In tema di presupposti dimensionali per l’esonero della fallibilità dell’imprenditore commerciale, nella valutazione del capitale investito, ai fini del riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore, trovano applicazione i principi contabili, cui si richiama il legislatore nell’art. 1, comma 2, lett. a), legge fall. (nel testo modificato dal d.lgs. n. 5 del 2006, applicabile “ratione temporis”, ed anche successivamente in quello sostituito dal d.lgs. n. 169 del 2007) e di cui è espressione l’art. 2424 cod. civ.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha affermato che, applicando i principi contabili ai fini del riconoscimento dei presupposti dimensionali di fallibilità, con riferimento agli immobili iscritti tra le poste attive dello stato patrimoniale, opera il criterio di apprezzamento del loro costo storico al netto degli ammortamenti e non il criterio del valore di mercato al momento del giudizio.
Tale principio giurisprudenziale enunciato dalla Suprema Corte, e già affermato in ipotesi di “piccolo imprenditore”, è conforme, altresì, alla volontà espressa dal Legislatore diretta a sostituire il parametro dell’ammontare degli investimenti, considerato “vago e di incerta definizione”, con quello dell’attivo patrimoniale enunciato all’art. 1, comma 2, lett. a) legge fall..