Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte ha riaffermato il proprio orientamento, già espresso ante 2007, secondo il quale “il decreto con il quale il tribunale fallimentare, ai sensi dell’art. 26 legge fallimentare, respinge il reclamo avverso l’atto con cui il curatore ha esercitato, a norma dell’art. 72 della stessa legge, la facoltà di scioglimento dal contratto pendente, non ha natura decisoria, in quanto non risolve una controversia su diritti soggettivi, ma rientra tra i provvedimenti che attengono all’esercizio della funzione di controllo circa l’utilizzo, da parte del curatore, del potere di amministrazione del patrimonio del fallito”.
Conseguentemente, detto decreto non risulta impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., “potendo i terzi interessati contestare nelle sedi ordinarie gli effetti che dall’attività così esercitata si pretendono far derivare”.