La Corte di Cassazione, nel provvedimento in commento, ha occasione di confermare e consolidare alcuni fondamentali principi in tema di contratto di mutuo fondiario utilizzato per estinguere pregresse esposizioni chirografarie e relativi rimedi riconosciuti all’eventuale curatela del debitore.
In primo luogo, rigettando il controricorso proposto dal curatore del debitore fallito con cui si chiedeva l’applicazione alla fattispecie della disciplina della bancarotta preferenziale e la nullità del contratto di mutuo fondiario, la Corte ha affermato che la violazione di norma imperativa non dà necessariamente luogo alla nullità del contratto laddove il legislatore abbia approntato un meccanismo alternativo per la tutela dei diritti dei terzi. Nel caso di specie, tale meccanismo è individuato nell’azione revocatoria, la cui esperibilità secondo la Corte “consente di escludere l’applicabilità della sanzione della nullità per illiceità della causa”.
Passando ad esaminare i motivi addotti dalla banca ricorrente per la cassazione della sentenza resa dal giudice di merito, la Corte afferma poi che, in linea generale, deve ritenersi consolidato e confermato il principio secondo cui l’eventuale revoca del contratto di mutuo fondiario (in quanto riconosciuto come procedimento indiretto volto a realizzare un pagamento con mezzi anormali, ovverosia estinguere pregresse esposizioni mediante l’assunzione di nuovo indebitamento) impedisce di applicare l’art. 39, comma 4, del testo unico bancario e comporta altresì il venir meno della “qualificazione, derivante dal contratto, dell’ipoteca come ipoteca iscritta a garanzia del mutuo fondiario”.
Affermato quanto sopra in linea generale, la Corte precisa tuttavia che “la stipulazione di un contratto di mutuo con la contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove non risulti destinata a procurare a quest’ultimo un’effettiva disponibilità, essendo egli già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, non integra necessariamente la fattispecie della simulazione del mutuo, né quella della novazione”, ma come fattispecie suscettibile di azione revocatoria: tale fondamentale differenza comporta la possibilità, secondo tale ultima ricostruzione, di ammettere al passivo del fallimento le somme oggetto di revocatoria (operazione non possibile, per converso, laddove il mutuo fondiario fosse stato ricondotto a fattispecie di simulazione contrattuale ovvero di novazione).
Da ultimo, la Corte afferma nuovamente la differenza tra la fattispecie di mutuo ipotecario stipulato per l’estinzione di un precedente debito ipotecario e l’ipotesi di vero e proprio rifinanziamento (espressamente contemplato, tra l’altro, dagli artt. 182-bis e 182-quater l.fall.): a tal proposito, la Corte conferma dunque il proprio orientamento secondo cui “l’elemento caratteristico di tali operazioni [di rifinanziamento, ndr] è l’effettiva erogazione di nuova liquidità da parte della banca, funzionale non solo (e non tanto), quindi, all’azzeramento della preesistente esposizione debitoria, tutelando la banca mediante un’ipoteca configurabile come garanzia non contestuale, ma a rimodulare, per il tramite di nuovve condizioni negoziali per esempio afferenti il tasso di interesse o rinnovate tempistiche del pagamento, l’assetto complessivo del debito nel contesto di una nuova veste giuridico-economica degli anteriori rapporti”.