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Giurisprudenza

Mutuo tra una società poi fallita ed un istituto di credito: l’orientamento del Tribunale di Verona

30 Aprile 2013

Tribunale di Verona, 27 dicembre 2012, n. 2809

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 2809 del 27 dicembre 2012 il Tribunale di Verona ha affrontato alcune contestazioni in ordine alla validità di un contratto di mutuo concluso tra una società poi dichiarata fallita ed un istituto di credito, enunciando i seguenti principi di diritto.

La domanda di accertamento dell’invalidità del contratto di mutuo stipulato da una società poi dichiarata fallita ed un istituto di credito, formulata in funzione di una pronuncia costitutiva nei confronti dell’istituto di credito e non già di un’ulteriore pretesa nei confronti del fallimento, non rientra tra le azioni derivanti dal fallimento, soggette alla competenza funzionale del foro fallimentare, ai sensi dell’art. 24 della Legge Fallimentare.

L’effetto preclusivo endofallimentare che si riconosce al decreto di esecutività dello stato passivo, può essere esteso al punto di escludere la possibilità, al di fuori del fallimento e nel corso della sua pendenza, di contestare in sede di cognizione ordinaria – in contrasto con l’art. 52 L. F. – la validità o l’efficacia degli stessi titoli posti a fondamento delle domande di ammissione al passivo, ma non nei confronti di quei terzi che non possono esercitare le impugnazioni previste dall’art. 98 LF.

L’estraneità di un atto all’oggetto di una società (nella specie concessione di un ipoteca in favore di un istituto di credito a garanzia di un contratto di mutuo stipulato da quest’ultimo ed un terzo) può essere affermata solo qualora esso, a prescindere dalla sua previsione nell’oggetto indicato nell’atto costitutivo, non abbia in concreto alcun rapporto di strumentalità diretta o indiretta con l’attività economica delineata dall’oggetto stesso, da valutare in termini oggettivi, senza cioè attribuire rilevo alla convenienza dell’atto per la società o al suo interesse in relazione ad esso, tenuto conto però degli eventuali collegamenti societari, che consentono di ampliare la nozione di strumentalità mediata, sufficiente per il giudizio di pertinenza in esame.

La buona fede del terzo contraente idonea a stabilizzare nei suoi confronti l’atto estraneo all’oggetto di una società,in base all’art. 2384 bis c.c., è esclusa non solo dalla consapevolezza di tale estraneità, ma anche dalla ignoranza della stessa dovuta a colpa grave, e, nel caso di soggetti professionali qualificati, quali gli istituti di credito, l’eventuale ignoranza dell’estraneità deve ritenersi di regola inescusabile.

L’atto estraneo all’oggetto di una società (nella specie concessione di un ipoteca in favore di un istituto di credito a garanzia di un contratto di mutuo stipulato da quest’ultimo ed un terzo) è inefficace e non nullo.

La domanda dichiarativa dell’inefficacia di un atto negoziale è implicita nella domanda dichiarativa della nullità dell’atto stesso.

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