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Giurisprudenza

Norme TUIR sull’esterovestizione applicabili all’imposta di registro

8 Agosto 2024

Francesco Castro, Dottorando di ricerca in diritto dell’Unione Europea e ordinamenti nazionali, Università degli studi di Ferrara

Cassazione Civile, Sez. V, 6 febbraio 2024, n. 3386 – Pres. Cirillo, Rel. Chieca

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3386 del 6 febbraio 2024, ha esaminato il tema dell’esterovestizione societaria in relazione all’imposta di registro, in un caso di conferimento di beni immobili da parte di un contribuente persona fisica residente in Italia a una società con sede legale a Londra, in occasione di un aumento di capitale.

L’atto di conferimento era stato assoggettato all’imposta di registro in misura fissa, come previsto per le società con sede legale o amministrativa in altro Stato membro dell’Unione Europea ai sensi della nota IV dell’art. 4 della Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. 131/1986. 

Tuttavia, l’Agenzia delle entrate ha emesso un avviso di liquidazione per maggior imposta di registro nei confronti della società londinese e della persona fisica residente in Italia, applicando l’aliquota proporzionale del 7% sul valore degli immobili conferiti, sostenendo che la società operava apparentemente all’estero ma aveva il centro principale dei suoi interessi in Italia in quanto amministrata dalla persona fisica residente in Italia e posseduta interamente (in via indiretta) dal medesimo soggetto.

Sia la società sia il contribuente impugnavano l’atto impositivo innanzi alla C.T.P. che rigettava il ricorso, con sentenza riformata in appello dalla C.T.R. che annullava l’avviso di liquidazione.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate. 

In particolare, la Corte ha affermato, in materia di presunzione di esterovestizione di cui all’art. 73, comma 5-bis, del D.P.R. 917/1986 (TUIR), si applica alle società aventi sede all’estero (i) che detengono partecipazioni di controllo in società italiane, e (ii) che siano controllate da soggetti residenti in Italia o che la gestione sia composta prevalentemente da consiglieri residenti in Italia. 

Al riguardo, la Corte ha rilevato che il presupposto della presunzione di esterovestizione, che richiede la partecipazione di controllo, non era stato dimostrato nel caso in esame, ma che tuttavia l’individuazione della residenza in Italia può essere dimostrata alla luce dei criteri di collegamento con lo Stato disposti dal comma 3 dell’art. 73 del TUIR applicabili ratione temporis: la sede dell’amministrazione, come contrapposta alla sede legale, deve coincidere con la sede effettiva della società, ovvero il luogo dove si svolgono concretamente le attività di amministrazione e direzione.

Pertanto, la decisione della CTR non ha adeguatamente considerato che la prova della sede effettiva della società doveva essere valutata attraverso un’analisi complessiva degli indizi e delle prove disponibili.

La Corte ha osservato che la CTR ha attribuito eccessivo rilievo al semplice riferimento a una segreteria a Londra e non ha esaminato adeguatamente il complesso degli elementi indiziari. 

Peraltro la disciplina interna, tesa ad attribuire prevalenza al dato fattuale dello svolgimento dell’attività direttiva presso un territorio diverso da quello in cui la società ha la sua sede legale, non si pone in conflitto con la libertà di stabilimento di matrice europea, in piena aderenza ai principi della giurisprudenza europea.

Infine, secondo la Corte, il criterio di attrazione della residenza in Italia ex art. 73, comma 3 del TUIR è applicabile anche ai fini delle imposte indirette (quale l’imposta di registro nel caso di specie) in quanto la Direttiva 2008/7/CE, concernente le imposte indirette sulla raccolta dei capitali, individua lo Stato al quale spetta il potere impositivo unicamente con quello ove è situata la sede della direzione effettiva della società al momento in cui è effettuato il conferimento.

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