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Giurisprudenza

My way: nullità per mancata indicazione della facoltà di recesso in caso di offerta fuori sede

5 Dicembre 2016

Luca Astorri

Corte di Appello di Bologna, Sez. III, 13 luglio 2016, n. 1274

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in commento la giurisprudenza torna nuovamente ad occuparsi del piano finanziario denominato “My way” che è già stato oggetto di numerosi giudizi, anche ad opera della Corte di Cassazione.

Il prodotto finanziario in questione è dato dalla combinazione tra un contratto di mutuo e una sottoscrizione di quote di fondi comuni (o titoli obbligazionari) che vengono dati in pegno in favore della banca a garanzia del credito vantato verso il cliente per il finanziamento. Nel caso in oggetto la sottoscrizione del piano è avvenuta per il tramite di un consulente abilitato all’offerta fuori sede, al di fuori dei locali della banca, da cui è derivata l’applicazione della disciplina di cui all’art. 30 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (“TUF”).

Come noto, ai sensi dell’art. 30, co. 6, TUF «l’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell’investitore. Entro detto termine l’investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo […] tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all’investitore».

Sulla corretta determinazione del significato del termine collocamento e, quindi, dell’ambito di applicazione di questa norma si è assistito ad un vivace dibattito tra giudici e legislatore. La giurisprudenza, con l’avallo della Cassazione (cfr. Cass., SS. UU. n. 13905/2013, commentata su questa rivista, cfr. contenuti correlati), ha adottato un’interpretazione estensiva della norma. Infatti, secondo le Sezioni Unite – richiamate dal provvedimento in commento – «il diritto di recesso accordato all’investitore dal sesto comma dell’art. 30 e la previsione di nullità dei contratti in cui quel diritto non sia contemplato, contenuta nel successivo settimo comma, trovano applicazione non soltanto nel caso [] di un servizio di collocamento prestato dall’intermediario in favore dell’emittente o dell’offerente, ma anche quando la medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in esecuzione di un servizio d’investimento diverso, ivi compresa l’esecuzione di ordini impartiti dal cliente in esecuzione di un contratto quadro, ove ricorra la stessa esigenza di tutela».

A valle della decisione il legislatore ha novellato l’art. 30, co. 6, TUF, nell’intento di estendere l’ambito di applicazione della norma solamente per il servizio di negoziazione per conto proprio, stabilendo che «ferma restando l’applicazione della disciplina di cui al primo e al secondo periodo ai servizi di investimento di cui all’articolo 1, comma 5, lettere c), c-bis) e d), per i contratti sottoscritti a decorrere dal 1° settembre 2013 la medesima disciplina si applica anche ai servizi di investimento di cui all’articolo 1, comma 5, lettera a)».

La Corte di Appello, pur senza motivarlo espressamente, ha seguito l’interpretazione già fornita dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. sez. III, 3 aprile 2014, n. 7776, commentata su questa rivista, cfr. contenuti correlati) secondo la quale il citato intervento del legislatore non ha valenza di norma di interpretazione autentica e, pertanto, non vale a sanare eventuali ipotesi di nullità relative a contratti stipulati anteriormente al 1° settembre 2013, anche con riferimento a servizi di investimento diversi da quelli inclusi con la novella del 2013.

La sentenza in oggetto, quindi, uniformandosi alla giurisprudenza della Cassazione e ad altri precedenti di merito, in primo luogo, ha valorizzato l’unitarietà del prodotto di investimento proposto e, quindi, ha stabilito che l’indicazione della facoltà di recesso contenuta unicamente nel prospetto di offerta delle quote del fondo comune di investimento non è sufficiente ad assolvere all’obbligo di cui all’art. 30, co. 6, TUF. Secondo la decisione «la clausola di recesso inserita nel prospetto informativo atteneva a una parte specifica dell’operazione di investimento e non era idonea per la sua collocazione a dare conto della facoltà di recesso dall’intera operazione». La corretta applicazione della norma, invece, avrebbe richiesto l’inclusione del diritto di recesso all’interno delle clausole negoziali «con modalità tali da risultare ben visibile e di facile comprensione per l’investitore».

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