Il responsabile pro tempore di una banca era stato sanzionato da CONSOB ai sensi dell’art. 191, comma 2, T.U.F., per avere diffuso ai clienti retail informazioni inerenti al prodotto finanziario oggetto di collocamento non coerenti con quelle contenute nel relativo prospetto informativo, e pertanto in violazione dell’art. 34 – decies, comma 1, lett. a), del Regolamento Emittenti.
La Corte d’Appello di Firenze, adita dal soggetto sanzionato, ha confermato il provvedimento sanzionatorio, nuovamente oggetto di esame nella sentenza qui esaminata.
Nel confermare la decisione del giudice d’appello, la Suprema Corte ha ribadito che le sanzioni di cui all’art. 191 T.U.F. non hanno natura sostanzialmente penale, secondo i criteri Engel e, pertanto, con riferimento alla loro irrogazione, non trovano applicazione le garanzie previste dagli articoli 6 e 7 della CEDU (diritto all’equo processo e principio del favor rei).
Le predette sanzioni non sono infatti equiparabili a quelle previste per la manipolazione del mercato ex art. 187 – ter T.U.F. e ciò in ragione della diversa tipologia, severità, nonché incidenza patrimoniale e personale di queste ultime rispetto alle prime, dovendosi a tal fine tenere conto anche dell’assenza di sanzioni accessorie e della mancata previsione di una confisca obbligatoria (in senso conforme, Cass. 8805/2018).
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione, stante la natura non sostanzialmente penale delle sanzioni di cui all’art. 191 T.U.F., ha pertanto ritenuto non rilevante la questione di legittimità, sollevata dal ricorrente, dell’art. 6, commi 2 e 8, del d.lgs. n. 72/2015, in relazione all’art. 117 Cost., comma 1, nonché in relazione all’ art. 3 Cost..
La Corte di legittimità si è poi pronunciata con riferimento al profilo soggettivo della responsabilità per la violazione dell’art. 34 – decies, Regolamento Emittenti.
Il ricorrente ha infatti contestato la legittimità della sanzione a lui irrogata, ai sensi dell’art. 191, comma 2, T.U.F., deducendo che l’ente alle cui dipendenze lavorava non svolgeva alcune delle funzioni (offerente, emittente o responsabile del collocamento del titolo) ai cui titolari devono ritenersi rivolte le prescrizioni contenute nell’art. 34 – decies del Regolamento Emittenti.
A tal riguardo, la Suprema Corte ha però concluso che “chiunque” diffonda notizie su un prodotto finanziario offerto al pubblico prima della pubblicazione del relativo prospetto informativo – ancorché nell’ambito di un’attività di collocamento svolta alle dipendenze di un soggetto che non sia il responsabile del collocamento ma un soggetto di cui quest’ultimo si avvalga per diffondere “indirettamente” tali notizie – deve rispondere dell’illecito amministrativo di cui all’art. 191, comma 2, T.U.F., nel caso di incoerenza delle notizie da lui diffuse con quelle contenute nell’(emandando) prospetto informativo.
Ciò in quanto la citata previsione – che autorizza “l’offerente, l’emittente e il responsabile del collocamento” a procedere, “direttamente o indirettamente”, alla diffusione di notizie, allo svolgimento di indagini di mercato e alla raccolta di intenzioni di acquisto attinenti all’offerta al pubblico anche prima della pubblicazione del prospetto informativo, purché vengano osservate determinate modalità di comportamento – non esclude che la responsabilità dell’osservanza di dette modalità di comportamento non gravi esclusivamente sui suddetti soggetti ma anche, al contrario, su tutti coloro attraverso la cui attività tali soggetti procedano, anche “indirettamente”, alla diffusione di notizie, allo svolgimento di indagini di mercato e alla raccolta di intenzioni di acquisto attinenti all’offerta al pubblico anche prima della pubblicazione del prospetto informativo.
La nozione di “coerenza” di cui all’art. 34 – decies, lett. a), del Regolamento Emittenti, poi, è una nozione elastica (ascrivibile alla tipologia delle cosiddette clausole generali), la cui indeterminatezza è funzionale allo scopo di consentire l’adeguamento della norma alla realtà da disciplinare. Pertanto, tale nozione si risolve in un paradigma generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione implicitamente richiama.