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Nessuna elusione nel contratto di finanziamento stipulato all’estero. Sentenza n. 27, del 10 aprile 2012, C.T.P. Brescia

12 Novembre 2012

Avv. Prof. Stefano Loconte e Avv. Lucianna Gargano, Studio Legale e Tributario Loconte & Partners

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

La sentenza n. 27, del 10 aprile 2012, della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia ha sancito un importante principio in merito alla problematica del “Place shopping1 nell’ambito dell’imposta di registro e delle disposizioni che la regolano, collegata alla normativa in materia di abuso del diritto. Con la pronuncia in questione, infatti, si registra una cristallizzazione di un assioma che – nell’ambito di una prassi che vede la stipula, all’estero, di un contratto di finanziamento tra soggetti nazionali – ritenendo prevalente l’aspetto della libertà di iniziativa economica, esclude che la scelta di stipulare un contratto all’estero costituisca ex se uno strumento riconducibile ad un comportamento elusivo2.

La pronuncia de qua risulta essere il risultato di un excursus, pregevolmente effettuato – a parere di chi scrive – dai Giudici di merito, il quale prende le mosse da una valida e corretta interpretazione (e, dunque, applicazione) di quella che è la normativa di riferimento.

Il contratto di finanziamento stipulato all’estero – la normativa di riferimento

Norme di riferimento al fine dell’analisi che qui ci occupa risultano essere, nell’ordine:

  • l’art. 15, del D.P.R. n. 601 del 1973, rubricato “Operazioni di credito a medio e lungo termine”;
  • l’art. 17, del medesimo D.P.R. n. 601 del 1973, rubricato “Imposta sostitutiva”;
  • l’art. 20, del medesimo D.P.R. n. 601 del 1973, rubricato “Dichiarazione e pagamento dell’imposta sostitutiva”;
  • le norme in materia di Imposta di Registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, in virtù dell’espresso richiamo alle stesse operato dal su citato art. 20, del D.P.R. n. 601 del 1973, ed in particolare, per quanto attinente alla specifica fattispecie, il combinato disposto dell’art. 2, del suddetto D.P.R. n. 131 del 1986 e dell’art. 11, della Tariffa, Parte II, allegata al D.P.R. n. 131 medesimo.

Ai sensi del combinato disposto dell’art. 15, del D.P.R. n. 601 del 1973, e dell’art. 17 del medesimo D.P.R., l’applicazione dell’imposta sostitutiva – e, dunque, l’esenzione dall’imposta di registro (e da ogni ulteriore imposta indiretta) – sono subordinate al realizzarsi di un presupposto di carattere oggettivo (deve trattarsi di operazioni relative a finanziamenti a medio e lungo termine, aventi, cioè, durata contrattuale superiore a diciotto mesi) e di un requisito di carattere soggettivo (le operazioni de quibus devono essere poste in essere da aziende di credito).

A sua volta, l’art. 20, del medesimo D.P.R., opera, come anticipato, un espresso richiamo alla normativa disciplinante l’imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986. Precisamente, il comma 4, dell’art. 20 cit. dispone che “per la rettifica dell’imponibile, per l’accertamento d’ufficio dei cespiti omessi, per le sanzioni relative alla omissione o infedeltà della dichiarazione, per la riscossione, per il contenzioso e per quanto altro riguarda l’applicazione dell’imposta sostitutiva valgono le norme sull’imposta di registro”.

Tale disposizione racchiude in sé il cosiddetto “presupposto di territorialità” legato all’assoggettamento ad imposta sostitutiva, presupposto che, pur non esplicitamente sancito dal D.P.R. n. 601 del 1973, risulta, appunto, applicabile all’imposta sostitutiva in virtù del suddetto richiamo operato dall’art. 20 cit..

La fattispecie posta all’attenzione della Commissione Tributaria Provinciale

Effettuata la dovuta panoramica in merito alla normativa di riferimento della fattispecie oggetto di analisi, si procede, di seguito ad illustrare la particolare fattispecie sottoposta al vaglio dei Giudici bresciani. Quest’ultima aveva ad oggetto un contratto di finanziamento di durata superiore a diciotto mesi, stipulato a Lugano nell’anno 2006, in lingua italiana, tra soggetti – Società finanziata e Banca finanziatrice – aventi sede legale in Italia. Il contratto de quo sarebbe stato, dunque, regolato dalla legge italiana, e l’ammontare finanziato sarebbe affluito su un conto corrente presso una filiale italiana della banca erogante, intestato alla società finanziata. Nell’ambito del contratto in questione, inoltre, le parti operavano un richiamo espresso alla Risoluzione n. 45/E/-79924, del 10 aprile 2000, dell’Agenzia delle Entrate, a mezzo della quale la medesima Amministrazione Finanziaria – in risposta ad un quesito dell’Associazione bancaria italiana – affermava che “per la chiara connessione operata dal legislatore tra imposta sostitutiva e di registro ed in considerazione che quest’ultima colpisce gli atti formati nello Stato italiano, alle operazioni di finanziamento poste in essere dagli istituti di credito italiani fuori dal territorio nazionale non torna applicabile il regime fiscale dell’imposta sostitutiva ma quello in vigore nello Stato estero interessato”, altresì specificando che “ove dette operazioni debbano spiegare effetti anche in Italia non è applicabile il regime agevolato dell’imposta sostitutiva, ma quello ordinario previsto dalle singole imposte”.

L’Agenzia delle Entrate, con avviso di liquidazione, contestava l’abuso del diritto tributario in relazione al principio di territorialità di cui all’art. 2, del D.P.R. n. 131 del 19863, altresì prevedendo apposita comminazione della sanzione amministrativa pecuniaria per omesso versamento dell’imposta nella misura del 30 per cento della maggiore imposta accertata.

L’avviso di liquidazione de quo veniva impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia,sia dalla Società finanziata, sia dalla Banca finanziatrice.

Per quanto di nostro attuale interesse nell’ambito del presente elaborato, le censure mosse al medesimo atto hanno visto le argomentazioni come di seguito indicate:

  • in via preliminare, violazione del principio del legittimo affidamento, ex art. 10, dello Statuto dei diritti del Contribuente (Legge n. 212 del 2000), sulla base della considerazione per la quale la Banca aveva applicato il trattamento fiscale indicato dall’Amministrazione Finanziaria nella su richiamata Risoluzione n. 45/E/-79924, del 10 aprile 2000, la quale, dunque, aveva integrato il suddetto legittimo affidamento. Si evidenziava come “l’immanenza di tale principio, anche anteriormente allo Statuto del contribuente, è stata affermata più volte dalla Suprema Corte che ha riconosciuto come ciò comporti non solo la non applicazione di sanzioni e interessi, ma anche la non debenza del tributo4;
  • in via subordinata e nel merito, inesistenza di alcun profilo di c.d. “abuso di diritto”, sulla base della considerazione per la quale la fattispecie de qua sarebbe stata disciplinata dall’art. 11 della Tariffa, Parte II, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in base al quale gli atti diversi da quelli indicati all’articolo 2, del medesimo D.P.R. sono assoggettati a registrazione solo in caso d’uso. In altri termini, il contribuente si appellava alla possibilità concessa dalla Tariffa di pagare, in caso di stipulazione di un contratto di finanziamento formato all’estero, l’imposta di registro ovvero l’imposta sostitutiva prevista in materia di agevolazioni per il credito, solo in caso di uso dell’atto (ad esempio nell’ambito di controversie giudiziarie)5. L’art. 11 della Tariffa, Parte II, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 cit., infatti, “consente di ritenere la stipula di atti di finanziamento posta in essere all’estero tra parti italiane – con conseguente assoggettamento alle imposte d’atto (“tipo registro”) previste nello Stato estero – come una scelta pari-ordinata o comunque non disapprovata dal sotto-sistema tributario dell’imposta di registro (e dei tributi che tale sistema richiamano, come ad esempio l’imposta sostitutiva sui finanziamenti). Altrimenti detto, il contribuente ha scelto una delle opzioni offerte dall’ordinamento tributario, concludendo una specifica operazione (stipula di atto all’estero) espressamente disciplinata dal legislatore nazionale: ne consegue, pertanto, che l’eventuale vantaggio tributario integra il c.d. legittimo risparmio d’imposta; vantaggio “eventuale” in quanto il vantaggio effettivo è determinabile solo al termine del finanziamento, qualora nell’arco temporale del medesimo la banca finanziatrice non stipuli ulteriori atti il cui carico fiscale potrebbe superare l’imposta sostitutiva, e quindi escludere qualsiasi vantaggio fiscale”6.

La decisione intervenuta

Il Collegio chiamato a decidere sulla controversia appena illustrata, con specifico riferimento alle questioni di merito sollevate dalle parti giunge ad escludere che si versi in una ipotesi di abuso del diritto sulla base della considerazione per la quale la disposizione normativa di riferimento (l’art. 11, della Tariffa, Parte II, allegata al più volte citato D.P.R. n. 131 del 1986, “non si presta, infatti, a interpretazione diversa da quella che si evince dalla sua lettera”, a sua volta non escludendo “sotto alcun profilo che la stipula di contratti fra soggetti italiani sia effettuata al di fuori del territorio nazionale, ove si prospetti meno onerosa per i contribuenti senza che tale opzione, quale tipica espressione dell’autonomia privata, possa essere ritenuta strumento di elusione: la circostanza che la vicenda sia stata espressamente prevista dal Legislatore esclude, infatti, che la sua applicazione possa integrare l’abuso contestato ai ricorrenti. Non vi è dunque alcuna necessità che, in tale quadro normativo, siano fornite dagli interessati persuasive ragioni volte a giustificare la scelta in concreto effettuata, …, dovendo detta scelta essere considerata lecita, essendo stata attuata attraverso la sola individuazione di una località estera per sottoscrivere il contratto e non tramite più negozi aventi causa tipica fra loro accortamente collegati al solo fine di conseguire quale unico risultato quello di non corrispondere l’imposta sostitutiva”.

Il percorso logico-argomentativo nell’interpretazione delle norme di riferimento

L’excursus logico-argomentativo posto in essere dai Giudici bresciani al fine di giungere all’emissione della pronuncia de qua muove dal presupposto per il quale l’art. 15, del D.P.R. n. 601 del 1973, non prevede espressamente, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti, la sussistenza del requisito territoriale.

Tale requisito, infatti, deve ritenersi necessario, come visto,in virtù del rinvio operato dall’art. 20, comma 4, del D.P.R. n. 601 cit., il che induce a constatare che la disciplina fiscale dell’imposta sostitutiva di cui agli artt. 15 e ss., del D.P.R. n. 601 è integrata e perfezionata dal D.P.R. n. 131 del 1986, nonché dalla Tariffa e Tabella rispettivamente allegate allo stesso.

Ciò premesso, ai sensi dell’art. 2, lett. d), del D.P.R. n. 131 del 1986, “sono soggetti a registrazione, a norma degli articoli seguenti: gli atti formati all’estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l’affitto di tali beni” (nostra la marcatura in grassetto, n.d.r.).

Le altre possibili tipologie di atti formati all’estero, invece, diverse da quelle specificamente indicate nella suddetta lettera d), dell’art. 2 cit., sarebbero, dunque, in virtù del disposto di cui all’art. 11, della Tariffa, Parte II, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, rubricata “Atti soggetti a registrazione solo in caso d’uso”, soggetti a registrazione – in termine fisso nel caso in cui, se formati nello Stato, sarebbero soggetti all’imposta fissa, e nella misura prevista dalle imposte stabilite per i corrispondenti atti formati nello Stato, in ogni altro caso – esclusivamente in “caso d’uso”.

Ora, ai sensi di quanto disposto dall’art. 6, del D.P.R. n. 131 del 1986, “si ha caso d’uso quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento”.

Dall’analisi delle disposizioni sin qui richiamate derivano due distinte considerazioni, seppur, ovviamente, collegate tra loro.

In primis, si desume che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, gli atti formati all’estero – diversi da quelli espressamente richiamati nella su citata lettera d), dell’art. 2, del D.P.R. n 131 del 1986 – non sono soggetti a registrazione in termine fisso, quanto meno sin dall’origine, quand’anche le prestazioni siano eseguite nel territorio nazionale.

Tale deduzione, tuttavia, non risulta ex se “soddisfacente”, richiamandone, altresì, una seconda.

Il rinvio operato dall’art. 20, comma 4, del D.P.R. n. 601 del 1973, alla disciplina sull’Imposta di Registro, se, da un lato, porta ad affermare, quale “principio generale”, che le operazioni di finanziamento bancario a medio e lungo termine, poste in essere sulla base di contratti stipulati all’estero, non siano soggette – come visto – all’imposta sostitutiva per carenza del presupposto di territorialità (ex art. 2, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 131 del 1986), dall’altro lato conduce, a constrariis, altresì ad escludere la rilevanza del “caso d’uso”, così come inteso ai sensi dell’art. 6, del D.P.R. n. 131 cit.: trattandosi, infatti, l’imposta sostitutiva, di un’imposta d’atto al pari dell’imposta di registro, a rilevare sarà la “mera” stipulazione dell’atto.

Ma se quanto sin qui asserito è vero, allora, al fine del corretto inquadramento del trattamento fiscale riservato ai contratti di finanziamento stipulati all’estero, avrà rilevanza esclusivamente l’art. 2, lett. d), del D.P.R. n. 131 del 1986 e non anche l’art. 11, della Tariffa, Parte II, allegata al medesimo D.P.R..

E se, infine, anche tale ultima deduzione risulta rispondente alla logica sin qui seguita – a sua volta rispondente ad una logica e coerente interpretazione della normativa di riferimento come sopra illustrata – ne deriva che i contratti di finanziamento stipulati all’estero (che non comportino il contestuale trasferimento e/o la costituzione di diritti reali di godimento o di garanzia su immobili siti nel territorio italiano) non sono soggetti ad Imposta di Registro e, quindi, per relationem, neppure ad imposta sostitutiva, scontando, cioè, le eventuali imposte previste nello Stato estero in cui sono posti in essere7.

Il concetto (rectius, vero e proprio principio) sin qui espresso, peraltro, risulta essere in linea con quanto espresso dallo stesso Ministero delle Finanze, con la Risoluzione Ministeriale n. 45/E, del 10 aprile 2000, nell’ambito della quale il medesimo ha avuto modo di precisare che, qualora le suddette operazioni spieghino effetti anche in Italia, non sarebbe applicabile l’imposta sostitutiva, bensì i tributi ordinari.

Principio, dunque, non completamente estraneo a quella stessa Amministrazione Finanziaria che – in contraddizione (ingiustificata) con lo stesso – con atto interno Prot. n. 2008/25064/DA3 del 2008, ha definito come “prassi elusiva”, senza tuttavia operare alcun concreto riferimento a norme di legge, la pratica di stipulare i contratti al di fuori del territorio italiano.

Interpretazione che, a quanto pare, ha trovato il modo di essere categoricamente smentita dal Giudice bresciano e, si auspica, possa (correttamente) incontrare parere conforme dei successivi Giudici tributari che si affaccino al tema specifico.

 

1

Espressione mutuata da M. Grazioli e M. Thione, Place shopping” nell’imposta di registro, in “Il Fisco” n. 41 del 2010.


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2

Cfr. S. Loconte, “Finanziamento stipulato all’estero, non c’è elusione”, in Italia Oggi, del 1° maggio 2012, nonché P. Turis, Commento a Sent. N. 27/2012, in “Il Fisco” n. 36 del 2012.


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3

L’art. 2, D.P.R. 131/1986 cit. prevede che “sono soggetti a registrazione, a norma degli articoli seguenti: a) gli atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato; b) i contratti verbali indicati nel comma 1 dell’art. 3; c) le operazioni delle società ed enti esteri indicate nell’art. 4; d) gli atti formati all’estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l’affitto di tali beni”.


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4

Cfr., in tal senso, l’analisi di R. Dolce, “Comm. Trib. Prov. Brescia, sent. n. 27 del 10 aprile 2012 – Territorialità dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti alla luce di una recente sentenza di merito”, in “Il Fisco” n. 19 del 2012.


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5

Così M. Bellinazzo, “In salvo il mutuo estero”, ne Il Sole 24 Ore, del 26 aprile 2012.


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6

Cfr., in tal senso, l’analisi di R. Dolce, op. cit..


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7

Così, S. Loconte, op. cit.. Inoltre, per una analisi completa della normativa relativa all’applicazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti sia consentito il rinvio a AA.VV. (a cura di S. Loconte), ”Imposta sostitutiva sui finanziamenti”, Milano, 2012.


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