L’Agenzia delle Entrate, con Risposta n. 471/2023, ha chiarito quando si possa emettere una nota di variazione in diminuzione, al fine di recuperare l’IVA, per ”stornare” fatture originariamente emesse nei confronti di un cliente fallito prima del 26 maggio 2021, in ipotesi di giudizi ancora pendenti dopo la chiusura del fallimento, che possano modificare il piano di riparto finale.
Qualora vi siano giudizi pendenti anche dopo il decreto di chiusura del fallimento, infatti, vista la possibilità, per il curatore, di emettere piani di riparto supplementari successivi alla chiusura, non è possibile conoscere con certezza le somme effettivamente distribuite ai creditori prima dell’esito di tali giudizi, allungando notevolmente i termini per recuperare l’IVA versata.
Il problema oggetto di interpello si è posto in relazione alle procedure avviate prima del 26 maggio 2021, ovvero prima della modifica legislativa al Decreto IVA intervenuta con l’art. 18 del D.L. 73/2021 (convertito in L. 106/2021), che ha consentito, alle procedure fallimentari avviate dopo tale data, di emettere tali note di variazione in diminuzione a partire dalla data in cui il cliente era stato assoggettato a una procedura concorsuale, senza dover attendere la chiusura della procedura fallimentare.
Prima del 2021, invece, non era legislativamente chiarito tale aspetto, poiché l’art. 26 c. 2 del Decreto IVA, subordinava il recupero dell’IVA “al mancato pagamento in tutto in parte a causa di procedure concorsuali”, senza nulla precisare circa il momento in cui si poteva considerare sussistente il “mancato pagamento” in relazione ad un fallimento, vista anche la considerevole durata della procedura.
L’Agenzia delle Entrate, forte della pronuncia della Corte di cassazione del 27 gennaio 2014, n. 1541, lo aveva infatti sempre interpretato nel senso che il presupposto del mancato pagamento si sarebbe verificato solo nell’ipotesi di infruttuosa ripartizione finale dell’attivo o, in mancanza, dalla definitività del provvedimento di chiusura del fallimento.
E’ questo infatti, alla luce della normativa all’epoca in vigore, l’unico momento che avrebbe consentito di aversi certezza in ordine alle somme definitivamente distribuite ai creditori.
D’altro canto, il citato art. 18 che aveva modificato il Decreto IVA, disponeva che le modifiche si sarebbero applicate unicamente alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021 compreso.
Pertanto, in applicazione dei principi interpretativi enucleati dai precedenti documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate e dell’indirizzo della Cassazione poc’anzi menzionato, l’Agenzia delle Entrate conclude affermando nuovamente che per le procedure concorsuali avviate prima del 26 maggio 2021 la detraibilità dell’IVA è subordinata al decreto di chiusura del fallimento.
Inoltre, precisa, in reazione al caso oggetto di interpello, che, in caso di giudizi pendenti dopo la chiusura del fallimento, ai fini della detraibilità dell’IVA per le fatture non pagate dal fallito sarà altresì necessario attendere il loro esito e gli eventuali piani di riparto supplementari ai sensi della Legge fallimentare.