Il presente contributo è frutto esclusivo delle opinioni personali dell’autore, che non impegnano in nessun modo l’Istituto di appartenenza (Consob).
Il requisito di forma scritta ad substantiam per il contratto quadro di investimento stabilito dall’art. 23 del Testo Unico della Finanza richiede necessariamente che siano formalizzate le dichiarazioni negoziali di proposta ed accettazione, in un unico contesto ovvero anche in tempi e contesti diversi.
La nullità del contratto incide dunque sulla validità dei successivi ordini di acquisto, stante anche l’esclusione di ogni forma di convalida del contratto nullo ex art. 1423 c.c..
Con la sentenza n. 7068, pubblicata l’11 aprile 2016, la prima sezione civile della Corte di Cassazione affronta il tema della nullità per vizio di forma di un contratto di acquisto di bond argentini.
Nel caso di specie, si contestava la circostanza che il contratto quadro fosse nullo per assenza della sottoscrizione da parte della banca.
La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso presentato, afferma che “dopo la stipulazione del contratto di negoziazione, gli ordini di acquisto e le operazioni di compravendita danno luogo ad atti sicuramente negoziali, ma non a veri e propri contratti, per di più autonomi rispetto all’originale contratto quadro i di cui essi costituiscono attuazione ed adempimento”.
Pertanto, la nullità del contratto quadro di investimento, per la violazione dell’art. 23 del Testo Unico della Finanza, incide sulla validità dei successivi ordini di acquisto, i quali non hanno una autonoma valenza negoziale.
Nel caso di specie, la produzione in giudizio del contratto di negoziazione da parte della banca, non rende validi retroattivamente gli ordini di acquisto e le operazioni di compravendita de quibus, fondate su un contratto quadro nullo (per assenza di sottoscrizione da parte dell’intermediario): ciò implica la conseguente necessità di restituzione della somma impiegata dal cliente e dei relativi titoli alla banca.