Con la sentenza n. 763 del 19 gennaio 2016 la Suprema Corte interviene in tema di strumenti derivati, stabilendo che il mandato conferito ad una banca da un sottoscrittore di un’opzione put ed avente oggetto il trasferimento di azioni depositate presso la stessa in favore del titolare della corrispettiva opzione call, una volta che quest’ultima è stata esercitata, non configura un contratto a favore del terzo, ex art. 1411 cod. civ, esonerando la banca mandataria dalla responsabilità nei confronti di quest’ultimo.
In via preliminare, la Corte ricostruisce la natura dello strumento finanziario derivato di tipo ‘option’, quale titolo derivato asimmetrico, rilevando come la differenza fondamentale delle opzioni rispetto agli altri strumenti di tipo derivato consiste nella definizione dei diritti del possessore: egli non è obbligato ad acquistare o vendere il sottostante, ma può farlo se esercitando l’opzione ne trae un’effettiva convenienza economica.
Il caso sottoposto all’attenzione del Collegio prendeva origine da un contratto ‘derivato’ intercorso tra due società ed avente oggetto il diritto di opzione della prima, da esercitare entro una certa data e a un certo prezzo predefiniti, di acquistare un certo quantitativo di azioni di proprietà della seconda, depositate presso la banca e di trasferirle nel portafoglio dell’acquirente. Per l’adempimento di questo sottostante contratto di borsa, intercorso tra le due società, veniva concluso un contratto di mandato irrevocabile tra la società proprietaria delle azioni e la banca stessa.
Al riguardo la Suprema Corte, confermando quanto statuito dai giudici di merito, rileva che il mandato intercorso tra la società proprietaria delle azioni e la banca mandataria costituisce un contratto stipulato anche nell’interesse del terzo ai sensi dell’art 1723, co. 2, cod. civ. e quindi del beneficiario dell’opzione, ma sicuramente non a suo favore. Infatti, l’esistenza dell’interesse del terzo non può modificare la natura giuridica del mandato in contratto nell’esclusivo interesse di costui allorché gli interessi del mandante e del mandatario siano tutelati dall’esecuzione del mandato, oggetto dei sottostanti obblighi assunti tra le parti, ovvero per esser prevista con il consenso del terzo e a tutela e rafforzamento del suo interesse, la revocabilità del mandato.
Conseguentemente la Corte conferma l’estraneità del beneficiario dell’opzione al mandato stipulato dalla controparte con la banca, escludendo, altresì, la possibilità che lo stesso possa essere legittimato ad intraprendere qualsiasi azione nei confronti dell’istituto.