Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 28452 del 05 novembre 2024, ha risolto il contrasto giurisprudenziale in ordine al perfezionamento della notifica a mezzo PEC, in caso di mancata consegna al destinatario con l’attestazione “casella piena”.
La questione, come precisa la Corte, investe ogni ambito in cui la notificazione di un atto processuale, eseguita a mezzo PEC da un avvocato ai sensi dell’art. 3-bis della L. 53/1994 (ante riforma Cartabia – D. Lgs. 149/2022), abbia come esito una mancata consegna per essere la casella di PEC del destinatario satura e, dunque, per causa imputabile allo stesso notificatario.
Questo il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite sul punto:
“Nel regime antecedente alla riforma Cartabia, la notificazione a mezzo PEC eseguita dall’avvocato a i sensi dell’art. 3-bis della L. 53/1994 non si perfeziona nel caso in cui il sistema generi un avviso di mancata consegna, anche per causa imputabile al destinatario (come nell’ipotesi di saturazione della casella di PEC con messaggio di errore dalla dicitura “casella piena”), ma soltanto se sia generata la ricevuta di avvenuta consegna (c.d. “RdAC”): pertanto il notificante, ove debba evitare la maturazione a suo danno di un termine decadenziale, sarà tenuto a riattivare tempestivamente il procedimento notificatorio attraverso le forme ordinarie di cui agli artt. 137 e ss. C.p.c., potendo così beneficiare del momento in cui è stata generata la ricevuta di accettazione della originaria notificazione inviata a mezzo PEC”.
L’art. 3-bis, c. 3, della L. 53/1994 prevede che la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’art. 6, c. 1, D.P.R. 68/2005, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’art. 6, c.2, dello stesso D.P.R. (c.d. RdAC).
L’art. 3-bis, c. 3, disciplina, dunque, una fattispecie di perfezionamento della notificazione che si fonda, esclusiva mente, sulla “RdAC”: per le S.U. è anzitutto la legge a perimetrare con chiarezza le modalità e il momento in cui si “perfeziona” la notificazione telematica dell’atto processuale eseguita dall’avvocato; pertanto, un’interpretazione che intenda ritenere perfezionata la notifica a mezzo PEC ai sensi del citato art. 3-bis, c. 3, anche in assenza di “RdAC”, trova ostacolo nella stessa lettera della legge.
Le Sezioni Unite rammentano poi che un’indiretta conferma del principio per cui la notificazione a mezzo PEC, il cui esito non sia la generazione della “RdAC” per causa imputabile al destinatario, non per ciò stesso può reputarsi perfezionata, si rinviene nell’art. 16-sexies del D.L. n. 179/2012, come modificato dal D.L. n. 90/2014: tale norma impone espressamente di procedere ad una nuova notificazione, nel caso specifico da effettuarsi in cancelleria, ove la notificazione a mezzo PEC, da doversi necessaria mente utilizza re nei confronti del difensore, non si sia perfezionata proprio per causa imputa bile al destinatario.
Inoltre, è rinvenibile altresì nell’art. 16 del D.L. n. 179/2012, relativamente al distinto ambito delle comunicazioni e notificazioni telematiche di cancelleria, in base al quale, nei procedimenti civili, le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusiva mente per via telematica all’indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni; tuttavia, le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di PEC, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria, e le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario.
Conseguentemente, ai fini del perfezionamento della comunicazione/notificazione telematica di cancelleria che non abbia avuto esito positivo per causa imputabile al destinatario si rivela, dunque, necessaria l’attivazione di una ulteriore modalità di esecuzione (il deposito in cancelleria o altra modalità che il legislatore ritenga equipollente), non essendo sufficiente allo scopo il mero avviso di mancata consegna che il gestore di PEC rilascia al solo mittente, così da rendere il destinatario della comunicazione/notificazione ignaro di un tale evento: nei procedimenti “civili”, il deposito in cancelleria della comunicazione/notificazione nel caso di mancata generazione della “RdAC” per causa imputabile al destinatario è modalità di esecuzione che ne assicura la conoscibilità.
Infatti, in caso contrario, verrebbe sottratta a quest’ultimo anche la possibilità di venire a conoscenza che nei suoi confronti è stata effettuata una comunicazione/notificazione e ciò in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost. in una materia nella quale, invece, le garanzie di difesa e di tutela del contraddittorio devono essere improntate a canoni di effettività e di parità (v. Corte cost., sent. n. 3/2010 e sent. n. 67/2019), essendo lo scopo della comunicazione/notificazione proprio quello di assicurare al destinatario la possibilità, non meramente teorica, di conoscere l’atto del processo.
Un tale meccanismo di garanzia, invece, non è affatto contemplato nell’ipotesi di notificazione telematica ex art. 3-bis, comma 3, della L. 53/1994 che abbia avuto esito di mancata consegna per causa imputabile al destinatario, il quale, dunque, ove si ritenesse comunque perfezionata la notificazione stessa, non avrebbe possibilità alcuna di venirne a conoscenza.
Tuttavia, sottolinea la Corte, il coordinamento sistematico tra la lettera della disposizione, l’assetto ordinamentale della specifica materia nel quale lo stesso citato art. 3-bis si colloca e i richiamati principi costituzionali consentono di ritenere che, non essendosi perfezionata la notificazione – anche se per una causa imputabile al destinatario della stessa (tra cui è da annoverare pure il rifiuto del messaggio di PEC per essere la relativa “casella piena”) -, l’avvocato notificante dovrà fare ricorso alle forme ordinarie di cui agli artt. 137 e ss. C.p.c.
Inoltre, la Corte rinviene ulteriore e significativo conforto dalla disciplina recata dalla riforma del processo civile del 2022, che ha introdotto l’obbligatorietà della notifica a mezzo PEC da parte dell’avvocato: l’art. 3-ter della L. 53/1994, inserito dall’art. 12, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 149/2022, disciplina gli effetti della notificazione a mezzo PEC non andata a buon fine.
La Corte evidenzia che anche secondo l’art. 3-ter, la mancata notifica per causa imputabile al destinatario che sia persona fisica o un ente di diritto privato non tenuto all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese e ha eletto il domicilio digitale, si esegue con modalità ordinarie: il legislatore delegato, sottolinea la Corte, ha operato uno scostamento rispetto alla delega (che prevedeva esclusivamente l’inserimento dell’area web) in considerazione della particolare delicatezza del procedimento notificatorio, che deve tendere ad assicurare quanto più possibile che il destinatario abbia effettiva conoscenza dell’atto, nel rispetto del diritto di difesa di quest’ultimo.
La Corte precisa infine che il mancato assolvimento all’onere di diligenza nella tenuta e nel controllo della casella di PEC da parte del soggetto abilitato esterno non è senza effetti, non potendo riflettersi in danno del notificante: in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza, beneficiando, ai fini del rispetto del termine di decadenza posto a suo svantaggio, del momento in cui è stata inviata la originaria notifica a mezzo PEC (con generazione, quindi, della ricevuta di accettazione), seppur esitata con avviso di mancata consegna per una causa imputabile al notificatario.