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Giurisprudenza

Non è invocabile dall’investitore il principio dell’affidamento incolpevole per la condotta del promotore finanziario che prometta rendimenti maggiori rispetto a quelli previsti nel prospetto informativo

3 Ottobre 2016

Gabriele Magrini, Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia, Sapienza Università di Roma

Cassazione Civile, Sez. I, 24 febbraio 2016, n. 3625 – Pres. Di Palma, Rel. Nazzicone

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza n. 3625 del 24.02.2016 la Suprema Corte interviene a chiarire l’operatività del principio civilistico di affidamento incolpevole dell’investitore per la condotta del promotore finanziario in materia di gestione collettiva del risparmio.

In particolare, la vicenda originava dalla richiesta di un intermediario di ottenere la restituzione dei maggiori importi corrisposti all’investitore dal proprio promotore finanziario in esecuzione ad un contratto di sottoscrizione di quote di un fondo comune d’investimento in relazione al quale il promotore aveva accordato condizioni più favorevoli rispetto a quelle contenute nel prospetto informativo.

I giudici di appello, facendo applicazione dei principi concernenti la rappresentanza apparente e l’affidamento incolpevole dell’investitore in relazione ai poteri del promotore di accordare rendimenti più vantaggiosi sulle quote del fondo comune, rilevavano che anche la condotta dell’intermediario in sede di disinvestimento aveva contribuito ad ingenerare il ragionevole convincimento dell’esistenza di uno specifico potere in capo al promotore finanziario di accordare condizioni diverse a quelle previste nel prospetto informativo.

A fronte dell’impugnazione della sentenza da parte dell’intermediario, la Suprema Corte, in via preliminare, svolge una precisa ricostruzione dei principi che sovraintendono all’istituto della responsabilità solidale dell’intermediario per i danni arrecati dall’operato del proprio promotore finanziario di cui all’art. 31 d.lgs. 58 del 1998, precisando che la stessa sussiste ove venga riscontrata una necessaria occasionalità tra le incombenze affidate e fatto del promotore, non rilevando se il comportamento di quest’ultimo abbia esorbitato o meno il limite fissato dalla società, essendo sufficiente che il promotore abbia agito in maniera tale da far apparire al terzo in buona fede che l’attività posta in essere rientrasse nell’incarico affidato.

Tuttavia, analizzando il negozio di sottoscrizione di quote di un fondo comune, la Corte evidenzia che l’attività di sollecitazione all’investimento è regolata da una specifica disciplina prevista dall’art. 94 del Tuf che subordina l’attività di sottoscrizione da parte del pubblico risparmio alla preventiva autorizzazione e pubblicazione di un prospetto informativo – quale documento di offerta al pubblico – che contiene tutte le informazioni necessarie sui prodotti finanziari oggetto dell’offerta, alla quale l’investitore può aderire o meno e sulla quale non possono intervenire modifiche da parte del promotore finanziario.

Conseguentemente, non potendo il promotore finanziario introdurre nel regolamento negoziale clausole difformi da quelle contenute nel prospetto informativo, laddove il medesimo prometta rendimenti più vantaggiosi, l’investitore non potrà invocare a suo favore i principio dell’apparenza e in particolare la propria condizione soggettiva di buona fede, per farne discendere conseguenze a sé favorevoli, vincolando ad essi l’offerente.

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