Una banca ricorre per cassazione avverso un decreto del Tribunale di Cagliari, il quale confermava un provvedimento per mezzo di cui il giudice delegato aveva, in sede di formazione dello stato passivo, rigettato la domanda di insinuazione della ricorrente. Tali decisioni conseguivano al rilievo della nullità dell’operazione di mutuo fondiario che titolava la pretesa, posto che il ricorrente non aveva dimostrato il rispetto del limite di finanziabilità di cui all’art. 38, comma 2° del T.U.B.
La Suprema Corte, in linea con l’orientamento in via di rapido consolidamento presso il giudice del diritto, conferma la declaratoria di nullità dell’operazione di mutuo fondiario, chiarendo così che il rispetto del limite di finanziabilità costituisce requisito di validità di tale fattispecie negoziale (come è noto, l’orientamento risale a Cass. 17352/2017; più di recente, v. Cass. 9079/2018, 13285/2018 e 13286/2018). Nel dare sostanza a tale regula iuris, la Corte precisa che il requisito in discorso discende dalla struttura di base del mutuo fondiario, quale negozio di credito in cui la prospettiva di rientro si misura sul bene portato in garanzia, e connota così l’oggetto della peculiare fattispecie del fondiario. Rileva inoltre che, nel disegno del legislatore speciale, detto limite risponde alla funzione di contemperare le agevolazioni sostanziali e processuali che il negozio in questione accorda al creditore bancario (principalmente, la sottrazione dalla revocatoria fallimentare ex art. 39 comma 4°, T.U.B., richiamato dall’art. 67 ult. comma, l. fall., e la possibilità di agire in executivis anche nel caso di fallimento del debitore ai sensi dell’art. 41 T.U.B.) con il principio di par condicio creditorum (necessariamente insidiato da tali agevolazioni), nonché con l’esigenza di protezione del cliente mutuatario dai rischi espoliativi conseguenti a un indebitamento eccessivo.
La Corte, rispondendo ai molteplici motivi di ricorso, ha poi occasione di statuire che: a) la nullità in discorso caduca l’intero negozio, considerato che il meccanismo di «non-propagazione» della nullità di una parte del contratto all’intero negozio (cd. nullità parziale), di cui all’art. 1419 comma 2°, cod. civ., è del tutto incompatibile con la sanzione connessa al superamento del limite di finanziabilità, la quale incide sull’oggetto del negozio e non su una sua parte (conf. sul punto Cass., 13286/2018); b) ai fini dell’apprezzamento circa il rispetto del limite di finanziabilità in questione, il giudice di merito deve tenere in considerazione il cd. valore cauzionale del bene ipotecato, vale a dire la concreta e attuale prospettiva di negoziabilità dell’immobile, svincolata da considerazioni di carattere speculativo, così che, se non è possibile far riferimento a un valore di liquidazione, tra le diverse stime possibili deve privilegiarsi quella di tipo prudenziale (conf., di nuovo, Cass., 13286/2018).
Il giudice del diritto ha poi modo di affermare che la rilevata nullità del mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità non determina necessariamente la sanzione della nullità-inefficacia, con i correlati effetti restitutori, considerato che tale operazione di finanziamento può essere oggetto di conversione ex art. 1424 c.c. in un negozio di mutuo ordinario, con conseguente produzione degli effetti tipici di tale (diverso) tipo. Ammonisce però la Corte che tale operazione ermeneutica non è, per così dire, “automatica”, posto che, di là dai casi di illiceità o non meritevolezza della fattispecie concreta, che impongono di tenere ferma la descritta sanzione, il giudice di merito deve, secondo il preciso disposto dell’art. 1424 cod. civ, escludere l’operare di tale meccanismo se il credito è stato erogato nella consapevolezza del fatto che il valore dell’immobile non raggiungesse la soglia richiesta dalla legge, ovvero pure se il conseguimento dei descritti vantaggi connessi al tipo fondiario abbia costituito la ragione determinante dell’operazione.