La Newsletter professionale DB
Giornaliera e personalizzabile
www.dirittobancario.it
Giurisprudenza

Natura del credito di SACE conseguente all’escussione della garanzia prestata

19 Maggio 2020

Eleonora Pagani, Avvocato presso Studio Legale Rossi – Professionisti Associati e Assegnista di ricerca in diritto commerciale presso l’Università di Bologna, Sede di Ravenna

Cassazione Civile, Sez. III, 13 maggio 2020, n. 8882 – Pres. Travaglino, Rel. Fiecconi

Nel caso in esame, la Società debitrice contraeva con una banca un mutuo garantito da SACE S.p.A. ai sensi dell’art. 11-quinquies D.l. 14 marzo 2005 n. 35, norma che autorizzava SACE S.p.A. a rilasciare garanzie controgarantite dallo Stato Italiano per il rischio di mancato rimborso di finanziamenti a supporto del processo di internazionalizzazione di imprese italiane in possesso dei requisiti ivi indicati.

In seguito all’ammissione della Società alla procedura di concordato preventivo e all’omesso pagamento da parte di quest’ultima di alcune rate scadute del mutuo, la banca escuteva la garanzia rilasciata da SACE S.p.A., la quale, revocato il proprio intervento di sostegno nei confronti della Società, chiedeva il pagamento in via di surroga del proprio credito, ritenendolo privilegiato ex art. 9 comma 5 d.lgs. 31 marzo 198 n. 123 (“Per le restituzioni di cui al comma 4 i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751-bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi”).

Il Commissario Giudiziale concludeva tuttavia per la natura chirografaria di detto credito.

Conseguentemente, SACE S.p.A. instaurava un giudizio innanzi al Tribunale di Modena affinché venisse accertata e dichiarata la natura privilegiata ex art. 9 comma 5 d.lgs. n. 123/1998 del proprio credito, domanda che veniva però rigettata dal Tribunale.

La Corte d’Appello di Bologna, successivamente adita, rigettava l’appello proposto da SACE S.p.A. in forza del principio di tassatività dei privilegi, sostenendo che il riferimento effettuato dall’art. 9 comma 5 cit. ai “finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo” dovesse essere limitato alle sole ipotesi di “erogazioni dirette in denaro”. La medesima Corte affermava inoltre l’inopponibilità del privilegio alla procedura concordataria ex art. 168 l. fall., in quanto sorto successivamente alla sua apertura.

Avverso tale sentenza SACE S.p.A. proponeva quindi ricorso per cassazione.

La Corte di Cassazione, richiamando un proprio precedente (Cass. Civ., Sez. I, 30 gennaio 2019 n. 2664), ha accolto il ricorso di SACE S.p.A., riconoscendo che «il privilegio previsto dall’art. 9, comma 5. d.lgs. n. 123/1998 sia riferito a tutti i benefici di cui all’art. 7 del decreto medesimo e, in particolare, anche ai crediti derivanti dalle “concessioni di garanzia” previsti da tale norma, e non esclusivamente ai soli casi di “erogazione diretta di denaro”».

Sebbene le norme che disciplinano i privilegi abbiano carattere eccezionale e, in quanto tali, non siano suscettibili di interpretazione analogica, esse possono infatti“essere oggetto di interpretazione estensiva, la quale costituisce il risultato di un’operazione logica diretta ad individuare il reale significato e la portata effettiva della norma, che permette di determinare il suo esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente segnato dalla sua formulazione testuale e di identificare l’effettivo valore semantico della disposizione, tenendo conto dell’intenzione del legislatore e, soprattutto, della causa del credito” (Cass. Civ., Sez. Un., 17 maggio 2010 n. 11930).

Alla luce di detto principio, due ordini di ragioni hanno condotto la Corte ad annoverare la concessione di garanzia da parte di SACE tra gli interventi coperti dal privilegio ex art. 9, comma 5. d.lgs. 123/1998: innanzitutto, occorre considerare che «il d.lgs. n. 123/1998 non detta una definizione del termine “finanziamento”. E, in aggiunta, nel quadro complessivo del nostro ordinamento l’espressione non assume un significato costante tale da potersi legittimamente ritenere che con essa si faccia esclusivo riferimento alla “erogazione diretta in denaro”».

In secondo luogo, viene in rilievo il fatto che «le diverse forme di intervento pubblico di sostegno alle attività produttive individuate dal d.lgs. n. 123/1998 (e descritte dall’art. 7) appaiono espressione di un disegno di impianto unitario, sicché con specifico riferimento al tema del privilegio di cui all’art. 9, comma 5, che qui viene in peculiare rilievo, non sembrano profilarsi ragioni giustificatrici di trattamenti normativi differenziati a seconda delle diverse forme di intervento previste, aventi la medesima finalità di sostegno economico. In tutti i casi in cui divenga operativo il sistema di “revoca e restituzione” previsto dalla norma dell’art. 9, infatti, si tratta comunque di riassorbire, di “recuperare” il sacrificio patrimoniale che il sostegno pubblico ha in concreto sopportato in funzione dello sviluppo delle attività produttive”».

A mente della Suprema Corte, “non sussistono, in definitiva, ragioni valide per escludere dal novero degli interventi coperti dal privilegio ex art. 9, comma 5. gli interventi di garanzia assentiti da SACE, altrimenti incorrendo in una ingiustificata disparità di trattamento”.

Infine, quanto all’opponibilità del privilegio alla procedura, la Corte di Cassazione, citando ancora una volta Cass. Civ., Sez. I, 30 gennaio 2019, n. 2664,ha chiarito che “il credito di SACE nasce come privilegiato ex lege dal momento in cui viene prestata la garanzia” e che “rispetto alla normativa di cui all’art. 9 del decreto legislativo in discussione, l’Amministrazione, nel revocare il contributo già accordato ovvero nel dichiarare la decadenza del soggetto beneficiario, non compie alcuna valutazione discrezionale; piuttosto, si limita ad «accertare il venir meno di un presupposto già previsto in modo puntuale dalla legge», senza che l’atto di revoca abbia a possedere una qualche valenza costitutiva. Di conseguenza, la revoca del contributo resta opponibile alla massa anche se intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento dell’impresa beneficiaria”.

 

Una raccolta sempre aggiornata di Atti, Approfondimenti, Normativa, Giurisprudenza.
Iscriviti alla nostra Newsletter
Iscriviti alla nostra Newsletter