Come è noto, con la decisione del 4 dicembre 2013, la Commissione Europea ha accertato l’esistenza, tra il 29 settembre 2005 ed il 30 maggio 2008, di un’intesa anticoncorrenziale tra alcune banche europee avente ad oggetto l’Euribor.
L’accertata intesa consiste, in estrema sintesi, in un consolidato meccanismo di reciproco scambio di informazioni tra gli intermediari, volto a “ridurre anticipatamente il fattore d’incertezza che sarebbe altrimenti stato presente sul mercato circa il comportamento futuro degli altri competitors” nel fissare i tassi di interesse sui vari prodotti, influendo così illegittimamente sulla successiva rilevazione dell’Euribor [1].
La richiamata decisione ha chiaramente generato, nell’ordinamento italiano, un certo nutrito filone di contenzioso bancario (un utile panorama di tale contenzioso si rinviene nell’approfondimento di Chiaves-Di Sano, Manipolazione del tasso Euribor: contenzioso nazionale e rilievi comparatistici, pubblicato su questa rivista lo scorso 11 luglio 2018; cfr. contenuti correlati).
La pronuncia in esame si inserisce in tale filone. Il Tribunale di Pescara ritiene che debba essere dichiarata la nullità del tasso di interesse indicizzato Euribor, per l’intero periodo 29 settembre 2005-30 maggio 2008, “per contrarietà a norme imperative o comunque per contrarietà all’ordine pubblico economico integrato anche dalle disposizioni contenute nei trattati comunitari” (p. 55 della sentenza), affermando altresì che trattasi di una nullità di protezione e rilevandola d’ufficio.
Secondo il giudice, è irrilevante la soggezione o meno della banca all’accertamento compiuto dalla Commissione e, dunque, la partecipazione della banca alla descritta intesa anticoncorrenziale. Ciò in quanto la stessa intesa “[ha] creato un’indiscutibile posizione di vantaggio anche in capo all’istituto mutuante”, che pure non era parte dell’intesa secondo l’accertamento compiuto dalla Commissione, e di correlata “penalizzazione” in capo al cliente (p. 105 sentenza).
Sulla base di questo principio di diritto, il Tribunale dichiara la nullità del tasso nel periodo descritto, lo ridetermina secondo il disposto dell’art. 117, commi 4 e 7 del TUB, e condanna l’istituto di credito alle conseguenti restituzioni degli interessi pagati in eccesso.
[1] Il passaggio riportato si trova nel par. 57 della decisione, che si può scaricare al link "https://ec.europa.eu/competition/elojade/isef/case_details.cfm?proc_code=1_39914", ove si rinvengono anche gli altri provvedimenti relativi alla medesima inchiesta condotta dalla Commissione.