La causa concreta della procedura di concordato preventivo, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha un contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore e, nel contempo, all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori.
In questa prospettiva interpretativa non è possibile individuare una percentuale fissa minima al di sotto della quale la proposta concordataria possa ritenersi – secondo la disciplina applicabile ratione temporis -, di per sé, inadatta a perseguire la causa concreta a cui la procedura è volta.
Il Tribunale, dunque, deve avere riguardo a rilevare i dati da cui emerga, in maniera eclatante, la manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, ivi compresa la soddisfazione in una qualche misura dei crediti rappresentati.
Una volta esclusa questa evenienza va lasciata al giudizio dei creditori, quali diretti interessati all’esito della procedura, la valutazione – sotto i diversi aspetti della plausibilità dell’esito e della convenienza della proposta – delle modalità di soddisfacimento dei crediti offerte dal debitore, ivi comprese la consistenza delle percentuali di pagamento previste.
Il che equivale a dire che non rientra nell’ambito della verifica della fattibilità riservata al giudice, un sindacato sull’aspetto pratico-economico della proposta e quindi sulla convenienza della stessa, anche sotto il profilo della misura minimale del soddisfacimento previsto.