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Attualità

Norma “anti-scorrerie”: osservazioni alla consultazione Consob di modifica al Regolamento Emittenti

17 Luglio 2019

Amal Abu Awwad, Professore Associato di Diritto Commerciale, Università Telematica e-Campus; Docente di Business and Commercial Law, Università Statale di Milano

Di cosa si parla in questo articolo

Entro il 17 luglio 2019 dovranno essere trasmesse a Consob le eventuali osservazioni al documento di consultazione contenente le “Proposte di modifica al regolamento emittenti in materia di trasparenza societaria” del 27 giugno 2019 (v. la news già pubblicata su questa Rivista indicata tra i contenuti correlati).

Due sono gli ambiti in cui si collocano dette proposte di modifica: la delimitazione dei contorni della fattispecie del comma 4-bis dell’art. 120 t.u.f. e l’introduzione di una previsione specifica per le Pmi per la notifica delle partecipazioni rilevanti in azioni laddove si determini il cambiamento del regime applicabile da Pmi a società quotata ordinaria.

Com’è noto, il comma 4-bis dell’art. 120 t.u.f., aggiunto con il decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172: c.d. Decreto Fiscale), ha previsto ulteriori obblighi informativi a carico di chi acquista una partecipazione rilevante al capitale sociale di un emittente quotato (c.d. norma “anti-scorrerie”): in particolare, l’acquirente deve formulare una dichiarazione avente ad oggetto gli obiettivi che intende perseguire nel corso dei sei mesi successivi all’acquisto (c.d. “dichiarazione di intenzioni”). È stata rimessa alla Consob l’individuazione sia dei casi in cui l’acquirente è esonerato dall’obbligo informativo di effettuare la dichiarazione di intenzioni, sia delle relative modalità di assolvimento degli obblighi informativi. Questo è l’oggetto delle proposte di modifica al regolamento emittenti di cui al documento di consultazione.

La previsione di fattispecie esentate dall’obbligo informativo deve tener conto delle caratteristiche del soggetto che effettua la dichiarazione o della società di cui sono state acquistate le azioni: il punto è valutare quando la disclosure possa risultare non semplicemente superflua, ma anche inopportuna, nella misura in cui si risolve solo nel rendere più gravosa la posizione dell’acquirente, non essendo altrimenti giustificabile.

Prima ed al fine di valutare le ipotesi di esenzione formulate da Consob nel Documento di Consultazione, appare opportuno interrogarsi sulla funzione della dichiarazione di intenti.

Al riguardo, diverse paiono essere le chiavi di lettura in merito alla ragione degli obblighi imposti dal comma 4-bis dell’art. 120 t.u.f., a seconda della parte di contenuto della previsione a cui si ritiene di dover accordare una portata maggiormente significativa: quella collegata ad un eventuale obiettivo di scalata oppure quella che impone di rendere nota la volontà di influenzare la gestione.

La prima prospettiva sembra essere accolta dalla Consob, che legge la disposizione in stretta connessione con la regolazione degli eventuali tentativi di scalata che interessino emittenti quotati italiani. La Consob ricostruisce, infatti, il quadro di riferimento (secondo cui si tratta di «un’informativa aggiuntiva rispetto a quella attualmente prevista in materia di assetti proprietari, volta a rendere trasparenti eventuali tentativi di scalata che interessino emittenti quotati italiani»: così, il Documento di Consultazione, a p. 1.) e individua la ratio di alcune delle cause di esenzione dall’obbligo [: quella in caso di acquisto di partecipazioni in società con controllo solitario di diritto (a p. 4 del Documento di Consultazione); di acquisto di partecipazioni infragruppo (sempre a p. 4 del Documento di Consultazione); di acquisti effettuati nell’ambito di un’offerta pubblica di acquisto o scambio già comunicata al mercato (a p. 9 del Documento di Consultazione)].

In alternativa, la previsione può essere considerata un ulteriore tassello della disciplina sulla trasparenza degli assetti proprietari e sull’informazione in generale al mercato. Così sembra forse far propendere la voluntas legis[1], la collocazione (nell’art. 120 t.u.f.), così la formulazione e il contenuto della norma, che non necessariamente sembra porsi in collegamento necessario con un tentativo di scalata. Sul piano sostanziale, paiono sfuggire ad uno stringente rapporto con il lancio di un’opa le ipotesi contenute al comma 4-bis dell’art. 120 t.u.f. di cui alla lett. a), «modi di finanziamento dell’acquisizione», lett. b), seconda parte, l’«influenza sulla gestione della società e, in tali casi, la strategia che intende adottare e le operazioni per metterla in opera», lett. e), «se intende proporre l’integrazione o la revoca degli organi amministrativi o di controllo dell’emittente».

Al riguardo, peraltro, si è osservato, in modo condivisibile, che l’obbligo di dichiarare le proprie intenzioni non è «perpetuo», collocandosi in uno «specifico momento» ed avendo una portata temporale limitata (sei mesi): appare pertanto difficile ritenere che detta norma persegua «l’intento di meglio rappresentare al mercato la composizione “qualitativa” dell’azionariato»[2].

Le interpretazioni sopra ricordate, per quanto possano sembrare agli antipodi, paiono poter essere entrambe mitigate: la circostanza che non si tratti di una regola di trasparenza sugli assetti proprietari non significa che venga necessariamente in considerazione una regola di trasparenza esclusivamente in funzione di una scalata, essendo rilevante la sola volontà per l’acquirente di esercitare un’influenza sulla gestione. Deve trattarsi di una possibilità effettiva di esercitare tale influenza: diversamente gli obblighi in questione rischiano di appalesarsi inutilmente gravosi. Ne deriva che l’obbligo pare configurarsi in caso di assunzione di una partecipazione giuridicamente rilevante per l’esercizio di detta influenza.

Il criterio della possibilità di esercitare un’influenza sulla gestione in concreto induce a condividere la soluzione proposta dalla Consob per quanto attiene all’esenzione dall’obbligo di dichiarazione di intenzioni proposta nei casi di cui all’art. 49, comma 1, lettere a), c), e h), del Regolamento Emittenti in una delle esenzioni dall’opa obbligatoria: si tratta dell’acquisto di una partecipazione rilevante in una società controllata di diritto da uno o più soggetti, diversi dall’acquirente, che operano congiuntamente, circostanza quest’ultima che relega l’acquirente in una posizione “irrilevante” sul piano giuridico, con la conseguenza che sono irrilevanti le ragioni e gli obiettivi che si prefigge mediante l’acquisto della partecipazione.

La medesima valutazione in termini di opportunità deve essere effettuata con riferimento ai casi di esenzione indicati dall’articolo 119-bis, comma 3, lettere a), b) e c-ter), del Regolamento Emittenti: appare logico che, non essendovi obbligo di effettuare la comunicazione richiesta in materia di assetti proprietari, non sussista del pari l’obbligo di effettuare la dichiarazione di intenti. Nello stesso senso, risulta opportuno non prevedere obblighi informativi aggiuntivi se gli acquisti sono stati effettuati nell’ambito di un’offerta pubblica di acquisto o scambio già comunicata al mercato (trattandosi di un’«inutile duplicazione» e difettando un’esigenza di tutela) e se gli acquisti sono effettuati da gestori di fondi, posto che, in tal caso, si tratta di una «posizione meramente “finanziaria”» [così il Documento di Consultazione, a p. 6].

Per quanto si condivida l’opportunità di interpretare restrittivamente la portata della fattispecie impositiva degli obblighi, stante la necessità di tutelare anche l’interesse alla contendibilità del controllo (evitando di appesantire eccessivamente la posizione dell’acquirente) e alla riservatezza delle strategie negli investimenti[3], qualche maggior dubbio si pone con riferimento alla previsione delle esenzioni in caso di superamento di soglie determinato dall’esercizio di diritti di opzione, di sottoscrizione o di conversione originariamente spettanti, di acquisti conseguenti a successioni, di superamenti passivi.

In generale, solleva di per sé qualche perplessità la previsione di un obbligo che ha ad oggetto le intenzioni dell’acquirente, ritenendosi che – come rilevato da parte della dottrina – «la scelta legislativa» circa «il modello applicabile alle società quotate» appare netta: «per queste ultime, la distanza del modello contrattualistico è diventata ormai abissale (si pensi … soprattutto, alla normativa sui diritti degli azionisti e alle regole di pubblicità»[4]. Significa che il sistema dovrebbe contenere soltanto regole di esercizio di un’attività nel mercato e che, nella prospettiva dei soci, il fenomeno non dovrebbe essere più ricondotto a meccanismi soggettivi, dovendo essere per contro inquadrato nella “dimensione oggettiva”. Per quanto – come viene ricordato[5] – sia la stessa disciplina europea sull’opa a far riferimento alle intenzioni dell’offerente, l’accoglimento di una simile idea di fondo (in termini di oggettività della disciplina) dovrebbe condurre, da un lato, a condividere (con Consob) un approccio che, ad esempio, ai fini dell’aumento del prezzo dell’offerta da parte dell’autorità di vigilanza, ai sensi e per gli effetti dell’art. 106, comma 3, lett. d), n. 2, t.u.f., non richiede la dimostrazione che il comportamento delle parti sia volontariamente diretto a eludere la normativa in materia di OPA, essendo sufficiente l’obiettiva idoneità del contegno dei soggetti coinvolti a conseguire detto effetto di elusione[6]; dall’altro, a far assumere importanza – tranne i casi di acquisto giuridicamente irrilevante ai fini di un’influenza sulla governance – al fatto in sé dell’acquisto della partecipazione rilevante, con la conseguenza che potrebbe risultare opinabile, per individuare la ragione fondante di un’esenzione, la circostanza che l’acquisto sia stato volontario o involontario: atteso che, anche a fronte di un acquisto involontario, potrebbe scattare per l’acquirente l’obiettivo, ad esempio, di conseguire l’integrazione o la revoca degli organi amministrativi o di controllo dell’emittente. In altri termini, le intenzioni concernono il futuro, non il passato (e cioè i motivi che possono aver determinato l’acquisto), con la conseguenza che ogni acquirente (anche colui che si è trovato ad essere titolare della partecipazione in modo per così dire “automatico”) deve essere tenuto alla dichiarazione, salvi i casi in cui sia la stessa dichiarazione a risultare inutile.



[1] Per riferimenti, cfr. G. Sandrelli, Note sulla disciplina “anti-scorrerie”, in Riv. soc., 2018, 186 s., in cui si richiama l’Appunto del Ministero dello Sviluppo Economico; A. Sacco Ginevri, La norma “anti-scorrerie” introdotta dal decreto legge n. 148/2017, consultabile su http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/
sacco_ginevri_a._bui_i._locci_l._la_norma_anti-scorrerie_introdotta_dal_decreto_legge_n._148-2017_2018.pdf, per il riferimento al Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 50 del 13 ottobre 2017, in cui la norma viene posta in funzione dell’obiettivo di «migliorare il grado di trasparenza e salvaguardare il corretto funzionamento del mercato, accrescendo il livello di informazione degli stakeholder nelle operazioni di acquisizione societaria».

[2] G. Sandrelli, op. cit., 197

[3] G. Sandrelli, op. cit., 197.

[4] Libertini, Limiti di validità dei patti parasociali, Università Commerciale Luigi Bocconi, Paper No. 2013-7, 8 s.

[5] G. Sandrelli, op. cit., 188 s.

[6] T.A.R. sez. II , – Roma, 19 marzo 2014, n. 3010, riformata da Cons. Stato, sez. sesta, 9 novembre 2018, n. 06330/2018 (il caso c.d. “CAMFIN”), per un commento della quale v. S. Del Gatto, Il potere di rideterminazione del prezzo da parte della Consob in caso di collusione e il problema della certezza del diritto in caso di provvedimenti delle autorità indipendenti, in Riv. Reg. Merc., 2018, n. 2.

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