 comma 8, sono derogabili solo in senso più favorevole al cliente, ed un mutuo concesso oltre il limite di finanziabilità è di regola più favorevole al cliente.
Né risulterebbe concretizzata un’ipotesi di nullità c.d. virtuale, per contrarietà del contratto a norme imperative in difetto di espressa previsione, posto che la disposizione imperativa non incide sul sinallagma contrattuale ma investe esclusivamente il comportamento della banca tenuta ad attenersi al limite prudenziale stabilito dall’art 38, comma secondo, del TUB e dalla circolare del Cicr del 1995. In altre parole, le disposizioni in questione non appaiono volte ad inficiare norme inderogabili sulla validità del contratto ma appaiono norme di buona condotta, la cui violazione potrà comportare l’irrogazione delle sanzioni previste dall’ordinamento bancario, qualora ne venga accertata la violazione a seguito dei controlli che competono alla Banca d’Italia, nonché eventuale responsabilità, senza ingenerare una causa di nullità, parziale o meno, del contratto di mutuo.
Da ultimo, osserva la Cassazione, essendo il limite di erogabilità del mutuo ipotecario stabilito anche e soprattutto in funzione della stabilità patrimoniale della banca erogante, far discendere dalla violazione di quel limite la conseguenza della nullità del mutuo ormai erogato ed il venire meno della connessa garanzia ipotecaria condurrebbe al paradossale risultato di pregiudicare ancor più proprio quel valore della stabilità patrimoniale della banca che la norma intendeva proteggere.