Il presente contributo analizza le novità in materia di ipoteca giudiziale previste dalla riforma del processo civile, attuata con d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, di modifica del codice di procedura civile.
L’ipoteca giudiziale nel procedimento in materia di persone
Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, sulla riforma del processo civile, non ancora entrata in vigore, all’art. 3 introduce nel codice di procedura civile gli articoli dal 473 bis al 473 bis.71 che regolano il nuovo procedimento camerale in materia di persone, minorenni e famiglie. Si tratta di un modello unitario di procedura in camera di consiglio applicabile ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni, salvo che la legge disponga diversamente e con esclusione dei procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità, dei procedimenti di adozione di minori di età e dei procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea.
Due disposizioni incidono sulla disciplina dell’ipoteca giudiziale.
Alla prima udienza il giudice sente le parti alla presenza dei rispettivi difensori e ne tenta la conciliazione, potendo egli stesso formulare una motivata proposta conciliativa della controversia. A sensi del nuovo art. 473 bis.22 c.p.c. se la conciliazione non riesce il giudice, sentite le parti e i rispettivi difensori e assunte ove occorra sommarie informazioni, dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che ritiene opportuni nell’interesse delle parti, nei limiti delle domande da queste proposte, e dei figli. Quando pone a carico delle parti l’obbligo di versare un contributo economico il giudice determina la data di decorrenza del provvedimento, con facoltà anche di farla retroagire fino alla data della relativa domanda.
Questa ordinanza – dispone il citato articolo – costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme previste e costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. Essa conserva la sua efficacia anche dopo l’estinzione del processo, finché non sia sostituita con altro provvedimento.
L’ordinanza emessa dal giudice, essendo un provvedimento temporaneo e urgente, può essere modificata o revocata dal collegio o dal giudice delegato in presenza di fatti sopravvenuti o di nuovi accertamenti istruttori (art. 473 bis.23 c.p.c.). Contro di essa è ammesso reclamo con ricorso alla corte di appello: il reclamo deve essere proposto entro il termine perentorio di dieci giorni dalla pronuncia del provvedimento in udienza ovvero dalla comunicazione; il collegio assicura il contraddittorio tra le parti ed entro sessanta giorni dal deposito del ricorso pronuncia ordinanza immediatamente esecutiva con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato e provvede sulle spese; l’ordinanza sul reclamo è ricorribile per cassazione a sensi dell’art. 111 Cost. (art. 473 bis.24 c.p.c.).
L’art. 473 bis.36 c.p.c., dedicato all’attuazione dei provvedimenti emessi nell’ambito del nuovo procedimento camerale, dispone che i provvedimenti stessi, anche se temporanei, in materia di contributo economico in favore della prole o delle parti sono immediatamente esecutivi e costituiscono titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. La norma aggiunge: “Se il valore dei beni ipotecati eccede la cautela da somministrare, si applica il secondo comma dell’articolo 96” c.p.c. relativo alla c.d. responsabilità processuale aggravata.
Inoltre lo stesso articolo prevede che il giudice può imporre al soggetto obbligato al pagamento di prestare idonea garanzia personale o reale, se esiste il pericolo che possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi di contributo economico, e il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni in ordine all’adempimento, può chiedere al giudice di autorizzare il sequestro dei beni mobili, immobili o crediti dell’obbligato.
In sostanza la nuova normativa risulta modellata sul contenuto dell’art. 156 c.c., come integrato dalle decisioni C. Cost. 144/1983, 5/1987, 278/1994 e 258/1996, relativo ai provvedimenti emessi nell’ambito della separazione personale tra coniugi.
Due osservazioni
La disciplina ora illustrata induce a due commenti “a caldo”.
La prima osservazione riguarda il richiamo dell’art. 96 c.p.c. qualora il valore dei beni ipotecati ecceda “la cautela da somministrare”, cioè l’ammontare del credito da garantire. La legge accoglie in maniera espressa il principio di proporzionalità della garanzia, sul quale si è ormai formata una corposa dottrina e per il quale la Cassazione, ormai già alcuni anni orsono, ha applicato la responsabilità processuale al debitore che iscriva in eccesso rispetto al credito[1]. Nel silenzio della norma il parametro quantitativo dell’eccedenza della garanzia si rinviene nelle norme sulla riduzione dell’ipoteca e consiste nel valore dei beni eccedente di un terzo il credito vantato. La Corte invoca il principio costituzionale del giusto processo, che impedisce l’utilizzazione di uno strumento processuale – al quale viene ricondotta anche l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale – oltre lo scopo previsto dalla legge, configurandosi in caso contrario appunto un abuso del diritto. Il nuovo art. 473 bis.36 recepisce questa linea interpretativa.
Però la soluzione giurisprudenziale accolta ora dalla legge appare già superata. Infatti la responsabilità processuale aggravata presuppone che venga in seguito accertata l’inesistenza del credito garantito e provata la colpa, anche lieve, del creditore nell’iscrizione dell’ipoteca. La riforma non tiene conto invece del più recente orientamento di legittimità, che ammette la regola di proporzionalità dell’ipoteca giudiziale rispetto al credito garantito indipendentemente dal profilo della responsabilità processuale di cui all’art. 96 c.p.c. Infatti va ricordato che Cass., 13 dicembre 2021, n. 39441, afferma la piena configurabilità della responsabilità per fatto illecito (art. 2043 c.c.) in capo al creditore che iscrive un’ipoteca giudiziale eccessiva. Questa sentenza chiarisce i termini del raffronto: occorre «la necessaria correlazione tra credito, importo iscritto e valore dei beni, dovendo conseguentemente procedersi all’iscrizione di ipoteca sui beni immobili del debitore in ragione del rapporto del valore degli stessi con la cautela riconosciuta», venendo approvato il riferimento alla normativa sulla riduzione dell’ipoteca, che fa considerare eccessiva l’iscrizione che colpisce beni di valore che supera di un terzo il credito garantito[2]. Così la legge di riforma perde l’occasione di accogliere la soluzione più recente al problema dell’ipoteca giudiziale eccessiva.
La seconda osservazione riguarda l’assenza di disciplina relativa alle vicende successive del provvedimento in forza del quale è stata iscritta l’ipoteca giudiziale. Sarebbe stato opportuno chiarire quale sia la sorte dell’ipoteca quando l’ordinanza viene revocata dal giudice oppure quando viene riformata in sede di appello.
Nel primo caso (revoca da parte del giudice o del collegio) viene meno il titolo che ha fondato l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale: per la sua cancellazione, in alternativa a una sentenza passata in giudicato (art. 2884 c.c.), occorre l’assenso dell’originario creditore, che può essere arduo ottenere. Meglio sarebbe stato prevedere che il provvedimento di revoca deve contenere l’ordine di cancellazione dell’ipoteca giudiziale: allo stato attuale, senza espressa previsione legislativa, ciò non è possibile perché l’art. 2884 c.c. richiede (in alternativa alla sentenza) un “provvedimento definitivo”, e tale non è quello emesso in camera di consiglio in quanto sempre revocabile.
Nel secondo caso (riforma in sede di reclamo) non si presenta soltanto il problema ora illustrato in riferimento alla revoca, ma si aggiunge la circostanza che il provvedimento in sede di reclamo, che riforma l’ordinanza, è immediatamente esecutivo, ma ricorribile in cassazione ex art. 111 Cost. Cioè da un lato esso giustifica l’immediata cancellazione dell’ipoteca già iscritta – pur sempre con sentenza passata in giudicato o assenso dell’originario creditore – ma d’altro lato esso potrebbe venire poi annullato in sede di cassazione, senza però reviviscenza dell’iscrizione ormai cancellata.
Si ripropone così lo stesso ventaglio di problemi che gli interpreti affrontano in relazione alle possibili vicende modificative o demolitorie del decreto ingiuntivo che abbia costituito titolo per l’iscrizione di un’ipoteca giudiziale[3]. La riforma del processo civile poteva essere l’occasione per disciplinare la materia.
[1] Cass. 5 aprile 2016, n. 6533, in Nuova giur. comm., 2016, 1183 ss., con nota di Bellomia, Nuove prospettive in tema di ipoteca giudiziale eccessiva e responsabilità aggravate del creditore, in Giur. it., 2016, 2103 ss., con nota di Amendolagine, Quando il creditore può incorrere nell’abuso della garanzia patrimoniale del debitore, in Rass. dir. civ., 2017, 287 ss., con nota di Giova, La responsabilità del creditore per l’iscrizione d’ipoteca giudiziale sproporzionata; in tema cfr. poi Achille, Eccesso di iscrizione ipotecaria e “principio” di proporzionalità delle garanzie rispetto al credito, in Riv. dir. civ., 2018, II, 460 ss.,
[2] Cfr. Chianale, Il creditore risponde ex art. 2043 c.c. per l’iscrizione di ipoteca giudiziale eccessiva?, in DB Attualità, 28.2.2022.
[3] Cfr. Chianale, L’ipoteca, 4° ed., Assago, 2021, 308 ss.